Papa emerito e Papa impedito: un gruppo di studio per colmare due vuoti giuridici

Nel corso del pontificato, Papa Francesco non ha mai dato una cornice legale allo status del Papa emerito. Benedetto XVI ha continuato a vestire la talare bianca, senza la pellegrina, vivendo una vita riservata nel monastero Mater Ecclesiae, ma allo stesso tempo attiva, con vari interventi che hanno persino portato alcuni a definire “la morte istituzionale” del Papa emerito. Se questa è una situazione complessa, lo è sarebbe ancora di più se il Papa in carica fosse impedito, cioè non possa esercitare pienamente il ministero petrino: rimarrebbe in carica o decadrebbe?

Sono due vuoti giuridici che alcuni ricercatori e canonisti del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Bologna si sono proposti di colmare. Lo fanno con un progetto di ricerca, chiamato “Progetto Canonico Sede Romana”, che si propone appunto di dare leggi chiare alle due situazioni ancora rimaste nel limbo durante il pontificato di Papa Francesco.

Nel sito internet, cis sono già alcuni progetti di ricerca. Per esempio, c’è quello sul Papa emerito e sul suo status, che in fondo mantiene più o meno identiche le prerogative esercitate da Benedetto XVI da quando è Papa emerito, ma aggiunge la clausole di non avere troppa presenza mediatica, per non oscurare il Papa regnante. Il progetto va anche più a fondo, arrivando a definire in che modo il Papa emerito debba essere sostenuto.

Per quanto riguarda l’altra possibilità di “sede impedita”, la professoressa Geraldina Boni, uno dei membri di questo gruppo, ha sottolineato che “la sede romana totalmente impedita è solo menzionata nel Codice di Diritto Canonico ma non è regolata, nonostante il can. 335 rinvii ad una legge speciale per tale ipotesi, che non è stata mai emanata. E soprattutto non è contemplata una soluzione giuridica per assicurare alla Chiesa universale il suo capo quando il romano pontefice non può più governarla a causa di un impedimento totale, permanente e irreversibile: con grave danno per la compagine ecclesiale”.

Ancora più importante colmare le lacune normative, se si pensa che non sembra esserci cenno sul Papa emerito nella bozza di Costituzione Apostolica che sarebbe in via di pubblicazione, e se si pensa che Papa Francesco è stato recentemente soggetto ad una operazione chirurgica lunga.

A stendere i due schemi normativi, sono stati un gruppo di canonisti di vari Paesi. Sempre Boni spiega che “nel progetto sulla sede romana impedita, la novità più rilevante concerne l’introduzione (anche mediante una modifica del Codice di Diritto Canonico) dell’impedimento totale per ‘inhabilitas’ irreparabile del papa quale terza causa di cessazione dell’ufficio petrino, che si aggiungerebbe alla morte e alla rinuncia”. Se questa inhabilittas avesse luogo, si passa direttamente alla sede romana vacante.

Molto probabilmente, è stato il lancio di questo progetto a far pensare che il Papa potesse dimettersi. Papa Francesco, però, non sembra avere intenzione di rinunciare. I temi restano comunque aperti, perché il tema del ruolo del Papa emerito è stato discusso in tutti questi anni, mentre quello del Papa impedito è rimasto in qualche modo sospeso.
Aci Stampa

L’ecclesialità è il segno dell’autenticità di un carisma

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Con un motu proprio viene modificato il canone 579 del Codice di Diritto canonico

04 novembre 2020

Pubblichiamo il testo latino della lettera apostolica in forma di motu proprio «Authenticum charismatis» con cui viene modificato il canone 579 del Codice di diritto canonico.

Litterae Apostolicae
Motu Proprio Datae

Authenticum charismatis

Quibus can. 579 Codicis Iuris Canonici mutatur

«Authenticum charismatis signum ecclesialem indolem suam debet patefacere, id est “ecclesialitatem”, quae est facultas charismatis ipsius sese concorditer inserendi in vitam Populi Sancti Dei, quae sit omnibus utilis» (Adhort. ap., Evangelii gaudium , 130). Christifideles de charismatum veritate deque fundatorum integritate a suis Pastoribus opportune moneantur.

Iudicium enim de ecclesialitate et charismatis fiducia pertinet ad Pastorum Ecclesiarum particularium auctoritatem, quae in magnis sollicitudinibus erga omnes formas vitae consecratae ac praesertim in praecipuo officio perpendendi opportunitatem nova Instituta vitae consecratae et novas Societates vitae apostolicae condendi significatur. Ideo opus est ut res huiusmodi rite congruat cum donis, quae in Ecclesia particulari Spiritus suscitat eademque cum gratiarum actione generose accipiantur. Simul autem cavendum est «ne incaute oriantur instituta inutilia aut sufficienti vigore non praedita» (Con. Oecum. Vat. ii,  Decr. de accommodata renovatione vitae religiosae, Perfectae caritatis,  19).

Sedis quidem Apostolicae est Pastoribus consilio adesse unde ducantur ad discernendam rationem quo pacto nova Instituta vel novae Societates dioecesani iuris in Ecclesia constituantur. Nam Adhortatio Apostolica postsynodalis Vita consecrata,  cum de novis consecratae vitae generibus agit, his verbis aperte asseverat: «vitalis eorum vigor oportet ab Ecclesiae auctoritate excutiatur, cuius est necessarias experiri probationes quibus et finis concitantis veritas confirmetur simulque nimia institutionum inter se consimilium multitudo vitetur, imminente scilicet periculo ne magno cum detrimento in parvulos manipulos diffringantur» (n. 12). Hanc ob rem, nova Instituta vitae consecratae et novae Societates vitae apostolicae ab ipsa Sede Apostolica, cui uni contingit supremum iudicandi munus, publice probari debent.

Erectio igitur canonica horum Institutorum et Societatum, ab Episcopo effecta, ambitum dioecesanum revera exsuperat ac magnum momentum tota in Ecclesia universali obtinet. Omne vero Institutum vitae consecratae atque omnis Societas vitae apostolicae, sua natura, quamvis utrumque oriatur in contextu Ecclesiae particularis «sicut donum totius Ecclesiae, non est aliquid ab eadem seiunctum vel in margine positum, sed cum ipsa Ecclesia intime coniunctum, immo insitum est in imis Ecclesiae praecordiis haud secus ac pars eius missionis praecipua» (Lettera ai Consacrati,  III, 5).

His perpensis statuimus ut modificetur can. 579 eiusque in locum substituatur hic textus:

Episcopi dioecesani, in suo quisque territorio, instituta vitae consecratae formali decreto valide erigere possunt, praevia licentia Sedis Apostolicae scripto data .

Quod a Nobis hisce Litteris Apostolicis, Motu Proprio datis, decretum ac statutum est, id firmum ac ratum esse iubemus, contrariis quibuslibet non obstantibus, etiam peculiari mentione dignis, idem decernimus ut typis promulgetur in actis diurnis quibus L’Osservatore Romano  est nomen ac vim suam inde habeat a die X  mensis Novembris anni MMXX, ac statim post in commentariis officialibus Acta Apostolicae Sedis  pervulgetur.

Franciscus

Il testo italiano del documento

Lettera Apostolica in forma di “Motu Proprio”

Authenticum charismatis

con la quale si modifica il can. 579 del Codice di Diritto Canonico

«Un chiaro segno dell’autenticità di un carisma è la sua ecclesialità, la sua capacità di integrarsi armonicamente nella vita del Popolo santo di Dio per il bene di tutti» (Esort. Ap. Evangelii gaudium,  130). I fedeli hanno il diritto di essere avvertiti dai Pastori sull’autenticità dei carismi e sull’affidabilità di coloro che si presentano come fondatori.

Il discernimento sulla ecclesialità e affidabilità dei carismi è una responsabilità ecclesiale dei Pastori delle Chiese particolari. Essa si esprime nella cura premurosa verso tutte le forme di vita consacrata e, in particolare, nel decisivo compito di valutazione sull’opportunità dell’erezione di nuovi Istituti di vita consacrata e nuove Società di vita apostolica. È doveroso corrispondere ai doni che lo Spirito suscita nella Chiesa particolare, accogliendoli generosamente con rendimento di grazie; al contempo, si deve evitare che «sorgano imprudentemente istituti inutili o sprovvisti di sufficiente vigore» (Conc. Ecum. Vat. ii , Decreto Perfectae caritatis,  19).

Alla Sede Apostolica compete accompagnare i Pastori nel processo di discernimento che conduce al riconoscimento ecclesiale di un nuovo Istituto o di una nuova Società di diritto diocesano. L’Esortazione apostolica Vita consecrata  afferma che la vitalità di nuovi Istituti e Società «deve essere vagliata dall’autorità della Chiesa, alla quale compete l’opportuno esame sia per saggiare l’autenticità della finalità ispiratrice sia per evitare l’eccessiva moltiplicazione di istituzioni tra loro analoghe, col conseguente rischio di una nociva frammentazione in gruppi troppo piccoli» (n. 12). I nuovi Istituti di vita consacrata e le nuove Società di vita apostolica, pertanto, devono essere ufficialmente riconosciuti dalla Sede Apostolica, alla quale sola compete l’ultimo giudizio.

L’atto di erezione canonica da parte del Vescovo trascende il solo ambito diocesano e lo rende rilevante nel più vasto orizzonte della Chiesa universale. Infatti, natura sua , ogni Istituto di vita consacrata o Società di vita apostolica, ancorché sorto nel contesto di una Chiesa particolare, «in quanto dono alla Chiesa, non è una realtà isolata o marginale, ma appartiene intimamente ad essa, sta al cuore stesso della Chiesa come elemento decisivo della sua missione» (Lettera ai Consacrati,  III, 5).

In questa prospettiva dispongo la modifica del can. 579 che è sostituito dal seguente testo:

Episcopi dioecesani, in suo quisque territorio, instituta vitae consecratae formali decreto valide erigere possunt, praevia licentia Sedis Apostolicae scripto data.

Quanto deliberato con questa Lettera Apostolica in forma di Motu proprio,  ordino che abbia fermo e stabile vigore, nonostante qualsiasi cosa contraria anche se degna di speciale menzione, e che sia promulgato tramite pubblicazione su L’Osservatore Romano , entrando in vigore il 10 novembre 2020 e quindi pubblicato nel commentario ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis.

Francesco

Chiesa è Internet. Il Diritto canonico è on line. E sullo smartphone

Il Diritto canonico anche su Internet. Anzi meglio: anche sugli smartphone. Non si tratta di un cedimento alle tendenze del momento ma una scelta molto pratica, dettata dalla necessità di rendere disponibili in modo veloce e aggiornato a cui possano fare riferimento tutti coloro che, per un motivo o per l’altro, hanno bisogno di consultare le leggi della Chiesa. Il Pontificio consiglio per i testi legislativi ha così messo on line il sito delegumtextibus.va .

“La sfida – spiega il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del dicastero, alla Radio Vaticana – non riguarda solo la diffusione del Codice di Diritto canonico. Riguarda molto più profondamente una rinnovata coscienza del diritto nella Chiesa: che si possa arrivare a una stima, a un amore per il diritto. Questa è una grande sfida, non soltanto del nostro dicastero, ma deve essere di tutti i canonisti nel mondo, specialmente dei docenti. Il diritto è la persona, sono le sue esigenze di promozione, di tutela. Se io distinguo il diritto dalla persona, ho perduto il diritto e ho perduto anche la persona”.

L’obiettivo è quello di arrivare anche sui cellulari: “è un desiderio di questi ultimi tempi di arrivare sui cellulari, mettendo almeno il testo dei due codici, latino e orientale, e anche alcune delle leggi della Chiesa universale che possono essere più interessanti”, ha sottolineato Coccopalmerio.

Sul sito è reperibile una parte storica ma viene curato pure un settore relativo alle “news”. L’obiettivo è di rendere questo strumento on line una fonte di aggiornamento il più possibile costante su quanto viene svolto per la promozione del diritto canonico. Per quanto riguarda la parte storica si possono trovare informazioni storiche sia sulla codificazione latina che su quella orientale.

Inoltre sono sul web le riviste “Communicationes” e “Nuntia”. La prima è una rivista del Pontificio consiglio per i testi legislativi, semestrale, e nella quale vengono pubblicate tutte le novità normative riguardanti la Santa Sede nel semestre. Un servizio, quindi, per chi studia o deve applicare il Diritto canonico.

“Una cosa molto importante per noi sarebbe arrivare – riprende Coccopalmerio – a pubblicare tutta la bibliografia recente di natura canonistica: monografie, riviste, in modo che se uno vuole sapere che cosa è uscito nel semestre, può avere l’informazione con esattezza. E vorremmo che ci fosse on line una biblioteca, per quanto possibile completa, riguardante il Diritto canonico. Ripeto, sempre Diritto canonico latino e diritto canonico orientale, perché noi siamo competenti relativamente ai due polmoni, come diceva Giovanni Paolo II, con cui respira la Chiesa universale”.

avvenire.it

Il cardinale Francesco Coccopalmerio (dal sito http://www.delegumtextibus.va)

Le relazioni tra diritto canonico e diritto civile

di Luca Marcolivio

ROMA, sabato, 21 gennaio 2012 (ZENIT.org).- Don Arturo Cattaneo, Ordinario di Diritto canonico a Venezia e professore invitato alla Facoltà di Teologia di Lugano, ha pubblicato un manuale sui Fondamenti ecclesiologici del Diritto canonico (Marcianum Press, Venezia 2011), in cui non si limita a riflettere su necessità, senso e valore del Diritto nella Chiesa, ma aiuta anche a comprendere adeguatamente la realtà giuridica nell’ambito della società civile, superando le strettoie di una visione meramente positivistica del diritto.

Per meglio comprendere le implicazioni che il diritto canonico ha nella vita della Chiesa e non solo, ZENIT lo ha intervistato.

Nel suo manuale Lei auspica che esso contribuisca «a formare canonisti che sappiano comprendere, apprezzare e configurare il diritto della Chiesa in una prospettiva di fede, al servizio del Popolo di Dio». In alcuni ambienti ecclesiali sembra che il Diritto canonico continui ad essere mal tollerato o poco apprezzato: per quali ragioni?

Don Cattaneo: Le ragioni sono molteplici e derivano fondamentalmente da una falsa comprensione o del Diritto o della Chiesa. Nel primo caso, per il diffondersi di un’idea positivistica o legalista e formalista del Diritto, che tende a ridurlo a un mero strumento nelle mani di chi ha il potere; nel secondo per una visione spiritualistica o meramente carismatica della Chiesa. Questi due errori sono a volte concomitanti, come si osserva soprattutto in alcuni teorici della concezione protestante, il più noto dei quali è Rudolf Sohm, secondo cui esisterebbe una radicale incompatibilità fra Chiesa e Diritto.

Ci potrebbe spiegare cosa si intende per «positivismo giuridico» e perché lei è così critico nei suoi confronti?

Don Cattaneo: Secondo ilpositivismo giuridico l’unico diritto è quello positivo, ossia quello promulgato dal legislatore, con esclusione quindi del diritto naturale. Il contenuto delle norme sarebbe in questo caso determinato da mere scelte di politica legislativa, che si limita a rispecchiare il consenso sociale esistente sui valori e sui comportamenti da promuovere e da evitare. Si tratterebbe pertanto di valori relativi, quindi sempre mutevoli. L’enfasi è posta sul carattere democratico delle procedure per costituire e modificare il sistema giuridico. Inteso così, il diritto è frutto soprattutto dell’equilibrio dei poteri o della lotta per far prevalere i propri interessi individuali o collettivi, e viene a perdere la sua naturale connessione con l’etica.

Quali allora le conseguenze di questa separazione fra etica e diritto?

Don Cattaneo: Vengono smarriti proprio i valori che il diritto dovrebbe garantire. Infatti, solo un diritto ancorato all’etica potrà tutelare le fondamentali esigenze di libertà dell’individuo e i suoi diritti fondamentali. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno spesso ricordato che un’autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana. Oggi c’è il pericolo reale di un’alleanza fra democrazia e relativismo etico e questo toglierebbe alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento etico. Benedetto XVI ha ricordato come «la storia dimostra con grande chiarezza che le maggioranze possono sbagliare». Quando sono in gioco le esigenze fondamentali della dignità della persona umana, nessuna legge umana può sovvertire la norma scritta dal Creatore nel cuore dell’uomo, senza che la società stessa venga drammaticamente colpita in ciò che costituisce la sua base irrinunciabile.

Allora Lei auspica un ritorno al giusnaturalismo classico e cristiano?

Don Cattaneo: In effetti, penso che esso vada riscoperto e rivalutato, non solo per il bene della Chiesa, ma anzitutto per quello della società civile. Il giusnaturalismo classico e cristiano – così chiamato per distinguerlo da quello illuministico –segue la tradizione del pensiero giuridico greco e romano, sviluppato poi dalla prassi giuridica cristiana, che concepisce il diritto umano e quello naturale come due modalità necessarie di una medesima realtà: il diritto, fondato su una qualità intrinseca, abitualmente chiamata giustizia, vista come costitutivo ultimo della giuridicità.

Se ho capito bene, Lei fonda il diritto sulla dignità della persona umana. Ci può dire in che senso?

Don Cattaneo: Nel senso che il diritto, come ciò che è giusto, è qualcosa che attiene alla persona umana, poiché essasola è titolare di diritti. Solo le persone (oppure le collettività composte in definitiva da persone) sono esseri dotati di una dignità tale – capaci cioè di un certo dominio sul proprio essere, sui propri atti e sugli oggetti esterni –, che non consente una loro mera strumentalizzazione per il bene di altri o della comunità stessa.

Lei sottolinea la profonda diversità fra la Chiesa e lo Stato. Che rilevanza ha tale considerazione e quali ne sono le principali conseguenze?

Don Cattaneo: Conseguenza di questa consapevolezza dovrebbe essere l’attenzione nell’evitare di introdurre nel Diritto canonico concetti e istituzioni del Diritto secolare non conformi alla realtà ecclesiale. Così, ad esempio, i princìpi della democrazia rappresentativa, l’appartenenza alla Chiesa quale mera adesione ad un’associazione senza tener conto della condizione ontologica di battezzato, la separazione di poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario). Eugenio Corecco ha giustamente spesso sottolineato che la fondazione divina della Chiesa comporta l’esistenza di un nuovo ambito di rapporti di giustizia, il quale non è deducibile da nessuna realtà naturale previa, e rimane essenzialmente distinto da qualunque realtà giuridica situata sul piano naturale.

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