La guerra ferisce la coscienza credente…

di: Lorenzo Prezzi – settimananews.it

guerra ucraina

Dimetterlo, difenderlo, tornare al Vangelo: il dibattito intra-ortodosso sul patriarca di Mosca, Cirillo, e sulla sua censurabile esposizione a favore dell’aggressione di Putin all’Ucraina, mostra come il conflitto abbia profondamente ferito la coscienza credente.

Sono quasi 500 le firme al documento teologico contro l’ideologia del «mondo russo» (cf. SettimanaNewsqui). Le quattro voci registrate in questa nota vivono nell’Ortodossia dell’Occidente, ma preannunciano il futuro scontro interno alla Russia: Jean-François Colosimo, Bernard Le Caro, Georges Nivat, Kirill Hovorum.

Il 3 aprile, nello scenario della mastodontica chiesa delle forze armate russe inaugurata da poco, il patriarca torna a difendere la guerra all’Ucraina: «Sono molto contento di avere oggi l’occasione per celebrare la divina liturgia in questa bella chiesa, alla presenza dei nostri militari. La nostra patria sta attraversando un tempo difficile. Oggi la qualifica “militare” risuona di nuovo non solo in una nazione in pace, ma nel pieno di un campo di battaglia…(Celebro davanti) a tutti i difensori della patria, perché si rendano conto dell’importanza storica del momento presente. Voglio ripetere di nuovo: siamo un paese amante della pace, molto amante della pace, con cittadini longanimi che hanno sofferto le guerre come pochi altri paesi europei. Non abbiamo alcuna volontà di guerra o di nuocere agli altri. Ma siamo stati educati da tutta la nostra storia ad amare la patria, pronti a difenderla nel modo che i russi conoscono bene».

L’arbitro è Putin

Siamo davanti allo scandalo intollerabile – afferma J.F. Colosimo –: «è necessario che abbia fine la menzogna in cui Cirillo di Mosca ha trascinato la fede cristiana davanti al mondo. Bisogna porre termine all’impostura di vedere il primate e potentato russo predicare il conflitto, benedire la crociata, assolvere il crimine insozzando la croce della salvezza sul lenzuolo funebre dell’Ucraina. Deve terminare la vergogna che impietrisce gli ortodossi e la costernazione che colpisce cattolici e protestanti». «È nel diritto del trono di Costantinopoli, a cui compete l’esercizio della primazia (…), di riunire i responsabili delle Chiese locali, fortemente traumatizzate da Cirillo, per deporlo con un atto collegiale. Cioè, destituirlo, mettendo in atto una scomunica che lui stesso ha provocato» (Le Figaro, 23 marzo).

«Nella situazione attuale Putin capisce che tutto il suo entourage è sotto una forte pressione, che cerca di sfuggire alla catastrofe che si approssima, per questo lui sta cercando di individuare chi lo tradirà – scrive Kirill Hovorun, ex direttore del sito patriarcale Credo ed ex collaboratore di Cirillo –. L’élite attorno a lui reagisce in diversi modi: alcuni scappano, né più ne meno; altri, viceversa, gli dichiarano fedeltà sino alla fine. La dichiarazione del patriarca sembra voler dire a Putin: puoi contare su di me, non ti tradirò. La tua fine sarà la mia, io sono pronto».

E ricorda come l’idea del Russkij mir (il mondo russo) sia arrivata a Cirillo da alcuni politologi liberal che puntavano a recuperare le intelligenze russe disperse dopo il collasso dell’Urss. Cirillo l’ha dapprima trasformato in un pensiero pastorale per mantenere rapporti canonici con le Chiese dei paesi ex sovietici e poi in ideologia teologica a servizio dell’impero di Putin. Agli occhi di quest’ultimo «la Russia non era altro che un grosso distributore di gas. È stata la Chiesa che ha offerto a Putin una visione nuova, una nuova lingua per il progetto imperiale». «Arrivo a supporre che senza la Chiesa, senza l’ideologia del Russkij mir… questa guerra forse non ci sarebbe stata» (La Nuova Europa, 28 marzo).

Questione di persone o di fede?

Rispondendo con foga alle osservazioni di Colosimo, Bernard Le Caro afferma che lui non “fustigherà” Cirillo come richiesto da Colosimo. «È opportuno constatare che non è la prima volta che, nella storia della Chiesa, la gerarchia affronta una situazione difficile. Fra gli esempi recenti c’è la guerra russo-giapponese (130.000 morti) del 1905. All’epoca la Chiesa russa conosceva una florida missione in Giappone. Il suo capo era l’arcivescovo Nicola (Kassatkine, morto nel 1912), in seguito canonizzato. Se lui diede il permesso al clero giapponese per celebrare liturgie per la vittoria del proprio paese, lui, però, non vi partecipò. Non se la sentiva di mettersi contro ai fratelli che versavano il loro sangue, seppur per una causa discutibile» (Orthodoxie.com 3 aprile).

Del resto, perché Bartolomeo ha benedetto la guerra del governo turco contro i kurdi nel 2018? E perché in Occidente nessun cristiano si è strappato le vesti per gli attacchi alla Serbia, la guerra in Iraq e davanti alla migrazione forzata di 200.000 ciprioti in seguito all’intervento dell’esercito turco a Cipro? Invece di polemizzare è assai meglio pregare, come Cirillo ha chiesto ripetutamente.

A Le Caro risponde Georges Nivat (Parlons d’Orthodoxie, 4 aprile): il problema non è fustigare o meno Cirillo. «Si tratta piuttosto della fede cristiana nel suo stesso fondamento. Nel momento drammatico di questa guerra, condotta con freddezza contro un paese fratello e ortodosso, un gregge della Chiesa ortodossa, è bene tornare a ciò che è per noi l’insegnamento evangelico». Siamo tutti, come gli accusatori dell’adultera nel racconto evangelico (Gv 8,1-13), con le pietre in mano da scagliare contro gli altri. Ritorniamo in noi stessi!… Nei torrenti delle menzogne, riprendiamo semplicemente la preghiera di Cristo. Non argomentiamo troppo, aiutiamo piuttosto le vittime».

Per ora solo 300 preti russi hanno firmato una dichiarazione critica sulla guerra (su 40.000) e nessun vescovo nel territorio russo. Una recente inchiesta del Centro studi Levada sull’insieme della popolazione ha raccolto queste risposte: il 53% sostiene decisamente l’intervento militare, il 28% è abbastanza favorevole. Solo il 14% è contrario.

L’iniziativa. I teologi ortodossi: no al “mondo russo”

In 65 firmano il documento che boccia l’ideologia alla base del sostegno di Kirill al conflitto

I teologi ortodossi: no al “mondo russo”

Ansa

Russkii mir ovvero «il mondo russo». Secondo 65 teologi ortodossi, starebbe nell’ideologia retrostante a questa sigla, la radice del sostegno che il patriarca di Mosca Kirill darebbe da tempo al regime di Putin e anche la sua inaccettabile giustificazione della guerra in Ucraina, sulla base di motivazioni religioso-antropologiche. In cosa consista il Russkii mir, i teologi ortodossi – in gran parte residenti negli Stati Uniti e in altre nazioni occidentali e legati per lo più al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli – lo scrivono in un documento pubblicato sul sito “Public orthodoxy”, in cui si «condanna» e si «respinge» tale modo di pensare e lo si definisce «non conforme alla fede ortodossa».

Per gli estensori del testo, «il sostegno di molti esponenti del Patriarcato di Mosca alla guerra del presidente Putin contro l’Ucraina è radicato in una forma di fondamentalismo etnico-religioso di carattere totalitario», chiamato appunto Russkii mir. In altri termini «un falso insegnamento che sta attirando molte persone nella Chiesa ortodossa ed è stato anche ripreso dall’estrema destra e dai fondamentalisti cattolici e protestanti».

Gli stessi argomenti, prosegue il documento, furono usati per giustificare nel 2014 l’annessione della Crimea, per avviare «una guerra per procura nell’area del Donbas» e ora in Ucraina. Secondo l’insegnamento qualificato come «mondo russo», ricordano i teologi ortodossi, «esiste una sfera o civiltà russa transnazionale, chiamata Santa Russia o Santa Rus’, che include Russia, Ucraina e Bielorussia (e talvolta Moldova e Kazakistan), così come i russi etnici e le persone di lingua russa in tutto il mondo». Il Russkii mir ha dunque «un centro politico comune (Mosca), un centro spirituale comune (Kiev come la “madre di tutta la Rus”’), una lingua comune (il russo), una chiesa comune (la Chiesa ortodossa russa, Patriarcato di Mosca) e un patriarca comune (il patriarca di Mosca), che lavora in “sinfonia” con un presidente-leader nazionale comune (Putin) per governare questo mondo russo, oltre a sostenere una spiritualità, una moralità e una cultura distintive comuni».

Contro il «mondo russo» si erge, nella visione dei suoi promotori, «l’Occidente corrotto, guidato dagli Stati Uniti e dalle nazioni dell’Europa occidentale, che ha capitolato al “liberalismo”, alla “globalizzazione”, alla “cristianofobia”, ai “diritti omosessuali” promossi nelle sfilate gay e alla “laicità militante”». E naturalmente vi sono anche gli ortodossi caduti nello scisma e nell’errore, sostenuti dal patriarca ecumenico Bartolomeo. Per Russkii mir, invece, il Patriarcato di Mosca e Vladimir Putin, sono «i veri difensori dell’insegnamento ortodosso, da essi visto in termini di moralità tradizionale, secondo una comprensione rigorista e inflessibile della tradizione e venerazione della Santa Russia».

Perciò, i 65 estensori del documento denunciano questo distorto modo di pensare: «L’insegnamento del “mondo russo” sta devastando e dividendo la Chiesa». E concludono: «Così come la Russia ha invaso l’Ucraina, così anche il Patriarcato di Mosca del patriarca Kirill ha invaso la Chiesa ortodossa, ad esempio in Africa, provocando divisioni e conflitti» e facendo «vittime non solo nel corpo ma nell’anima, mettendo in pericolo la salvezza dei fedeli».

Avvenire

A Bari migliaia di pellegrini ortodossi: pieni i voli di linea e i charter patriarcali in partenza da Mosca

Borderline24 

Tutti i voli della Pobeda, la low cost della Aeroflot, e della Siberian Airlines, operativi da Mosca a Bari sono pienissimi questa settimana. Si aggiungono ai 4 voli charter di pellegrini organizzati da oligarchi russi e clero ortodosso che arriveranno a Bari la mattina del 20 maggio in occasione dei festeggiamenti a Bari per San Nicola secondo il calendario ortodosso. 

Bartolomeo al forum sulla schiavitù moderna. Colpa comune

Turchia

L’Osservatore Romano

(Giovanni Zavatta) «Non trascurare il povero e non lasciare che i suoi stracci laceri ti incitino al disprezzo, ma fa’ che ti commuovano piuttosto alla pietà per i tuoi simili. Perché anche lui è un uomo, una creatura di Dio, fatto di carne come te, e forse nella sua virtù spirituale rispecchia il Creatore più di te. La natura non l’ha reso indigente in questa vita, ma è la tirannia del suo prossimo che ha ridotto lui o i suoi genitori nell’indigenza, mentre la nostra mancanza di pietà e compassione ha mantenuto o addirittura aggravato la sua povertà».

Concilio Pan-ortodosso: Bartolomeo ringrazia Papa Francesco

Con un “cordiale grazie” a Papa Francesco che ieri all’Angelus ha ricordato e pregato con i fedeli presenti in piazza San Pietro per il “santo e grande Concilio della Chiesa ortodossa”, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, ha aperto questa mattina a Chania, nell’isola di Grecia, i lavori conciliari che entreranno nel vivo oggi, dopo la celebrazione ieri della Divina Liturgia nella festa ortodossa di Pentecoste. Prima di leggere la prolusione – riporta l’agenzia Sir – il Patriarca Bartolomeo ha ricordato quanti stanno supportando il Concilio e tra loro ha citato Papa Francesco.

Le Chiese assenti hanno ribadito le ragioni della mancata partecipazione
Nel prendere la parola, Bartolomeo ha ricordato ai presenti che “il mondo ci sta guardando” e questo – ha aggiunto – ci chiede “una responsabilità più grande”. Prima poi di dare lettura alla prolusione, Bartolomeo ha fatto riferimento alle assenza delle Chiese di Mosca, Bulgaria, Georgia e Antiochia. E ha dato lettura dei messaggi ricevuti dal Patriarca Giovanni X di Antiochia e dal Patriarca Kirill di Mosca in cui sono ribadite le ragioni della mancata partecipazione.

Ieri la solenne celebrazione della Pentecoste
I primati delle Chiese ortodosse hanno concelebrato ieri la grande Festa della Pentecoste nella Chiesa di Saint Menas in Heraklion, con una liturgia di 4 ore. A presiedere la liturgia, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, circondato dai Patriarchi Teodoro di Alessandria, Theophilos di Gerusalemme, Irinej di Serbia, Daniel di Romania; gli arcivescovi Chrysostomos di Cipro e Ieronymos di Atene e di tutta la Grecia, il metropolita Sawa di Varsavia e di tutta la Polonia e gli arcivescovi Anastasios di Albania e Rastislav di Cechia e Slovacchia. Alla liturgia erano presenti anche il Presidente della Repubblica di Grecia, Prokopis Pavlopoulos, membri del governo e autorità politiche locali.

Appello all’unità di Bartolomeo I
Rivolgendosi ai primati e a una folla di vescovi, clero e laici sia all’interno che all’esterno della Chiesa, il Patriarca ecumenico ha parlato dell’unità e della cattolicità della Chiesa. “Oggi è anche un giorno in cui gridiamo al Paraclito e lo imploriamo di venire e rimanere tra noi, di custodirci nella sua verità e santità, secondo la preghiera dolorosa del Signore nel giardino del Getsemani”. La preghiera di Gesù per l’unità è “la domanda primordiale dell’umanità in un mondo diviso”.

La via dell’unità esige sacrificio e molto lavoro
“Indipendentemente dalle nostre differenze – ha detto Bartolomeo – noi ortodossi dobbiamo sottolineare che l’unica via da intraprendere nel mondo è l’unità. Certamente, questa via esige un sacrificio vivente, molto lavoro e richiede dura lotta per non allontanarsi. È certo che questo Concilio contribuirà in questa direzione, stabilendo – attraverso la consultazione nello Spirito Santo, e il dialogo franco e costruttivo – un clima di fiducia e di comprensione reciproca”. “La nostra missione è l’unità della Chiesa ortodossa e dei suoi fedeli”, ha quindi ribadito il Patriarca.

Il mondo ha sete di un messaggio di verità, purezza e speranza
“Mettendo da parte i problemi causati dalla nostra diversa provenienza etnica, imploriamo il Paraclito perché scenda su tutti noi, così che illuminati da Colui che è luce e vita e fonte spirituale di saggezza, possiamo rivolgerci al mondo che ha sete di un messaggio di verità, purezza e speranza”. (R.P.)

radio vaticana

Fino al 26 giugno si svolge il Santo e grande concilio della Chiesa ortodossa, chiamato anche concilio panortodosso

L’apertura ufficiale sarà segnata da una concelebrazione panortodossa della divina liturgia eucaristica, nella cattedrale di San Minas a Heraklion, il giorno della Pentecoste, celebrata secondo il calendario ortodosso.

Previsto da oltre un secolo, preparato da più di 50 anni, si tratta di un evento storico non solo per la Chiesa ortodossa, ma anche per tutto il mondo cristiano, anche se ancora esiste qualche ‘resistenza’. Esistono attualmente 14 Chiese ortodosse di tradizione bizantina, caratterizzate dal fatto di riconoscere i sette concili ecumenici del primo millennio (come la Chiesa cattolica, ma contrariamente alle Chiese dette ‘ortodosse orientali’ di tradizione siriaca, copta o armena, che riconoscono solo i primi tre concili ecumenici e perciò sono chiamate ‘precalcedonesi’).

Però il rischio è che ne esca un sinodo ‘azzoppato’, in quanto anche il Patriarcato di Mosca, dopo la Chiesa bulgara, georgiana, serba ed il Patriarcato di Antiochia, hanno chiesto un rinvio, dichiarando che non parteciperanno a causa di alcuni punti del documento controversi, che contraddicono il regolamento. Nonostante le difficoltà è stato deciso di svolgere ugualmente il Sinodo panortodosso, secondo quanto affermato da un comunicato ‘tecnico’ del Patriarcato di Costantinopoli:

“In preparazione del Santo e Grande Concilio il Patriarca ecumenico Bartolomeo aveva convocato la Sinassi dei Primati delle Chiese ortodosse autocefale al centro del Patriarcato ecumenico, a Chambésy (Ginevra) dal 21 al 28 gennaio 2016. Come pure è prevista una piccola Sinassi dei Primati il 17 giugno”.

Ed alla vigilia dell’apertura il patriarca di Mosca e della Russia, Cirillo, ha scritto un messaggio in cui ha affermato la volontà di proseguire il cammino, lasciando aperto uno spiraglio di dialogo: “Credo che con la buona volontà l’incontro di Creta possa costituire un passo importante verso la risoluzione dei disaccordi esistenti. La Chiesa ortodossa russa può portare il suo contributo alla preparazione del Grande Santo Sinodo,che unirà tutte le Chiese ortodosse autocefale locali e sarà il riflesso dell’unità della santa Chiesa ortodossa di Cristo”.

Per aiutarci a comprendere il valore del concilio panortodosso abbiamo posto alcune domande a Mauro Castagnaro, che per la rivista ‘Missione Oggi’ ha curato un dossier come “segno di attenzione ecumenica verso le Chiese ortodosse, oggi sempre più presenti anche nel nostro paese, nonché uno strumento per aiutare le comunità cattoliche italiane ad accompagnare in modo affettuoso e solidale questo straordinario avvenimento, nella speranza di una sua felice riuscita. Come sempre con un occhio di riguardo alla dimensione missionaria, qui vissuta da un’altra tradizione cristiana, e a quanto si muove nel Sud del pianeta”.

Quale portata storica ha il Sinodo panortodosso?
“Quella di riunire i massimi rappresentanti dell’intera Ortodossia, una famiglia di Chiese che vanta una tradizione antichissima e comprende circa 260 milioni di cristiani, per la prima volta dopo quasi tredici secoli. Infatti, anche se nel secondo millennio ci sono stati Concili interortodossi per affrontare questioni comuni alle Chiese d’Oriente, per trovarne uno cui avessero partecipato tutte bisogna, infatti, riandare al VII Concilio ecumenico, svoltosi a Nicea nel 787, tre secoli prima dello scisma tra Roma e Costantinopoli”.

Perchè è stato convocato?
“Con questo Sinodo l’Ortodossia intende ‘testimoniare la sua unità, come pure la sua responsabilità e il suo amore verso il mondo contemporaneo’. L’appuntamento di Creta mi sembra inoltre risponda all’esigenza, comune alle tre ‘correnti’ storiche del cristianesimo, di rinnovarsi per essere credibili nell’epoca della globalizzazione. E’ quanto avviene col pontificato di Francesco per il cattolicesimo e col cinquecentesimo anniversario della Riforma per il protestantesimo”.

Quali problemi il Sinodo sarà chiamato a risolvere?
“Il Sinodo affronterà sia i rapporti tra le 14 Chiese patriarcali o autocefale (cioè quelle che possono liberamente eleggere il proprio Primate) sia le loro relazioni con la altre Chiese cristiane, oltre che le grandi sfide poste al Vangelo dalla società odierna.

Nello specifico i padri sinodali dovranno approvare sei documenti riguardanti il digiuno, gli impedimenti al matrimonio, l’autonomia di una Chiesa (la situazione in cui si autogoverna, ma elegge il proprio primate sotto gli auspici di una Chiesa autocefala), la diaspora, l’ecumenismo e la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo. Sono state invece rinviate a un prossimo Sinodo le questioni del calendario comune, dei dittici (l’ordine di precedenza delle Chiese) e delle procedure di proclamazione dell’autocefalia”.

Come guarda a questo Sinodo la Chiesa cattolica?
“Con simpatia e rispetto, auspicandone il buon esito. Simpatia perché è un evento straordinario che coinvolge Chiese sorelle; rispetto nel senso che c’è la chiara volontà di non ‘ingerenza’ negli affari interni di ciascuna di quelle Chiese né nelle tensioni che possono esistere tra i Patriarcati.

Anzi, specie in questo pontificato, Roma ha mostrato di augurarsene il superamento. La delegazione cattolica presente alle cerimonie di apertura e chiusura del Sinodo sarà di alto livello. Ed è significativo l’impegno di preghiera con cui la Chiesa cattolica accompagnerà l’assemblea, quasi a circondarla di un alone di fraternità, con iniziative come quella promossa a San Paolo fuori le Mura dal Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani in concomitanza col suo inizio e quelle che realizzeranno le comunità cattoliche di tutto il mondo nei giorni del Sinodo”.

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