Don Tonino Bello «a fumetti». Il testimone della “Chiesa con il grembiule” raccontato con una graphic novel in occasione dei 40 anni dalla sua consacrazione episcopale. In diocesi presentato anche un albo che lo racconta ai bimbi

Il testimone della “Chiesa con il grembiule”. L’apostolo del dialogo come “convivialità delle differenze”. E poi il coraggioso servitore della pace, a cominciare da quella scomoda, che impone sacrifici e delusioni. E poi il vescovo amico, l’innamorato di Maria, il poeta. Quante vite è stato monsignor Antonio “Tonino” Bello di cui proprio oggi ricorre il 40° anniversario della consacrazione episcopale. Un evento straordinario nel cammino di fede, che il giorno dopo, durante la Messa celebrata ad Alessano suo paese natale, commentò con disincantata gratitudine.

«Grazie terra mia, piccola e povera – disse tra le altre cose –, che mi hai fatto nascere povero come te, ma che proprio per questo mi hai dato la ricchezza incomparabile di capire i poveri e di potermi oggi disporre a servirli». Frammenti di vita, spicchi di memoria che però riassumono il perimetro di un’intera esistenza, segnata dall’amore a Dio, alla Chiesa e all’uomo. Itinerario che oggi idealmente rivive in una nuova, originale, iniziativa editoriale. Proprio per i quarant’anni di “don Tonino” vescovo, infatti, le edizioni “La Meridiana” pubblicano la prima graphic novel dedicata al pastore di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi scomparso il 20 aprile 1993 a 58 anni e dichiarato venerabile il 25 novembre 2021. “Don Antonino Bello. Una storia che parla di futuro” (132 pagine, 15 euro) è il titolo del volume firmato dal 45enne pittore, vignettista, fumettista e scrittore Adriano Pisanello, con testi di don Salvatore Leopizzi, parroco, docente di storia e filosofia, soprattutto amico del compianto presule.

Scheda online su Amazon con 5% sconto

«È sembrata un’avventura quella vissuta con don Tonino – scrive nella prefazione al volume Giancarlo Piccinni, presidente della Fondazione don Tonino Bello –, un viaggio, una scoperta, un giorno sempre nuovo, un sogno come solo i fumetti possono consegnarti un attimo fuggente che però si è scolpito nell’animo di chi lo ha incontrato e che non ha avuto difficoltà, da subito, a mettersi sui suoi passi, a seguirlo, a dire con il cuore: O capitano, mio capitano!».
La scelta «di editare la graphic novel risponde anche alla volontà che sentiamo forte come casa editrice – spiega Elvira Zaccagnino direttrice de “La Meridiana– di far conoscere ai più giovani la figura di un vescovo che per noi è stato maestro e compagno di strada, al punto da pensare 35 anni fa di dar vita a questa esperienza editoriale che si alimenta ancora della sua profezia e del suo sguardo audace».

Naturalmente anche la diocesi di cui monsignor Bello fu pastore ricorda l’anniversario della sua ordinazione episcopale. Un primo appuntamento si è svolto lo scorso 25 ottobre con la partecipazione del vescovo Domenico Cornacchia, mentre una seconda giornata è in programma il 3 novembre alle 19 nell’aula magna del Seminario vescovile di Molfetta dove verrà presentato l’albo illustrato “Abbracciami. Don Tonino si presenta ai più piccoli”, curato da Emanuela Maldarella e illustrato da Nicoletta De Candia. Il volume (58 pagine, 17 euro — su Amazon con 5% sconto), rivolto ai lettori più giovani, è edito da “Luce e Vita”. Giovedì prossimo, con le autrici interverranno: don Luigi Caravella, direttore dell’Ufficio diocesano di pastorale scolastica e Lazzaro Gigante, docente di pedagogia, La serata sarà moderata da Luigi Sparapano, direttore del settimanale “Luce e Vita”.

Avvenire

Don Tonino Bello « La guerra è una recidiva preoccupante. Ciò che mi affligge di più in questa ripresa del conflitto»

Uno scritto inedito, senza data, sulla guerra e le reazioni dell’Occidente nell’ultimo libro di Giancarlo Piccini “Anticorpi di pace” (San Paolo): « La guerra è una recidiva preoccupante. Ciò che mi affligge di più in questa ripresa del conflitto», scrive il vescovo salentino, «sono due cose. Il terrore di dover ripetere, in un mondo di sordi, le stesse argomentazioni contro la guerra; di dover risentire le filastrocche sul pacifismo a senso unico»

«La guerra è una recidiva preoccupante. Si pensava che, dopo il primo conflitto nel Golfo, fossero maturati nell’organismo mondiale degli anticorpi cosi forti contro il “mal di guerra”, che per parecchi anni non avremmo sentito parlare di violenza armata, almeno nei luoghi così martoriati del Medioriente. Invece, eccoci in una più tragica ricaduta: tanto più tragica quanto più solerte sembra l’intervento delle potenze internazionali, in contrasto con la deplorevole indifferenza con cui le stesse si pongono di fronte ad altre situazioni che meriterebbero ben altra considerazione: il problema dei profughi palestinesi, la disperazione della Bosnia, le sconosciute situazioni di conflitto e di fame presenti in Africa… Ciò che mi affligge di più, comunque, in questa ripresa del conflitto sono due cose. Il terrore di dover ripetere, in un mondo di sordi, le stesse argomentazioni contro la guerra; di dover risentire le filastrocche sul pacifismo a senso unico; di dover rispondere che il pacifismo si desta solo quando c’è puzza di America… E poi il dover constatare che gli interessi economici prevalgono sui più elementari diritti umani. Si aprono i flash sulla Somalia, sull’Iraq. Ma si chiudono luci e cuore, quando ci sono di mezzo i poveri».

È un appunto autografo, curiosamente senza luogo né data, considerata l’attenzione dell’autore per i dettagli. A scriverlo è don Tonino Bello, ora venerabile, e a riproporlo all’attenzione dei lettori è Giancarlo Piccini, presidente della Fondazione intitolata al vescovo salentino, nel libro Anticorpi di pace – Pagine inedite e ritrovate (San Paolo, pp. 176, euro 15). Una riflessione provocatoria, com’è nello stile di don Tonino, e quanto mai attuale nell’Europa divenuta di nuovo palcoscenico di una guerra fratricida che l’agenda del media system, dopo la commozione iniziale, sembra quasi aver archiviato, relegandola in fondo a quotidiani e Tg.

Piccinni, nel commentare questo scritto «che ho ricevuto da don Tonino nel 1993 ma che rappresenta a tutti gli effetti un inedito», si lascia andare a un moto di scoramento, come se la profezia di pace di don Tonino fosse – a dispetto dell’affetto che suscita tra credenti e no – qualcosa del passato o, peggio, di ripetitivo e noioso da archiviare in fretta. «Penso a quante volte, andando in giro per piazze, chiese, teatri», commenta Piccinni, «abbiamo proposto la lezione di pace di Tonino Bello e mi tornano in mente i commenti dei soliti benpensanti: “Sempre le stesse cose, sempre a parlare di pace. Siete monotoni, ripetitivi. Annoiano questi argomenti: ormai la guerra non può più tornare”. E allora, mi chiedevo, perché continuiamo ad armarci? Perché tanti investimenti sulle armi, sull’impero della morte? Perché non investire in salute, in istruzione? Perché non combattere la fame, le malattie, le disuguaglianze? In una parola perché armarci e non amarci?».

Il volume, che vede la prefazione del cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione per le Cause dei santi, è diviso in due parti: la prima riporta alcuni scritti inediti di don Tonino (lettere, omelie, appunti) e la seconda una raccolta d’interventi di Piccini collocati in momenti diversi: la visita nel 2018 di papa Francesco ad Alessano e Molfetta, la pandemia, il ricordo del fratello di don Tonino, Marcello. Piccinni riporta anche il discorso che don Tonino, da presidente nazionale di Pax Christi, pronunciò nel 1989, davanti a un’Arena di Verona traboccante di gente, in occasione di un incontro promosso dai “Beati costruttori di pace”. Molto interessante è l’intervista che rilasciò a margine di quell’evento e che è riportata nel volume. A chi gli chiede se l’attività di Pax Christi proseguirà senza incontrare ostacoli, don Tonino risponde: «È difficile come per ogni è lavoro creativo che richieda impegno e, soprattutto, sforzo per coscientizzare la gente. È difficile, si trovano tante difficoltà. A volte anche all’interno dell’ambiente ecclesiale c’è qualche diffidenza. Ma è giusto che sia così, è fisiologico sarei per dire. Però vediamo anche un’economia sommersa straordinaria: di grazia, di entusiasmo, di voglia di proseguire per questa strada. Noi abbiamo tantissima fiducia, anche perché poi stiamo facendo gli interessi della “ditta”, cioè del Signore, che è il Re della pace».

Concludiamo con una nota a margine. Il 10 agosto di quest’anno ricorrono i 40 anni della nomina episcopale di don Tonino Bello a vescovo della diocesi di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi. Negli archivi della Fondazione è conservata, una lettera, anch’essa inedita, che don Tonino inviò nel luglio del 1982 a Giovanni Paolo II per accettare, sia pure a malincuore, la nomina: «La mia accettazione», scrive, «oltre che carica di incertezze, è anche permeata di molta tristezza: mi fa così soffrire il pensiero di dover lasciare questo popolo che ho amato e servito per tre anni, che riterrei una grazia straordinaria del Signore poter continuare a lavorare nella mia parrocchia (quella della chiesa Matrice di Tricase, in provincia di Lecce, ndr) ancora per qualche tempo. Se non insisto per essere liberato da questo onore e da queste responsabilità che mi spaventano è perché temo di intralciare i disegni di Dio».

In queste poche righe è condensato tutto lo stile di don Tonino e soprattutto, scrive Piccinni, «il suo intendere il ministero nella Chiesa sempre a servizio del popolo». 

Tonino Bello. La convivialità dei volti via verso la casa comune


Caro direttore,

si ripete spesso che papa Francesco e il venerabile don Tonino Bello, formano un «binomio affascinante». L’ultima attestazione è data da una recente riflessione del pontefice – anticipata proprio su ‘Avvenire’ – nella quale egli scrive che don Tonino, è stato un «instancabile profeta di pace, il quale amava ripetere: i conflitti e tutte le guerre ‘trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti’». Il tema del volto, infatti, è uno dei capisaldi del pensiero di don Tonino. Esso trova il suo fondamento nella Sacra Scrittura e in una riflessione filosofica che annovera grandi correnti di pensiero del ’900, dalla fenomenologia di Edmund Husserl, con la distinzione tra fenomeno ed essenza, all’importanza della relazione interpersonale e della responsabilità etica a cui si riferiscono Emmanuel Lévinas e Romano Guardini.

Sul versante biblico, vale la pena di richiamare uno studio di Massimo Grilli, nel quale la tematica del volto è presentata quale categoria fondamentale per accogliere la rivelazione divina ed esprimere l’intersoggettività dialogica che si apre alla trascendenza. In un passaggio, egli afferma: «Solo la ricerca del Volto dà senso a ciò che facciamo e agli abissi di tenebra e di vuoto, di inconsistenza e di abbandono, che ogni vita comporta». D’altra parte, la stessa etimologia del termine ‘volto’ indica l’essenza profonda della persona umana e lo specchio dell’anima e della volontà. Se l’ebraico panim, che è sempre un plurale, esprime un significato relazionale, la preposizione pros della parola greca prosopon indica l’orientamento dello sguardo verso l’altro. Anche i due termini latini, facies e vultus, richiamano la profondità della persona con i sentimenti, le speranze e le attese. «Grazie al volto dell’altro, che riconosco distinto dal mio, – scrive Grilli – divento cosciente della differenza e ritrovo la capacità di essere autenticamente me stesso e di sviluppare un progetto per la mia esistenza». Il volto dell’altro, accolto e conosciuto, rivela dunque il volto di Dio.

Sul versante filosofico, il volume curato da Daniele Vinci ‘Il volto nel pensiero contemporaneo’, fornisce un’ottima mappa topografica dei luoghi più importanti in cui si svolge la sfida del volto nel panorama contemporaneo. Il libro parte da un excursus storico-filosofico sull’etimologia del termine ‘volto’, richiama alcuni saggi di carattere teoretico e approfondisce il pensiero di autori vari che hanno trattato la tematica, fino a affrontare differenti punti prospettici.

A questa visione biblica e filosofica, fa riferimento Lévinas, cultore di Heidegger ed Husserl e studioso appassionato del Talmud e della letteratura russa. Soprattutto nel suo saggio ‘Totalità e Infinito’, attraverso il tema del volto egli spiega la relazione con l’Altro e la sua rivelazione. In questa linea, a suo giudizio, l’Occidente dovrebbe procedere a un profondo cambiamento di paradigma per accogliere un ethos che sappia coraggiosamente «vivere altrimenti dall’essere», assumendo il primario compito dell’accoglienza e della responsabilità di fronte all’altro. L’etica del volto è la vera formula per realizzare nel terzo millennio il sogno della fraternità e la speranza della pace. Sollecitato e condividendo la proposta filosofica di Lévinas, Italo Mancini afferma che «nell’età futura (il terzo millennio!) il termine comprensivo di tutto dovrà diventare l’altro e il suo volto, biblicamente il prossimo, e gli si stenderà intorno una cultura di pace, e comincerà ad albeggiare, finalmente, il Vangelo». L’insegnamento di don Tonino Bello ha alla base questa proposta culturale. Egli non solo ha studiato i testi di questi maestri, ma ha instaurato una relazione personale in modo particolare con don Italo Mancini, grande estimatore del Capo di Leuca, territorio da lui amato e frequentato anche per trovare ispirazione nella stesura dei suoi scritti. L’afflato umano, culturale e spirituale con questi autori ha dato solidità all’impegno e alla testimonianza di don Tonino, giustamente additato da papa Francesco come «instancabile profeta di pace». In questo tempo di guerra, il suo insegnamento fa risplendere l’idea che la coesistenza, la riconciliazione e la convivialità dei volti, risolte nello svuotamento di sé e nell’amore del prossimo, è la via per ritrovare la casa comune: la patria della pace.

di Vito Angiuli Vescovo di Ugento Santa Maria di Leuca

In questo 20 aprile 2022 si celebra il 29esimo anniversario del transito del venerabile vescovo Tonino Bello