Il Vaticano presenta i suoi codici

Tutto è documentato in un grande affresco nel Salone Sistino. L’anno è il 1587. Sisto V, al secolo Felice Peretti, visiona e firma il progetto della nuova sede della Biblioteca Vaticana consegnatogli dall’architetto ticinese Domenico Fontana.

Iniziata nel maggio dello stesso anno, a settembre del 1588 l’opera è conclusa e perfettamente inglobata nella grande ideazione bramantesca, che divide in tre livelli il Belvedere Vaticano. Nemmeno un anno e mezzo per una delle meraviglie artistiche di tutti i tempi. Stiamo parlando del cosiddetto Salone Sistino. Tuttora cuore della Biblioteca Vaticana. Un’istituzione che pone le sue radici in epoca costantiniana, con papa Silvestro I, e che nasce, nell’organizzazione attuale, nella prima metà del 1400 grazie a Niccolò V. Nei fatti la più antica esistente con queste dimensioni e con la sua caratteristica poliedricità. Su 50 chilometri di scaffali vi sono custoditi, infatti, qualcosa come 180 mila manoscritti su carta, su pergamena e su papiro, molti dei quali oltre a essere opere uniche sono autentiche gallerie d’arte miniate; 1,5 milioni di libri stampati; 10 mila opere grafiche; una sterminata collezione numismatica; numerose opere di pittura, di scultura, di ceramica. A questo monumento della conoscenza (poco noto al grande pubblico, perché escluso dai normali giri di visita) le case editrici Jaca Book e Lev hanno dedicato uno dei volumi della collana Monumenta Vaticana Selecta: La biblioteca apostolica vaticana (pagine 352, euro 130), che con i contributi di Paolo Vian, Alessandro Zuccari, Dalma Frascarelli, Antonio Manfredi, Ambrogio M. Piazzoni e Paolo Portoghesi, oltre a un imponente corredo fotografico, è capace di fornire un’immagine complessiva delle meraviglie che vi sono racchiuse. Sotto la guida dell’attuale prefetto, monsignor Cesare Pasini, dopo tre anni di ristrutturazione, riordinamento e ammodernamento tecnologico, la Biblioteca ha riaperto a studiosi e ricercatori. Per l’occasione è stato possibile visitare alcune delle sue sale monumentali, a cominciare dal Salone Sistino, e sono stati esposti alcuni dei suoi tesori originali, normalmente celati a chiunque, perché in molti casi sono disponibili per la consultazione diretta (oltre alle versioni elettroniche) dei facsimile identici in tutto, anche nell’utilizzo della pergamena o del papiro.

Dicevamo della grande Sala Sistina. Due navate suddivise da sei pilastri, lunghe 70 metri e larghe 15, le cui pareti sono interamente affrescate, comprese le volte. Uno degli affreschi è appunto quello citato al principio, che documenta l’atto iniziale di un’opera che risponde all’idea grandiosa di contenere l’intero scibile umano. A cominciare dalle decorazioni affidate a più pittori, fra i quali, caso unico per l’epoca, una donna, tale Isabella di Arcangelo di Iesi. Il tema è quello della scrittura, il cui punto più alto è rappresentato dalla Bibbia, il libro per eccellenza. Così sulla parete di sinistra sono le raffigurazioni delle grandi biblioteche dell’antichità. Nella parete di destra i grandi Concili Ecumenici (che proseguono anche nelle stanze attigue) dal primo Concilio di Nicea a quello di Trento. Sui pilastri sono raffigurati 26 personaggi definiti come i grandi inventori degli alfabeti, da Adamo a Cristo passando per Esdra, Pitagora, Evandro, Crisostomo. Nella parte alta si aprono, come finestre, alcune vedute, vere e proprie istantanee della Roma dell’epoca, capaci di documentare anche fasi successive della costruzione della nuova Basilica Vaticana. Presto questo coloratissimo ambiente tornerà alle sue originarie funzioni di biblioteca e di sala di consultazione. È stato infatti affidato all’architetto Paolo Portoghesi il progetto di risistemazione delle scaffalature laterali per 30 mila volumi e per la creazione di una trentina di postazioni di consultazione ipertecnologiche, capaci di interpretare una fusione perfetta di antico e moderno. Come ha precisato Antonio Manfredi nell’illustrare i segreti della Biblioteca, l’istituzione è in continua evoluzione, non solo perché ci sono nuove acquisizioni, ma anche perché, caso raro al mondo, possiede una squadra di filologi che catalogano scientificamente l’incredibile mole di documenti manoscritti presenti e per ora si è arrivati solo al 20% del totale. Fra le ultime acquisizioni (2005) il più antico dei manoscritti della Biblioteca. Si tratta dei papiri della collezione Bodmer databili fra il 180 e il 200 d.C. che contengono i Vangeli di Luca e Giovanni nell’originale greco. Manfredi lo ha mostrato in un perfetto facsimile, anch’esso in papiro. Come in facsimile abbiamo sfogliato, all’interno della stupenda Sala degli Scrittori (gli antichi amanuensi della biblioteca) la grande Bibbia miniata di Federico da Montefeltro, per la cui scrittura e decorazione sarebbe stato speso, all’epoca, quanto necessario alla costruzione di una cattedrale. Stupendo e modernissimo il trattato di Federico II sulla caccia e la falconeria. Poi la prima traduzione di Tucidide in latino firmata da Lorenzo Valla; un codice originale del nono secolo con alcuni frammenti (gli unici esistenti) delle Historiae di Sallustio; il fac simile del famoso Codice B, cioè una Bibbia fatta fare da Costantino a Eusebio di Cesarea; l’originale di una Bibbia gotica del 1200 in cui spicca, brillantissimo, il blu in lapislazzuli delle miniature. Nella stessa sala un’epigrafe voluta da Sisto IV avverte che a rubare o deturpare i libri lì contenuti si incorre in scomunica latae sententiae.

Roberto I. Zanini / avvenire.it