Chi odia vede le cose sempre e soltanto dal suo punto di vista, la sua narrazione è unilaterale

Davanti a uno scenario drammatico, fatto di guerra cruenta, di mamme che uccidono i figli e di figli che uccidono i genitori, uomini che uccidono le donne e che talvolta si tolgono la vita, ci interroghiamo su diversi aspetti. Uno in particolare mi sembra ricorrente nelle domande della gente: come si può arrivare a odiare in modo così efferato? Come l’amore, anche l’odio ha diverse sfumature e gradualità e, proprio come l’amore, dice che una relazione c’è, ma non funziona più: l’altro non è più oggetto di cura, ma è oggetto di un sentimento che mira alla distruzione dell’altro. L’odio è infatti un’avversione portata al punto da volere il male di un’altra persona. A differenza dell’ira, che con il tempo può anche scemare, l’odio rimane tale fino a quando non ha raggiunto il suo obiettivo: l’eliminazione dell’avversario!

L’odio, infatti, non si concentra su un particolare, non nasce da un aspetto che infastidisce, ma è sempre caratterizzato da un’avversione generalizzata. All’origine ci sono certamente altre emozioni che portano a sviluppare l’odio: all’inizio ci può essere per esempio l’invidia o la paura della minaccia o un bisogno, sentito importante, e che l’altra persona non ha soddisfatto. Chi odia vede le cose sempre e soltanto dal suo punto di vista, la sua narrazione è unilaterale e quindi distorta. Purtroppo, chi odia, sperimenta anche una sorta di piacere. Proprio per questo l’odio non si spegne facilmente. Chi odia gode al pensiero della distruzione dell’altro, anzi può arrivare a fare dell’odio una ragione di vita. In realtà l’odio corrode dall’interno chi lo prova. In genere coloro che sono portati a odiare, hanno una bassa autostima.

Chi odia è di solito un narcisista che ha una concezione grandiosa di sé e proprio per questo teme che qualcuno possa metterla in discussione. Sapendo di non poter obbligare l’altro ad amare, si esercita il potere su di lui trasformandolo in oggetto dell’odio. È evidente quindi che l’odio è strettamente legato al potere, di cui è una manifestazione distorta. Capiamo bene quindi che una volta arrivati a odiare o una volta che siamo oggetto dell’odio è molto difficile tornare indietro. Bisogna necessariamente pensarci prima.

Famiglia Cristiana

Occorre lasciarsi toccare dalla Parola di Dio in prima persona ed è importante studiare la Bibbia

Mi capita sempre con più frequenza di sentire persone che decidono di non andare più a Messa perché non sono contente delle omelie del proprio parroco. Generalmente la gente si lamenta perché le prediche che non si capiscono, magari sono lunghe senza lasciare però alcun messaggio. Devo anche ammettere d’altra parte che conosco diversi sacerdoti che cercano seriamente di prepararsi e avvertono la responsabilità di questo aspetto del loro ministero. Oggi i fedeli sono particolarmente esigenti, forse perché abituati a una comunicazione mediatica, che non è certamente riproducibile nel contesto liturgico. Anzi, non credo che quei presbiteri che cercano di stupire con effetti speciali siano sulla buona strada.

La domanda della gente è legittima, perché l’omelia è per molti di loro l’unico momento in cui possono ascoltare un commento alla Parola di Dio e ricevere un insegnamento per la loro vita. Bisogna anche dire però che fare un’omelia non è facile: si tratta di un evento comunicativo molto complesso. In un lasso di tempo breve, bisogna catturare l’attenzione dell’assemblea, esponendosi al giudizio e alla critica, cercando di dire in tempi ragionevoli qualcosa di interessante. Mi sentirei di dire allora che i fedeli possono aiutare il sacerdote, offrendo un riscontro sincero, ma incoraggiante e non distruttivo. Il presbitero sa che un’omelia è sempre il frutto innanzitutto della sua preghiera e del suo studio: occorre lasciarsi toccare dalla Parola di Dio in prima persona ed è importante studiare, nella misura del possibile, i testi biblici.

Papa Francesco dice che il predicatore deve lasciarsi “ferire” dalla Parola. L’omelia è un discorso, per quanto molto particolare, e pertanto ha bisogno anche di una costruzione logica e chiara. A volte le omelie sono fatte purtroppo di pensieri affastellati alla rinfusa, per questo lasciano spesso la sensazione della confusione e della frustrazione. Può essere anche utile avere chiaro un messaggio su cui ci si vuole concentrare, accompagnandolo con qualche immagine o esempio. Ad ogni modo non ci si deve scoraggiare: per quanto molte volte la capacità di predicare sia anche legata alla personalità del predicatore, si può sicuramente sempre migliorare.
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