Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale

Matrimonio alla Basilica di San Pietro: la Cappella del Coro

di: Papa Francesco
Un dono e un compito per la Chiesa. Si tratta degli «Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale», uno dei frutti dell’Anno speciale dedicato alla famiglia, a cinque anni dalla pubblicazione della esortazione Amoris laetitia, che ora il pontefice, come spiega, affida ai pastori, ai coniugi e a tutti coloro che lavorano nella pastorale familiare, come strumento che risponde alla necessità di un «nuovo catecumenato» in preparazione al matrimonio. Riprendiamo di seguito la Prefazione del papa (qui il testo integrale degli Itinerari).

Settimana News

«L’annuncio cristiano che riguarda la famiglia è davvero una buona notizia» (Amoris laetitia, 1). Questa affermazione della relatio finalis del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia meritava di aprire l’Esortazione Apostolica Amoris laetitia. Perché la Chiesa, in ogni epoca, è chiamata ad annunciare nuovamente, soprattutto ai giovani, la bellezza e l’abbondanza di grazia che sono racchiuse nel sacramento del matrimonio e nella vita familiare che da esso scaturisce.

A cinque anni dalla sua pubblicazione, l’Anno «Famiglia Amoris laetitia» ha inteso rimettere al centro la famiglia, invitare a riflettere sui temi dell’Esortazione apostolica e animare tutta la Chiesa nell’impegno gioioso di evangelizzazione per le famiglie e con le famiglie. Uno dei frutti di questo Anno speciale sono gli «Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale», che ora ho il piacere di affidare ai pastori, ai coniugi e a tutti coloro che lavorano nella pastorale familiare.

Nuovo catecumenato
Si tratta di uno strumento pastorale preparato dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita dando seguito a un’indicazione che ho espresso ripetutamente, cioè «la necessità di un “nuovo catecumenato” in preparazione al matrimonio»; infatti, «è urgente attuare concretamente quanto già proposto in Familiaris consortio (n. 66), che cioè, come per il Battesimo degli adulti il catecumenato è parte del processo sacramentale, così anche la preparazione al matrimonio diventi parte integrante di tutta la procedura sacramentale del matrimonio, come antidoto che impedisca il moltiplicarsi di celebrazioni matrimoniali nulle o inconsistenti» (Discorso alla Rota Romana, 21 gennaio 2017).

Emergeva qui senza mezzi termini la seria preoccupazione per il fatto che, con una preparazione troppo superficiale, le coppie vanno incontro al rischio reale di celebrare un matrimonio nullo o con basi così deboli da «sfaldarsi» in poco tempo e non saper resistere nemmeno alle prime inevitabili crisi. Questi fallimenti portano con sé grandi sofferenze e lasciano ferite profonde nelle persone. Esse restano disilluse, amareggiate e, nei casi più dolorosi, finiscono persino per non credere più nella vocazione all’amore, inscritta da Dio stesso nel cuore dell’essere umano.

C’è dunque anzitutto un dovere di accompagnare con senso di responsabilità quanti manifestano l’intenzione di unirsi in matrimonio, affinché siano preservati dai traumi delle separazioni e non perdano mai fiducia nell’amore. Ma c’è anche un sentimento di giustizia che dovrebbe animarci. La Chiesa è madre, e una madre non fa preferenze fra i figli. Non li tratta con disparità, dedica a tutti le stesse cure, le stesse attenzioni, lo stesso tempo.

Dovere di giustizia
Dedicare tempo è segno di amore: se non dedichiamo tempo a una persona è segno che non le vogliamo bene. Questo mi viene in mente tante volte quando penso che la Chiesa dedica molto tempo, alcuni anni, alla preparazione dei candidati al sacerdozio o alla vita religiosa, ma dedica poco tempo, solo alcune settimane, a coloro che si preparano al matrimonio. Come i sacerdoti e i consacrati, anche i coniugi sono figli della madre Chiesa, e una così grande differenza di trattamento non è giusta.

Le coppie di sposi costituiscono la grande maggioranza dei fedeli, e spesso sono colonne portanti nelle parrocchie, nei gruppi di volontariato, nelle associazioni, nei movimenti. Sono veri e propri «custodi della vita», non solo perché generano i figli, li educano e li accompagnano nella crescita, ma anche perché si prendono cura degli anziani in famiglia, si dedicano al servizio delle persone con disabilità e spesso a molte situazioni di povertà con cui vengono a contatto.

Dalle famiglie nascono le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata; e sono le famiglie che costituiscono il tessuto della società e ne «rammendano gli strappi» con la pazienza e i sacrifici quotidiani. È dunque un dovere di giustizia per la Chiesa madre dedicare tempo ed energie alla preparazione di coloro che il Signore chiama a una missione così grande come quella famigliare.

Perciò, per dare concretezza a questa urgente necessità, «ho raccomandato di attuare un vero catecumenato dei futuri nubendi, che includa tutte le tappe del cammino sacramentale: i tempi della preparazione al matrimonio, della sua celebrazione e degli anni immediatamente successivi» (Discorso ai partecipanti al corso sul processo matrimoniale, 25 febbraio 2017).

È quello che si propone di fare il Documento che qui presento e di cui sono grato. Esso si articola secondo le tre fasi: la preparazione al matrimonio (remota, prossima e immediata); la celebrazione delle nozze; l’accompagnamento dei primi anni di vita coniugale.

Un dono e un compito
Come vedrete, si tratta di percorrere un importante tratto di strada insieme alle coppie nel cammino della loro vita, anche dopo le nozze, soprattutto quando potranno attraversare crisi e momenti di scoraggiamento. Così cercheremo di essere fedeli alla Chiesa, che è madre, maestra e compagna di viaggio, sempre al nostro fianco.

È mio vivo desiderio che a questo primo Documento ne segua quanto prima un altro, nel quale vengano indicati concrete modalità pastorali e possibili itinerari di accompagnamento specificamente dedicati a quelle coppie che hanno sperimentato il fallimento del loro matrimonio 10 e che vivono in una nuova unione o sono risposate civilmente. La Chiesa, infatti, vuole essere vicina a queste coppie e percorrere anche con loro la via caritatis (cf. Amoris laetitia, 306), così che non si sentano abbandonate e possano trovare nelle comunità luoghi accessibili e fraterni di accoglienza, di aiuto al discernimento e di partecipazione.

Questo primo Documento che viene ora offerto è un dono ed è un compito. Un dono, perché mette a disposizione di tutti un materiale abbondante e stimolante, frutto di riflessione e di esperienze pastorali già messe in atto in varie diocesi/eparchie del mondo.

Ed è anche un compito, perché non si tratta di «formule magiche» che funzionino automaticamente. È un vestito che va «cucito su misura» per le persone che lo indosseranno. Si tratta, infatti, di orientamenti che chiedono di essere recepiti, adattati e messi in pratica nelle concrete situazioni sociali, culturali ed ecclesiali nelle quali ogni Chiesa particolare si trova a vivere.

Rinnovamento pastorale
Faccio appello, perciò, alla docilità, allo zelo e alla creatività dei pastori della Chiesa e dei loro collaboratori, per rendere più efficace questa vitale e irrinunciabile opera di formazione, di annuncio e di accompagnamento delle famiglie, che lo Spirito Santo ci chiede di realizzare in questo momento. «Non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi» (At 20,20).

Invito tutti coloro che lavorano nella pastorale famigliare a fare proprie queste parole dell’apostolo Paolo e a non scoraggiarsi di fronte a un compito che può sembrare difficile, impegnativo o addirittura al di sopra delle proprie possibilità.

Coraggio! Cominciamo a fare i primi passi! Diamo inizio a processi di rinnovamento pastorale! Mettiamo la mente e il cuore a servizio delle future famiglie, e vi assicuro che il Signore ci sosterrà, ci darà sapienza e forza, farà crescere in tutti noi l’entusiasmo e soprattutto ci farà sperimentare la «dolce e confortante gioia di evangelizzare» (Evangelii gaudium, 9), mentre annunciamo alle nuove generazioni il Vangelo della famiglia. 

«La sfida è quella di abitare le tensioni in modo fruttuoso, perché questo è il vero dono del Vangelo ed è centrale per il modo di procedere della Chiesa»

di: Michael J. O’Loughlin

vescovi

Non capita spesso che alcune decine di vescovi cattolici statunitensi si riuniscano in un unico luogo, al di fuori degli incontri regolari della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti. Ma la settimana scorsa, a Chicago, vescovi provenienti da tutti gli Stati Uniti e alcuni da altre parti del mondo si sono impegnati in un dialogo con teologi, studiosi e giornalisti sullo stato della Chiesa.

«Difficile da descrivere»

L’incontro ha cercato di mettere a tema in che modo i cattolici potrebbero sfuggire alla polarizzazione politica attuale e come potrebbero contribuire alla crescita di una migliore convivenza civile e a un discorso pubblico più rispettoso e benevolo.

La conferenza ha suscitato una certa curiosità sui social media. Anzitutto, per la messa celebrata nella Cattedrale del Santo Nome di Chicago in risposta all’appello di papa Francesco a pregare per la pace in Ucraina. La messa, presieduta dal card. Blase Cupich, è stata concelebrata da decine di vescovi, compreso l’arcivescovo Christophe Pierre, nunzio apostolico negli Stati Uniti, che ha guidato l’assemblea nella lettura della preghiera per la pace del papa.

Ma, come ha notato Michael Sean Winters al National Catholic Reporter, la conferenza in sé resta «difficile da descrivere», poiché si è tenuta sotto «la Chatham House Rule, una regola di confidenza tra i partecipanti i quali hanno concordato di poter parlare in seguito dei contenuti delle discussioni, ma di non rivelare il nome di chi aveva fatto un particolare commento».

Come partecipante alla conferenza (ho moderato un panel sul panorama dei media cattolici in rapida evoluzione), alcuni elementi mi hanno colpito.

In primo luogo, sembrava esserci tra i vescovi la volontà di ascoltare i loro collaboratori laici. Due delle relazioni principali sono state affidate a teologi laici – Massimo Faggioli della Villanova University e Therese Lysaught della Loyola University di Chicago – e i panel erano composti da esperti laici in teologia, media ed economia.

Cardinali e vescovi hanno posto domande e fatto osservazioni, ma la maggior parte dei contributi sono venuti da laici (per questo mi domando se la Chatham House Rule fosse necessaria. Come giornalista direi probabilmente di no, dato che la trasparenza è un bene e il messaggio della conferenza era di speranza. Ma forse la promessa di anonimato ha reso più facile per i vescovi accettare di partecipare).

La professoressa Lysaught, la cui relazione verteva sulle guerre culturali e politiche e le divisioni nella Chiesa, si è detta colpita dallo spirito di collaborazione che si è respirato. «È la prima volta nei miei 30 anni di carriera come teologa cattolica che sono stata invitata a trascorrere due giorni incontrando, mangiando, ascoltando e discutendo della Chiesa, della teologia e delle realtà pastorali con i vescovi», mi ha detto in una e-mail dopo la conferenza. «Sono rimasta colpita da quanto attentamente hanno ascoltato, dall’onestà dei loro commenti, e nel vederli impegnati in un dibattito così serio tra loro e con gli altri partecipanti alla riunione».

Si è detta speranzosa che le discussioni abbiano mostrato ai vescovi a quale serbatoio di sostegno da parte dei laici cattolici essi possano attingere nello svolgere il loro compito per il meglio: «Spero che [i vescovi] se ne siano andati con la sensazione di essere sostenuti, che c’è speranza per la Chiesa negli Stati Uniti, che c’è un gruppo numeroso di studiosi e laici che li sostengono e che costruire relazioni e impegnarsi in un confronto tra loro e con questi studiosi e laici non farà che rafforzare la loro capacità di guidare la Chiesa, e persino renderla più facile».

In secondo luogo, i partecipanti hanno riconosciuto che le minacce all’attuazione del Concilio Vaticano II vanno prese più seriamente e che l’enfasi di papa Francesco sulla sinodalità potrebbe essere il modo per contrastare gli attacchi.

Secondo Mark Massa, gesuita, responsabile del «Boisi Center for Religion and American Public Life» al Boston College – istituzione che ha ospitato l’incontro insieme all’Hank Center for the Catholic Intellectual Heritage della Loyola University di Chicago e al Center on Religion and Culture della Fordham University – comprendere la resistenza alle riforme conciliari consente di spiegare perché alcuni cattolici si oppongano a papa Francesco.

«Vogliamo mostrare che l’opposizione a papa Francesco, non universalmente ma in larga misura, è opposizione al Vaticano II», ha detto padre Massa a «The Torch», un giornale studentesco del Boston College. «Francesco sta cercando di incassare l’assegno staccato dal Vaticano II: la sinodalità è la questione fondamentale».

In terzo luogo, la parte forse più fruttuosa dell’evento sono state le interazioni durante i pasti, le pause caffè e i brevi incontri in ascensore, rese possibili dal fatto che l’evento è stato tenuto interamente in presenza.

«La nostra tradizione cattolica pone un’enfasi unica sul valore della relazione e del dialogo faccia a faccia», mi ha scritto Mike Murphy, responsabile dell’Hank Center, in una email. «Dopo due anni difficili, di comunità amputata, capisco il perché. (…) È stato utile preparare la conferenza su Zoom. Ma niente può sostituire la forza della presenza personale. Tanti hanno segnalato come la vicinanza e la prossimità facciano la differenza».

Alcuni vescovi hanno parlato sinceramente delle sfide della ripresa post pandemia, e di come le routines sono state sconvolte e molte persone non stanno tornando nelle parrocchie. Altri hanno spiegato che il panorama dei media cattolici può risultare frustrante, specialmente quando i media si descrivono come cattolici ma sembrano intenti a minare il papa o ad attaccare altri credenti. Questi media raggiungono il gregge dei vescovi, proponendo un flusso costante di rabbia e di pettegolezzi che i leader della Chiesa non sembrano in grado di controllare.

Gli organizzatori sperano che l’evento diventi un’opportunità regolare per i vescovi di incontrarsi tra loro e con esperti laici per discutere delle sfide che la Chiesa deve affrontare.

«È un incontro iniziale, ma speriamo che diventi un evento annuale, o semestrale, per offrire un forum dove vescovi e teologi possano parlare francamente, gli uni con gli altri, di cose importanti che vengono normalmente ignorate dalla stampa», ha detto padre Massa.

Ci sono stati sforzi simili in passato. La conferenza di Chicago ricorda un incontro tenutosi al Boston College nel 2017, dove vescovi e teologi si sono impegnati in un dialogo sull’attuazione di «Amoris Laetitia», l’enciclica del 2015 sulla vita familiare. E nei college e nelle università cattoliche di tutto il paese si tengono regolarmente incontri sulle sfide che la Chiesa deve affrontare. L’effetto di questi incontri non è quantificabile. Ma il fatto che ci siano, specialmente in un’epoca di iperpartitismo e polarizzazione, è un segno di speranza e di possibilità.

«In un contesto di radicale polarizzazione, la Chiesa si trova in una posizione unica per offrire rimedi pratici», mi ha scritto ancora Mike Murphy. «Perché ha conosciuto e vissuto dentro simili tensioni per tutta la sua storia. In modo imperfetto, ma autentico, con robusti periodi di luce, speranza e nutrimento».

E concludendo mi scriveva: «La sfida è quella di abitare le tensioni in modo fruttuoso, perché questo è il vero dono del Vangelo ed è centrale per il modo di procedere della Chiesa».

  • Pubblicato sulla rivista dei gesuiti degli USA, America, il 29 marzo 2022.
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