Il fratello di don Puglisi: “Pino, un prete vero fra i preti per mestiere. La Chiesa svolti e stia con gli ultimi”

Franco Puglisi

Franco Puglisi racconta il sacerdote e l’uomo: “Ironia e buonumore”. E critica le istituzioni: “Solo annunci, Brancaccio un mondo isolato”

repubblica.it

«Ogni giorno è il ripetersi di un dolore, un dito che si muove nella piaga. Ogni giorno è un pensiero intenso». Franco Puglisi parla al presente di suo fratello Giuseppe, don Pino, il parroco ucciso dalla mafia. Anche se sono trascorsi trent’anni da quel 15 settembre 1993. «Un dolore grande che si rinnova non solo perché ho perso un fratello, ma perché alcuni dei suoi sogni per Brancaccio non sono stati realizzati.

Indulgenza plenaria per chi, nel 2023, visiterà i luoghi frequentati da don Pino Puglisi, il prete martire ucciso dalla mafia in quanto lavorava per sottrarre le persone alla cultura della criminalità per portarle a Cristo

Si potrà lucrare associando il pellegrinaggio, nelle realtà dove il sacerdote viveva e operava, la confessione, la Comunione eucaristica e la preghiera secondo le intenzioni del Papa
Don Pino Puglisi

Don Pino Puglisi – Studio Camera

avvenire.it

La concede papa Francesco, con un decreto della Penitenzieria apostolica, nel trentennale del martirio del sacerdote, su richiesta dell’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice.

I luoghi da visitare per i fedeli sono la cattedrale di Plaermo, dove riposano le spoglie del beato; la parrocchia di San Gaetano; il Centro di accoglienza Padre Nostro. E ancora: il Centro diocesano vocazioni, di cui è stato direttore; la parrocchia Maria Santissima Immacolata Concezione di Godrano, dove è stato parroco; la casa, oggi “Casa Museo Puglisi”, in cui ha vissuto e dinanzi alla quale è stato ucciso il 15 settembre 1993.

Come ottenere l’indulgenza plenaria​

L’indulgenza plenaria si potrà lucrare associando alla visita nei luoghi di don Puglisi, la confessione, la Comunione eucaristica e la preghiera secondo le intenzioni del Papa. Gli anziani, gli infermi, e quanti, per grave motivo, sono impossibilitati a uscire di casa, potranno ugualmente ottenere la piena indulgenza coltivando il proposito di compiere, quanto prima, le tre condizioni abituali e se si uniranno spiritualmente alle celebrazioni in memoria del beato Puglisi previste durante l’anno, offrendo a Dio le sofferenze legate alla loro condizione.

L’anno pastorale in memoria del beato Puglisi​

Il nuovo anno pastorale dell’arcidiocesi di Palermo nella memoria del martirio di don Pino Puglisi, è stato aperto con una celebrazione eucaristica officiata da Lorefice il 15 settembre scorso. Nell’occasione l’arcivescovo ha consegnato alla Chiesa di Palermo la lettera “Fino al compimento dell’Amore”.

“Trent’anni dopo, il martire Giuseppe Puglisi continua ad accompagnare la sua e nostra Chiesa. Egli è ciò che la Chiesa deve essere, la conferma nel dono dello Spirito” si legge nella lettera dell’arcivescovo, che ricorda la visita di papa Francesco a Palermo, più di quattro anni fa, in occasione del 25° anniversario della morte del sacerdote antimafia, beatificato dallo stesso Francesco il 25 maggio 2013.

“Il male prova a blandirci, a insinuarci il dubbio che sarà questo a renderci felici: la mafia è stata ed è per la nostra Palermo, la più grande illusione di felicità”, scrive il presule Lorefice, che definisce don Puglisi e con lui tutti i martiri della mafia nell’arcidiocesi “un dono”.

Accanto a famiglie e ultimi, il Natale solidale del Centro Padre Nostro a Palermo

Pranzi comunitari, spettacoli per anziani, feste per bambini, momenti conviviali per quanti sono dimenticati da tutti: sono le iniziative pensate per le festività natalizie dalla onlus che nel capoluogo siciliano prosegue l’opera iniziata da don Puglisi. Il 23 dicembre inaugurazione di una Casa Accoglienza per famiglie disagiate e senzatetto grazie alla collaborazione di più enti. Maurizio Artale: padre Pino ci ha insegnato che se ognuno fa qualcosa, si potrà fare tanto
Vatican News

Il presepe a grandezza naturale allestito a Palermo dal Centro Padre Nostro di don Pino Puglisi

Il presepe a grandezza naturale allestito a Palermo dal Centro Padre Nostro di don Pino Puglisi

Natale, il giorno che celebra la nascita di Gesù, occasione per riscoprire i valori della famiglia di Nazaret e ritrovarsi con i propri cari e, come vuole la tradizione, riunirsi a tavola con la mensa allestita a festa. Ma c’è chi il pranzo di Natale, con piatti tipici o specialità gastronomiche non può permetterselo. E così, a Palermo, ad offrirlo ad oltre duecento persone è il Centro Padre Nostro fondato da don Pino Puglisi, che da anni non dimentica quanti non hanno le possibilità economiche per preparare tavole imbandite di pietanze natalizie e raduna a pranzo le famiglie che assiste durante tutto l’anno. Sono famiglie che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese, dove non c’è uno stipendio che garantisca la possibilità di fare la spesa ogni settimana. “Ma quest’anno anche famiglie con un reddito fisso partecipano ai nostri pranzi – spiega a Vatican News Maurizio Artale, presidente della onlus Centro di Accoglienza Padre Nostro – e non hanno vergogna a farlo. Perché i rincari hanno creato nuovi disagi e povertà e sempre più nuclei familiari necessitano di aiuti”.
I pranzi per le famiglie
Il 23 dicembre, al pranzo di Natale, le famiglie seguite dal Centro Padre Nostro si raduneranno all’Educandato Statale Maria Adelaide, dove a servire i piatti del menù saranno i volontari del Centro e gli studenti della scuola che ospita l’evento. Il 5 gennaio è in programma, invece, un pranzo sociale che vedrà insieme anziani e famiglie. A tavola, ospitati dall’Hotel San Paolo, siederanno 120 persone, per le quali si sono impegnati anche l’Ancri, Associazione Nazionale insigniti dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana di Palermo, e l’Anfi, Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia Sezione di Bagheria.
I servizi navetta grazie all’Arma dei Carabinieri
E per quanti non possiedono un’automobile, per raggiungere il luogo del raduno, ci sono dei pullman a disposizione. Un modo per andare ancora di più incontro a chi vive in difficoltà, sottolinea Artale. “Andiamo a prenderli a casa noi, così possono partecipare al nostro pranzo di Natale. Negli anni precedenti alcuni, nonostante avessero ricevuto e gradito il nostro invito, non sono potuti venire perché sprovvisti di mezzi. Da qualche anno l’Arma dei Carabinieri mette a nostra disposizione propri pullman e possiamo usufruire di mezzi di trasporto per i nostri assistiti”. Prima nessuno voleva salire su questi pullman dei carabinieri, che per molti sono e restano gli sbirri che arrestano mariti, figli, congiunti. “Oggi, invece – spiega ancora Artale -, in tanti hanno compreso che le forze dell’ordine fanno il loro lavoro, il loro dovere, e che se i loro congiunti non avessero debiti con la giustizia non verrebbero arrestati. Dunque, hanno acquisito questa maturità e hanno cambiato il loro atteggiamento”.
Il pranzo con 220 detenuti
In programma, il 3 gennaio, c’è anche un pranzo natalizio per 220 detenuti del Carcere Pagliarelli. È una iniziativa riservata i reclusi più isolati: coloro che hanno commesso abusi sessuali su minori e donne, che non partecipano alle attività comuni della casa circondariale perché rifiutati dagli altri carcerati. Sono italiani ed extracomunitari, specifica Artale, persone molto sole, che appartengono alle fasce più povere della società, talvolta allontanate anche dai familiari. Il Centro Padre Nostro ha pensato a loro e, ottenuti i permessi dalla direzione del carcere, ha organizzato un momento conviviale.

Le feste natalizie
Ma il Centro che padre Puglisi ha voluto nel quartiere Brancaccio, oggi promotore di diverse iniziative ed attività per bambini, ragazzi e adulti in varie strutture del capoluogo siciliano, in occasione delle festività natalizie, organizza e anima eventi per tutte le fasce di età dei suoi assistiti. Lunedì è toccato ai minori del recupero scolastico, ieri è stata la volta dello Spettacolo di Natale del Centro Aggregativo Anziani, con gli anziani stessi protagonisti, oggi, invece, spazio per i bambini più piccoli. “Ci sarà anche una festa per le mamme con i loro figli – aggiunge Artale – sono le donne assistite dal nostro Centro antiviolenza. Abbiamo deciso di organizzare un momento di festa da trascorrere insieme, proprio nella sede del Centro, per offrire loro un clima di normalità e di tranquillità dove le accogliamo ogni giorno per strapparle a violenze e maltrattamenti”. Il presidente della onlus Centro Padre Nostro evidenzia che quelle natalizie sono iniziative assai attese, accolte con gioia, ma quest’anno nella consapevolezza che c’è chi sta vivendo il dramma della guerra, ha perso la propria casa, necessita di beni primari e non potrà celebrare un Natale sereno. “A fronte di tutto questo, con le nostre famiglie, abbiamo riflettuto sul fatto che a noi, invece, non manca l’essenziale, e ci ritroveremo comunque a tavola a festeggiare il Natale insieme”.
Una nuova struttura per l’accoglienza
Come dono di Natale, invece, il Centro Padre Nostro il 23 dicembre inaugura, in collaborazione con la Fondazione cardinale Ernesto Ruffini e con l’arcidiocesi di Palermo, la Casa Madonna dell’Accoglienza, che ospiterà persone e famiglie che non hanno più una casa, che sono state sfrattate o che non hanno una fissa dimora. “È un miracolo che siamo riusciti a fare seguendo e attuando l’insegnamento di padre Pino Puglisi: se ognuno fa qualcosa, si potrà fare tanto” ripete Maurizio Artale. La struttura è stata messa a disposizione dalla Fondazione Ruffini, il Centro Padre Nostro ha poi elaborato un progetto e a finanziarlo è stata la Regione Sicilia. “Come diceva padre Puglisi quando portava i giovani a vedere il Cristo Pantocratore del duomo di Monreale – continua il presidente della onlus Centro Padre Nostro – questo volto è composto da tante piccole tessere, ognuno di noi è una piccola tessera, da soli non siamo niente, ma insieme riusciamo a realizzare questo magnifico volto. Quanto diceva padre Puglisi fa toccare con mano cosa significa vivere insieme e vivere in relazione l’uno con l’altro”.
Il presepe a grandezza naturale
Tra le iniziative dei volontari che si impegnano a Brancaccio c’è anche, da alcuni anni, l’allestimento di un presepe a grandezza naturale, nei pressi del Centro antiviolenza. Visitarlo è un appuntamento ormai imperdibile per gli abitanti del quartiere. Sono in tanti ad apprezzare la singolare natività, a sostarvi in preghiera e a fermarsi a contemplarla durante la giornata. Qualcuno temeva potesse essere danneggiata o che il Bambinello venisse rubato e Artale si era detto pure pronto a pagare un riscatto se fosse stato necessario, invece quella sacralità rappresentata incanta e piace lì dove è stata pensata, dove tante donne trovano conforto, assistenza, sostegno e aiuto.
Storie di riscatto sociale
Ma il Natale del Centro Padre Nostro non è fatto solo di feste ed eventi. Ha anche storie belle da raccontare, come quella di una mamma accolta dal Centro antiviolenza con i suoi bambini, che al termine del percorso di assistenza di un anno che le è stato offerto, non avendo una casa e un lavoro, ha avuto l’opportunità di trovare occupazione come cuoca nella Casa famiglia gestita dal Centro e oggi è una donna felice. E c’è poi la storia di quel detenuto che al Centro Padre Nostro ha finito di scontare la sua pena prestando servizio sociale e ora si guadagna da vivere coltivando un terreno affidatogli dal Centro e vendendo gli ortaggi che ne ricava e le uova delle 99 galline che vi alleva. “Sono segni che dimostrano come la solidarietà può aiutare chi si trova in difficoltà o ha bisogno di aiuto” prosegue Maurizio Artale, riflettendo sul fatto che spesso le istituzioni si fermano in farraginosi iter burocratici che bloccano i fondi destinati a progetti solidali, mentre è urgente sostenere famiglie, offrire servizi ai più bisognosi, assistere anziani e persone sole.
Il messaggio di Natale del Centro Padre Nostro
Non basta avere un pensiero per i poveri, i bisognosi, i senzatetto, solo nel giorno di Natale, l’attenzione per l’altro è un atteggiamento da mantenere durante tutto l’anno, conclude Artale, che termina la sua conversazione con noi offrendo il messaggio di Natale del Centro Padre Nostro: “Occorre andare incontro all’altro, saperlo ascoltare, non avere pregiudizi: questo bisogna fare, dobbiamo però prima cambiare noi, essere capaci di quella conversione verso la quale padre Puglisi ha indirizzato i suoi stessi assassini”.
vatican news

Il colloquio. «Mio fratello Pino Puglisi, non eroe ma prete di strada»

La tomba di padre Pino Puglisi nella Cattedrale di Palermo

La tomba di padre Pino Puglisi nella Cattedrale di Palermo

Quando Francesco Puglisi apre la porta di casa, alle sue spalle compare un ritratto del fratello. È quello di don Pino, il prete martire ucciso dalla mafia venticinque anni fa. Sorride il “sacerdote scomodo” nel dipinto che gli hanno regalato. Come faceva sempre. Questo condominio bianco alla periferia di Palermo non è lontano da Brancaccio, la roccaforte di Cosa Nostra dove la famiglia Puglisi abitava. Proprio di fronte alla casa dei genitori don Pino è stato assassinato nel giorno del suo 56° compleanno, il 15 settembre 1993. «È una piaga sempre viva», sussurra Francesco che tutti chiamano Franco. Ha 73 anni. Il fratello sacerdote ne aveva otto più di lui. «Lo hanno ammazzato – prosegue Francesco – perché, prima che arrivasse lui nella chiesa di San Gaetano, i riferimenti di Brancaccio erano i boss. Poi il perno è diventato il parroco. Ma non chiamatelo “prete antimafia”. No, lui non è mai stato “anti”: è sempre stato “pro”. A cominciare dai bambini. Aveva iniziato da loro nel quartiere. Insegnava ai ragazzini a dire “per favore”, “grazie”, “prego”. Parole sconosciute e assurde in un ambiente segnato dalla malavita. Parole di civiltà che hanno fatto paura alla mafia».

La famiglia Puglisi: da destra il nipote Carmelo, il fratello Francesco e la cognata Angelina

La famiglia Puglisi: da destra il nipote Carmelo, il fratello Francesco e la cognata Angelina

Non è un appartamento-santuario quello di Francesco, oggi pensionato con un passato da bancario. Sono poche le foto di don Pino, per lo più in bianco e nero. Una è nel grande mobile del soggiorno dove tutto è pronto per il pranzo della festa. «Ogni domenica lo zio Pino mangiava qui», racconta Carmelo, figlio di Francesco e nipote del prete dell’“insurrezione evangelica”. Al suo fianco ha la moglie e il bimbo di pochi mesi. «Spesso arrivava in ritardo – continua –. Celebrava l’ultima Messa del mattino a mezzogiorno e poi si fermava fra la gente che chiedeva di lui. “Non sono un ufficio comunale. Quando le persone ti cercano, devi essere disponibile”, ripeteva. Poi si sedeva fra noi. Scherzava. Magari ascoltava le radiocronache delle partire o vedeva in tv il Gran Premio. Sosteneva che in famiglia si ricaricava». Il volto di Carmelo si fa scuro. «Ci manca lo zio. Ci manca molto». E Francesco aggiunge: «Avremmo preferito che fosse ancora fra noi…». Oggi è beato. «Però la sua assenza ci provoca un immenso dolore». E, quasi per smorzare la tensione, cambia tono. «Certo, non ci siamo mai accorti di avere un santo in casa», dice accennando un sorriso.

Padre Pino Puglisi fra i ragazzi in una foto d'epoca

Padre Pino Puglisi fra i ragazzi in una foto d’epoca

Papa Francesco gli renderà omaggio il prossimo 15 settembre durante la sua visita a Palermo nel giorno del 25° anniversario della morte. Lo hanno invitato proprio i fratelli Puglisi, Francesco e Gaetano, con una lettera dello scorso novembre. «Gli raccontavamo il nostro sogno di accoglierlo in quella che è stata la nostra abitazione a Brancaccio e che oggi è la casa-museo di don Pino dove giungono pellegrini da tante parti del mondo», rivela Francesco. Così accadrà. I fratelli daranno il benvenuto al Papa all’ingresso del condominio al civico 5 di piazza Anita Garibaldi dove padre Puglisi è stato colpito dai sicari dei fratelli Graviano. «Siamo quasi imbarazzati – ammette Francesco –. È un grande onore poterlo incontrare come famiglia Puglisi nel luogo del martirio di nostro fratello». E la mente torna a quando Pino decise di entrare in Seminario. «Era già alle superiori, faceva le magistrali. Siamo cresciuti in una famiglia di profonda fede. Mia mamma pregava perché un figlio diventasse sacerdote. Quando Pino aveva quattordici anni, venne in visita nella parrocchia l’allora arcivescovo di Palermo. Pino era catechista. L’arcivescovo gli chiese: “Perché non ti fai prete?”. E lui gli rispose: “Non sento la vocazione”». Due anni dopo la chiamata del Signore sarebbe stata definitivamente evidente.

La casa di padre Puglisi di fronte alla quale è stato ucciso, nel punto dove si trova il medaglione

La casa di padre Puglisi di fronte alla quale è stato ucciso, nel punto dove si trova il medaglione

Se c’è una priorità che padre Puglisi ha avuto chiara fin dall’inizio del suo ministero, era quella dei giovani. «Aveva la passione per l’insegnamento. E amava i ragazzi. Poi sui ragazzi ha sempre fatto breccia. A Brancaccio tutto ciò ha dato fastidio», afferma il fratello. «Lo accusavano anche di essere amico degli atei. Ma lui replicava: “Guardiamo a ciò che ci unisce”. Era un uomo del dialogo, della riconciliazione, della pazienza». Francesco lo definisce un «prete di strada», non sicuramente un «eroe». E sottolinea: «Anche per questo ha fondato il Centro di Accoglienza Padre Nostro a Brancaccio. Non era un presidio con una connotazione ecclesiale ma una porta aperta a chiunque, soprattutto ai lontani e a chi era nel bisogno». Oggi Francesco Puglisi fa parte del consiglio direttivo. «Per acquistare la sede, pagata 290 milioni di lire, Pino fece un mutuo che garantì con il suo stipendio di insegnante. Non riuscì mai a estinguerlo. Venne ucciso prima…». Una pausa. «Comunque per raccogliere un po’ di fondi ideò una lotteria. Il primo premio era una cucina. Andò dalla Guardia di Finanza e si fece vidimare tutti i biglietti: così un terzo del ricavato andò in tasse. “Perché lo hai fatto?”, gli domandammo. “Devo dare l’esempio. Anche così mostriamo che cos’è la legalità”, rispose secco».

La chiesa di San Gaetano a Brancaccio che padre Puglisi guidò per quasi tre anni prima di essere ucciso

La chiesa di San Gaetano a Brancaccio che padre Puglisi guidò per quasi tre anni prima di essere ucciso

Oggi il Centro ha contribuito a realizzare i segni di “3P” fra le macerie sociali di un agglomerato che è stato in mano alle cosche: i campi sportivi, gli sportelli di aiuto, le case di accoglienza.

«Quando vedo i bambini giocare in quelle strutture, mi commuovo perché penso che senza la lungimiranza di don Pino sarebbero rimasti per strada», mormora Angelina, moglie di Francesco.

E lui precisa: «Mio fratello voleva rivoluzionare Brancaccio con il Vangelo in mano. E oggi il Centro prosegue sulla stessa strada anche attraverso il progetto dell’asilo nido» che sorgerà per ricordare il beato a un quarto di secolo dal delitto.

Il parco giochi “Padre Puglisi - Padre Kolbe” voluto dal Centro Padre Nostro a Brancaccio

Il parco giochi “Padre Puglisi – Padre Kolbe” voluto dal Centro Padre Nostro a Brancaccio

Nei mesi che precedettero l’uccisione le minacce della mafia si erano intensificate. «Ma in famiglia lui non ne parlava», spiega Francesco. Adesso uno dei killer, il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, ha chiesto perdono e ha detto di essersi convertito. «Se è sincero, sarà il Signore a giudicarlo con misericordia. E, sempre se è sincero, come fratelli Puglisi potremmo anche essere disposti a perdonarlo». Lo sguardo di Francesco si posa su un’immagine del fratello con la talare, ancora giovane sacerdote. «Ormai la vita della nostra famiglia – conclude con un filo di voce – non è più soltanto nostra. Siamo chiamati a testimoniare la profezia di Pino, prete semplice e umile che ha donato la vita per il riscatto della sua gente anche a costo di finire nel mirino della mafia».

Come contribuire al nuovo asilo di 3P

Un gesto concreto di solidarietà per celebrare il 25° anniversario del martirio del beato Pino Puglisi, il prete siciliano ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993 di fronte alla sua casa di Palermo. Il Centro di Accoglienza Padre Nostro, voluto dallo stesso padre Puglisi nel capoluogo siciliano, e la Fondazione Giovanni Paolo II, insieme con l’arcidiocesi di Palermo, il Comune di Palermo e Avvenire intendono realizzare l’ultimo sogno del sacerdote “profeta” per il suo quartiere Brancaccio a Palermo: la costruzione del nuovo asilo nido. Posiamo insieme la prima pietra.

È possibile contribuire al “sogno” di padre Pino Puglisi attraverso:
– bonifico bancario intestato a Fondazione Giovanni Paolo II utilizzando il seguente IBAN IT84U0503403259000000160407 (va inserito anche l’indirizzo di chi versa nel campo causale);
– bollettino sul conto corrente postale n. 95695854 intestato a Fondazione Giovanni Paolo II, via Roma, 3 – 52015 Pratovecchio Stia (AR). Causale: “Asilo Don Puglisi”;
– carta di credito o PayPal sul sito www.ipiccolidi3p.it.
Partecipa al progetto con la tua parrocchia o associazione, con i tuoi familiari o amici. Facendo una donazione si avrà diritto alle agevolazioni fiscali previste dalla legge. I dati saranno trattati ai sensi dell’art.13, regolamento europeo 679/2016 (c.d. “GDPR”).

in Avvenire

L’ultimo sogno di padre Pino Puglisi: l’asilo nido della speranza

Lo “spazio gioco” nei sottoscala dove la mafia aveva tenuto il tritolo delle stragi (Foto Gambassi)

Lo “spazio gioco” nei sottoscala dove la mafia aveva tenuto il tritolo delle stragi (Foto Gambassi)

Il cancello arrugginito è socchiuso. Basta spingerlo per entrare in questa sorta di fortino circondato da muri in cemento e barriere antirumore. Fra sterpaglie e terra brulla, ciò che si nota è un ammasso di cassetti di mobili gettati alla rinfusa, scatoloni bruciati, calcinacci bianchi che il sole a picco fa risplendere come fossero specchi. Sullo sfondo una giungla di casermoni. E accanto una serie di case con un paio di piani al massimo, alcune diroccate, dove i filoni di pane vengono portati nelle cucine calando il cesto di vimini con una corda dalla terrazza più alta. A due passi si legge su un cartello pendente: “Via Brancaccio”. Perché qui siamo nel cuore del quartiere dimenticato di Palermo, quello che per anni è stato la roccaforte di Cosa Nostra e che ancora oggi porta i segni di sangue, degrado ed emarginazione inscritti nella sua storia. Allora fa un certo effetto pensare che al posto della discarica a cielo aperto spuntata in un appezzamento comunale possa nascere un asilo nido. Per di più tutto in legno, con i pannelli solari sul tetto e un impianto di recupero dell’acqua piovana. Come non ce n’è di simili nel capoluogo siciliano. Un sogno? Sì, l’ultimo sogno di padre Pino Puglisi, il sacerdote beato ucciso dalla mafia venticinque anni fa in questa periferia anonima che oggi conta 8mila famiglie stipate in appartamenti dove vivono anche in dieci, che ha strade colabrodo, case mai completate, immondizia sui marciapiedi.

Il terreno 'abbandonato' dove sorgerà l'asilo nido 'Padre Puglisi' nel quartiere Brancaccio a Palermo (Foto Gambassi)

Il terreno “abbandonato” dove sorgerà l’asilo nido “Padre Puglisi” nel quartiere Brancaccio a Palermo (Foto Gambassi)

Sognava scuole, campi sportivi, teatri, poli di aggregazione per Brancaccio il “profeta” che ha fatto tremare la mafia con il Vangelo in mano e la convinzione che il riscatto della sua gente partisse dall’educazione dei più piccoli. La scuola, i campi da calcio, tennis e basket, l’auditorium, un centro anziani ci sono adesso qui. Nonl’asilo nido però. Ecco perché ha deciso di realizzarlo il Centro di Accoglienza Padre Nostro che lo stesso prete “scomodo” aveva fondato nel 1991 e che sta trasformando il volto del quartiere con iniziative e servizi sulle orme del beato. Un gesto per ricordare il quarto di secolo del martirio. Sfidando tutto. Anche gli atti vandalici e le intimidazioni che continuano contro il Centro. Come l’avvertimento “di morte” di pochi giorni fa al presidente Maurizio Artale.

Padre Pino Puglisi durante un Battesimo (Foto Centro Padre Nostro)

Padre Pino Puglisi durante un Battesimo (Foto Centro Padre Nostro)

«Brancaccio si sta emancipando – dice Artale con l’ottimismo che lo contraddistingue –. Se oggi non siamo più soltanto il bunker della mafia, lo dobbiamo a padre Puglisi che ha scosso le coscienze e per questo è stato ucciso da chi è nato fra noi. Eppure chiunque cerchi di restituire alla comunità il quartiere subisce minacce dalla mafia. Lo aveva detto anche un killer del sacerdote, Gaspare Spatuzza, durante il processo sulla trattativa Stato-Mafia: “Don Pino è stato ucciso perché voleva impossessarsi del nostro territorio”». E il presidente prosegue: «Vangelo e promozione umana vanno di pari passo, ci ha insegnato. Infatti ad alcuni fedeli che gli chiedevano perché la parrocchia dovesse interessarsi anche di classi o di fognature che mancavano, Puglisi aveva risposto: “Per ora pensiamoci noi, affinché il nostro agire diventi protesta”. E proposta».

Il Centro di Accoglienza Padre Nostro fondato da padre Puglisi nel 1991 a Brancaccio (Foto Gambassi)

Il Centro di Accoglienza Padre Nostro fondato da padre Puglisi nel 1991 a Brancaccio (Foto Gambassi)

La sede del Centro è a poche centinaia di metri dall’angolo dove sorgerà l’asilo e a due passi dalla parrocchia di San Gaetano che il prete dell’“insurrezione evangelica” guidò per meno di tre anni, prima di essere freddato davanti alla casa di famiglia. È color ocra e carminio la palazzina che al piano terra fa da sportello sociale e al piano superiore ha il baricentro dell’ente. “Se ognuno fa qualcosa, si può fare molto” c’è scritto sotto una foto di padre Pino Puglisi che tutti chiamano “3P”. «È una delle sue frasi celebri – osserva Artale –. Si tratta di un invito a non delegare, a rimboccarsi le maniche. Perciò facciamo appello a tutta quell’Italia che crede nella giustizia sociale e nella legalità affinché ci possa sostenere nella raccolta fondi per il nido». Il progetto ha già avuto il beneplacito della giunta municipale, del prefetto e dell’arcidiocesi. «Vorremmo consegnarlo a papa Francesco nella sua sosta alla casa-museo di padre Puglisi durante la visita che farà in città il 15 settembre, proprio nel giorno dell’uccisione del beato», confida il presidente.

Un angolo di Brancaccio, il quartiere di Palermo dove è stato ucciso padre Puglisi 25 anni fa (Foto Gambassi)

Un angolo di Brancaccio, il quartiere di Palermo dove è stato ucciso padre Puglisi 25 anni fa (Foto Gambassi)

La Chiesa di Palermo è in prima linea. «Don Pino – afferma l’arcivescovo Corrado Lorefice – ci ripete ancora che dove non c’è cultura si annida la dipendenza dalla malavita. La mafia ha tutto l’interesse che un territorio non si elevi culturalmente, strutturalmente, socialmente e che prevalga la ghettizzazione con cui si impedisce la circolazione di altre visioni del mondo. Secondo padre Puglisi, la proposta cristiana deve abbracciare tutta la vita e il messaggio di salvezza di Cristo farsi concreto. Questo significa anche avere un asilo». Il terreno per il plesso è stato concesso dal Comune. «Don Pino ha contribuito a cambiare la città – sottolinea il sindaco Leoluca Orlando–. Non combatteva la mafia: chiedeva attenzione per i bambini; chiedeva aule; chiedeva novità che hanno fatto più paura a Cosa Nostra delle armi delle forze dell’ordine». E torna con la mente a quando, dopo essere stato rieletto primo cittadino nel novembre 1993, a due mesi dall’assassinio del parrinu, «avevamo dato il via libera a tempo di record alla costruzione della scuola media a Brancaccio voluta dal sacerdote e poi a lui intitolata». Anche se il complesso è stato inaugurato nel 2000. «E ora di fronte all’iniziativa del Centro Padre Nostro ribadiamo che la collaborazione è possibile nel nome dei diritti. Del resto Palermo è Brancaccio e Brancaccio è Palermo, sia nel positivo sia nel negativo».

La chiesa di San Gaetano a Palermo di cui padre Puglisi è stato parroco per tre anni (Foto Gambassi)

La chiesa di San Gaetano a Palermo di cui padre Puglisi è stato parroco per tre anni (Foto Gambassi)

Ad affiancare il Centro è la Fondazione Giovanni Paolo II, la onlus toscana impegnata nel dialogo, nello sviluppo e nella cooperazione internazionale anche con il contributo della Cei. «Se la maggior parte dei nostri interventi si concentra in Medio Oriente – spiega il presidente Luciano Giovannetti, vescovo emerito di Fiesole – abbiamo creato un ponte con Palermo per essere a fianco di chi vive ai margini, sorretti dalla testimonianza di un martire nostro contemporaneo che, attuando il Concilio, ha unito annuncio della Parola di Dio e servizio all’uomo».

Lo “spazio gioco”, assaggio del nuovo asilo nido a Brancaccio (Foto Gambassi)

Lo “spazio gioco”, assaggio del nuovo asilo nido a Brancaccio (Foto Gambassi)

Il nuovo nido accoglierà 60 bambini fino a tre anni. E fra i custodi avrà anche detenuti in esecuzione penale esterna ed ex carcerati. Già accade negli ambienti che ospitano lo “spazio gioco”, un assaggio del futuro asilo della speranza. Il Centro Padre Nostro lo ha creato fra i condomini di Brancaccio. Si trova in quelle che qui vengono chiamate le “saracinesche”, sottoscala ai piedi di palazzoni che dovrebbero essere destinati ai negozi e che le sentenze della magistratura hanno rivelato siano stati il deposito per il tritolo delle stragi di Capaci e via D’Amelio nelle quali morirono i giudici Falcone e Borsellino. Era il 1992, l’anno precedente al delitto Puglisi e agli attentati mafiosi in Italia. Una è quella del presidio aperto dagli eredi di “3P”. «Il quartiere – confida la responsabile Valentina Caruso – è povero non solo a livello economico, ma anche per la carenza d’istruzione e di senso civico. Il nostro è un tentativo di supportare le famiglie nel loro compito educativo. Spesso abbiamo a che fare con mamme giovanissime che magari a trent’anni hanno già tre o quattro figli di cui uno di quindici».

Ecco come sarà l'asilo nido sognato da don Puglisi che nascerà a Brancaccio, quartiere di Palermo

Ecco come sarà l’asilo nido sognato da don Puglisi che nascerà a Brancaccio, quartiere di Palermo

In un paio di stanzette si danno appuntamento al mattino 20 marmocchi. Invece nel pomeriggio tocca all’esperienza del recupero scolastico. «Siamo partiti tre anni fa con 35 ragazzi. Quest’anno ci siamo dovuti fermare a 120 – fa sapere Valentina –. Una fra le più grandi soddisfazioni? Aver aiutato numerosi adolescenti a prendere la licenzia media che altrimenti non avrebbero mai ottenuto». Una donna le si avvicina. «Sai se mio figlio è stato promosso all’esame?». Valentina si fa radiosa. «Certo, tutto a posto». Anche padre Puglisi avrebbe sorriso, com’era suo solito. E avrebbe salutato la signora, pronto per tuffarsi in un’altra avventura di frontiera nella terra “maledetta” dei fratelli Graviano. Che oggi lo è molto meno.

ECCO COME CONTRIBUIRE AL PROGETTO

Un gesto concreto di solidarietà per celebrare il 25° anniversario del martirio del beato Pino Puglisi, il prete siciliano ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993 di fronte alla sua casa di Palermo. Il Centro di Accoglienza Padre Nostro, voluto dallo stesso padre Puglisi nel capoluogo siciliano, e la Fondazione Giovanni Paolo II, insieme con l’arcidiocesi di Palermo, il Comune di Palermo e Avvenire intendono realizzare l’ultimo sogno del sacerdote “profeta” per il suo quartiere Brancaccio a Palermo: la costruzione del nuovo asilo nido. Posiamo insieme la prima pietra.

È possibile contribuire al “sogno” di padre Pino Puglisi attraverso:
– bonifico bancario intestato a Fondazione Giovanni Paolo II utilizzando il seguente IBAN IT84U0503403259000000160407 (va inserito anche l’indirizzo di chi versa nel campo causale);
– bollettino sul conto corrente postale n. 95695854 intestato a Fondazione Giovanni Paolo II, via Roma, 3 – 52015 Pratovecchio Stia (AR). Causale: “Asilo Don Puglisi”;
– carta di credito o PayPal sul sito www.ipiccolidi3p.it.
Partecipa al progetto con la tua parrocchia o associazione, con i tuoi familiari o amici. Facendo una donazione si avrà diritto alle agevolazioni fiscali previste dalla legge. I dati saranno trattati ai sensi dell’art.13, regolamento europeo 679/2016 (c.d. “GDPR”).

da Avvenire

Vaticano. Don Pino Puglisi: un francobollo per i 25 anni della morte

Don Pino Puglisi: un francobollo per i 25 anni della morte

Un francobollo commemorativo per ricordare la testimonianza di don Pino Puglisi. L’Ufficio filatelico e numismatico del Vaticano ha reso noto che, tra le prossime emissioni filateliche del 6 febbraio 2018, ci sarà anche un francobollo dedicato al 25° anniversario della morte del beato don Pino Puglisi, assassinato nel 1993 dalla mafia.

Il francobollo, realizzato dall’artista Marco Ventura, raffigura il prete circondato dai ragazzi di cui si occupava nel quartiere Brancaccio di Palermo, dove era nato il 15 settembre 1937, per strapparli dalla strada. Sullo sfondo la sua chiesa e in primo piano la dicitura: «La sera del 15 settembre 1993 don Pino Puglisi è assassinato a Palermo dalla mafia».

Il valore facciale dell’emissione è di un euro, la tiratura massima di 360.000 serie complete.

Chi era don Pino Puglisi?

Nato nel quartiere Brancaccio di Palermo, don Pino Puglisi fu ordinato sacerdote nel 1960, conscio della situazione della città cercò nella sua attività pastorale in particolare di coinvolgere un sempre crescente numero di ragazzi nei gruppi parrocchiali togliendoli dalla strada. La sua fu una lotta aperta e dichiarata alla mafia che, sentendosi minacciata ne commissionò così l’uccisione.

Padre Pino Puglisi, ha affermato papa Francesco, «è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo.
In realtà però è lui che ha vinto con Cristo risorto».