Il video. Sindrome di Down: le scuse ridicole per non essere inclusivi

CoorDown ha chiesto alle persone con sindrome di Down e alle loro famiglie quali fossero le scuse che si sono sentiti dire per essere esclusi da istruzione, sport, lavoro. E ne ha fatto un film

In un mondo sempre più attento all’inclusione c’è ancora chi tira fuori scuse ridicole per non essere inclusivo. In occasione della Giornata Mondiale sulla sindrome di Down, 21 marzo 2023, CoorDown – Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down – lancia in anteprima su TikTok la campagna di sensibilizzazione internazionale “Ridiculous excuses not to be inclusive”, per affermare il diritto alla piena partecipazione alla vita sociale e all’inclusione delle persone con disabilità intellettiva, libere da ogni forma di discriminazione e abilismo.

 

Negli ultimi mesi, con l’aiuto di associazioni di tutto il mondo, CoorDown ha chiesto alle persone con sindrome di Down e alle loro famiglie quali fossero le scuse che si sono sentiti dire per essere esclusi da istruzione, sport, lavoro e altre opportunità. Alcune di queste scuse erano così incredibilmente ridicole che meritavano di essere adeguatamente celebrate. Da qui nasce il film che con un tono di voce comico, anche se amaro, racconta appunto le scuse più utilizzate per negare l’accesso e il legittimo spazio alle persone con disabilità in cinque scene. Episodi di abilismo quotidiani, dall’esclusione dalla gita di classe, al mondo del lavoro, alla scuola, nello sport, nei campi estivi e nella vita sociale. “Non è colpa tua, siamo noi a non essere preparati per portarti in gita!”, “Abbiamo già una bambina come te nel gruppo”, “Non abbiamo abbastanza sedie per invitarti alla riunione”, “Abbiamo chiuso le iscrizioni proprio dieci minuti fa!”, sono alcune delle scuse ridicole con cui viene spesso negata la piena partecipazione alla vita. Ma non ci sono scuse accettabili per non essere inclusivi.

Nei prossimi giorni e fino al 21 marzo, il canale TikTok di @CoorDown si popolerà delle testimonianze reali di persone con sindrome di Down e delle loro famiglie provenienti da ogni parte del mondo e le scuse ridicole che hanno dovuto sentirsi dire. A queste si aggiungeranno le storie della community di TikTok, una delle più vivide del momento composta da oltre 1 miliardo di utenti mensili al mondo, ispirate dal jingle della campagna e da uno sticker creato appositamente, oltre all’hashtag ufficiale #RidiculousExcuses.

In quasi due decenni di attività, CoorDown è stata testimone di molte conquiste in termini di diritti e di inclusione, ma le persone con sindrome di Down affrontano ancora ogni giorno episodi di discriminazione e esclusione. Le persone con disabilità intellettiva, infatti, devono ancora lottare per ottenere un posto a scuola, nei campi estivi, nello sport, sul posto di lavoro e nella vita sociale. L’esclusione oggi non è quasi mai diretta ed esplicita, spesso vengono addotte scuse ridicole che nascondono una verità più cruda e un atteggiamento discriminatorio. Le persone con disabilità subiscono svantaggi sistematici in tutti gli ambiti della loro vita per un meccanismo pervasivo, insidioso e invisibile, dato “per scontato”, quello che viene definito vero e proprio abilismo. Abilismo è una parola dal significato ampio che riguarda le norme, il senso comune e i codici, spesso inconsapevoli e non riconosciuti, che modellano le nostre idee e le rappresentazioni che abbiamo sulla disabilità. Parlare di abilismo ha l’obiettivo di denunciare come le discriminazioni siano un tema trasversale che riguarda anche le persone con altre disabilità o neurodiversità, ma non solo. È necessario anche porre l’attenzione verso altre diversità e gruppi sociali svantaggiati che vivono le stesse esperienze.

Il film “Ridiculous Excuses” sarà disponibile in exclusiva sul canale TikTok di CoorDown nella giornata di lancio e poi diffusa su tutte le piattaforme dell’organizzazione. La campagna è nata dalla collaborazione con l’agenzia Small di New York ed è stata prodotta da Indiana Production e Tinygiant per la regia di Stoney Sharp. La musica è stata composta e realizzata da Stabbiolo Music.

Anche quest’anno la campagna internazionale è stata realizzata con il contributo di diverse associazioni internazionali tra cui Down’s Syndrome Association (UK), Down Syndrome Australia, Global Down Syndrome Foundation, New Zealand Down Syndrome Association, Best Buddies International, National Down Syndrome Society, Karachi Down Syndrome Program e patrocinata da DSi – Down Syndrome International. Gli hashtag ufficiali della campagna #RidiculousExcuses #WorldDownSyndromeDay #WDSD23, #ImparaconTikTok.

avvenire.it

CoorDown in 200 piazze. Ricerca (e amore) per non scartare i Down

Chi soffre di intolleranze alimentari lo sa bene: per evitare il malassorbimento della sostanza incriminata basta eliminarla dalla dieta. Ma se ad avere difficoltà a integrarsi sono le persone con disabilità? La soluzione a quanto pare è la stessa: Islanda e Danimarca hanno deciso di diventeranno i primi Paesi Down free. Per far fronte alla trisomia 21 alle mamme basterà fare un test gratuito e abortire. «È inconcepibile pensare a un mondo senza diversità – mette in guardia Antonella Falugiani, presidente del Coordinamento nazionale delle Associazioni delle persone con la sindrome di Down (CoorDown) –. Un mondo senza differenze non è vivibile, perché cresciamo proprio attraverso le diversità e affrontando le situazioni che ci fanno paura. E questa è una prerogativa dell’individuo. Poi a smentire l’idea che la persona con sindrome di Down non possa avere una vita felice sono i nostri stessi figli». Che reclamano di poter studiare, lavorare, avere opportunità, essere ascoltati, come tutti.

Alcuni di loro danno vita a una Consulta, che affianca il Comitato di gestione dell’associazione per dialogare con le istituzioni pubbliche e private. La richiesta è chiara: «I nostri figli possono aver bisogno di un sostegno, o di assistenza vera e propria, ma questo non rende speciali le loro esigenze».

Lo ribadiranno domenica 8 ottobre nella Giornata nazionale delle persone con sindrome di Down, promossa da CoorDown. In 200 piazze italiane verrà offerto un messaggio di cioccolato in cambio di un contributo ai progetti di autonomia delle associazioni aderenti a CoorDown, garantire una migliore qualità della vita e un futuro più sereno alle persone con sindrome di Down. «La situazione oggi è sicuramente migliore – sottolinea Falugiani –. Dieci anni fa parlare di lavoro sembrava un’utopia. Da qualche tempo è possibile raggiungere buoni obiettivi». Esempi positivi di inclusione ne esistono: in aziende, ristoranti, hotel. «La situazione però non è uguale per tutti, molto dipende dal contesto in cui si vive, dalla nostra accoglienza, da quanto garantiamo».

A cominciare proprio dall’istruzione. «Riuscire a imparare e a seguire le lezioni è un bisogno umano. Tutti ne hanno diritto. E invece la scuola è carente per le nomine, le ore di sostegno e la mancanza di insegnanti, spesso privi di adeguata formazione». Il vero punto critico è poi l’aspetto culturale. «Oggi nascono meno bambini con questa sindrome, però ci sono maternità più consapevoli – prosegue Falugiani –. Dovremmo riuscire a dare corretta informazione sulle positività di questa condizione».
In Italia nasce con anomalie cromosomiche un bambino su 1.200. Si stima che attualmente le persone con sindrome di Down siano circa 38mila, il 61% con più di 25 anni.

Le cause delle anomalie ancora non sono note, si ritiene che si tratti di un fenomeno legato alla fisiologia della riproduzione umana. Come noto, l’incidenza è legata all’età materna: si va da un caso su 1.500 se l’età della mamma è inferiore a 30 anni, uno su 280 tra i 35 e i 39 anni, uno su 38 oltre i 45. Difficile quantificare le donne italiane che decidono di abortire. Per diagnosticare le anomalie cromosomiche molto diffuso è ormai lo screening prenatale non invasivo basato sul Dna (Non Invasive Prenatal Testing, o Nipt), sempre più proposto alle gestanti anche in Italia. D’altronde, a ogni latitudine puntare sull’ansia del bambino sano porta a un giro di affari imponente: un recente studio dell’Istituto americano Credence Research ha calcolato che nel 2015 si siano toccati i 613 milioni di dollari, e tra 6 anni si stima che si arrivi a oltre 2 miliardi.

Se la diagnosi è positiva le mamme si trovano però di fronte a un doloroso dilemma: «Il bambino con sindrome di Down non è un paziente terminale ma è reso tale dalla cultura eugenetica – rimarca Giuseppe Noia, direttore dell’Hospice perinatale del Policlinico Gemelli di Roma –. Alle donne che non abortiscono, oltre agli esami e alle cure necessarie nel percorso diagnostico e terapeutico, proponiamo un accompagnamento grazie a un team di esperti, neonatologi, neuropsichiatri, ostetriche. Cerchiamo di lenire il disagio con la medicina condivisa». Non in tutte le regioni però le donne possono contare su strutture adeguate e su concrete alternative all’aborto. «Purtroppo il grande nemico della donna è la solitudine – conferma Noia –, ma quando si sente aiutata porta avanti la gravidanza nonostante le difficoltà».

Intanto, la ricerca si muove senza sosta: perché la soluzione alle malattie è sempre e solo la cura, mai l’eliminazione del paziente, presente o futuro. «Secondo ottimi studi in fase sperimentale su modelli animali – assicura Noia – somministrando antiossidanti alla madre fra le 12 e le 21 settimane di gravidanza lentamente diminuisce significativamente il danno neurocognitivo del bambino». I risultati dello studio dovrebbero essere disponibili entro i prossimi 5 anni.

avvenire