MATTEO E CARLO i due ego-leader costretti alle nozze

Una storia di stima, ma anche di stilettate. Fino alla coabitazione da molti prevista

Per anni si sono cercati e respinti, si sono ‘annusati’ e poi aggiornati a tempi migliori. Per molti, però, il loro destino era segnato: Renzi e Calenda dovevano finire assieme. Loro a lungo hanno rifiutato l’idea, cullandosi nei rispettivi ego che, refrattari come sono alle rigide regole di un partito ‘vecchio stampo’ come il Pd (che all’inizio li ha accettati prima di chiudere il rapporto a suon di male parole e stoviglie rotte), li ha portati a creare delle strutture partitiche personali, forse l’unico contenitore capace di veicolare idee che faticano evidentemente a trovare condivisione nel Paese. Così simili (per alcuni anche nel loro narcisismo e nella ricerca della ribalta mediatica, e per questo ha spiazzato ieri l’annuncio fatto senza telecamere, forse per far sbiadire il ricordo della conferenza stampa di Calenda con Letta) e così predestinati a una carriera da leader, era inevitabile che le loro strade si incrociassero, anche perché pescano nel medesimo elettorato, quello moderato e liberale che reclama modi decisi, idee innovative e riforme rimaste troppo a lungo nel cassetto. Matteo Renzi ha spesso rivendicato il merito di avere, se non scoperto, quanto meno lanciato nell’agone politico il volitivo e perentorio ‘rivaleamico’ Carlo Calenda, dapprima, con una mossa delle sue che spiazzò i diplomatici di professione («Visto che vi lamentate, vi mando uno più rissoso di me e bravissimo sui dossier: Calenda», disse loro) come rappresentante dell’Italia alla Ue e poi come ministro dello Sviluppo. Nacque in quei giorni «un certo rapporto umano», come lo definì l’allora premier. Quell’incarico procurò a Calenda simpatie anche sul fronte progressista, proprio per il suo carattere irruente, come quando si permise di definire «gentaglia», rifiutando d’incontrarli, i rappresentanti brasiliani della Embraco che volevano licenziare senza troppi impicci i dipendenti italiani. Tempi lontani, a giudicare da parole e toni usati dopo il brutale strappo di domenica scorsa, quando l’ex pupillo di Luca di Montezemolo ha annunciato il dietrofront rispetto al patto da lui stesso siglato col Pd 5 giorni prima.

Fra i due leader c’è sempre stata una stima reciproca di fondo, pur non essendo mancati i momenti, anche aspri, di confronto/ scontro, alternati ad abbracci e carezze. Come quando lo scorso febbraio, nei giorni dopo la rielezione del presidente Mattarella al Quirinale, Calenda disse: «Gli ho voluto bene a Renzi, è nato facendo il rottamatore, è finito che è diventato una versione modernizzata di Mastella», salvo poi urlare dal palco del congresso di Azione, appena 15 giorni dopo: «Renzi è stato il miglior presidente del Consiglio dopo De Gasperi!», frase che – a dire il vero – ha ripetuto spesso in questi anni. Sui social, regno incontrastato di ‘Callende’, com’è chiamato in una versione ironica, impazzano i video delle loro schermaglie. Ieri ne è subito stato rilanciato, anche dall’account di Forza Italia, uno del novembre 2021: «Non mi alleo con Renzi, l’ho detto 6 milioni di volte», diceva a La7 il segretario di Azione. A chi glielo chiedeva, Calenda ha sempre spiegato che era una la ragione che frenava la ‘grande intesa’: «In Occidente non esiste un caso di un parlamentare che prenda soldi da uno Stato straniero, per di più totalitario (l’Arabia Saudita, ndr).

A Renzi gliel’ho detto che deve finirla».

Ora, alla luce delle scadenze elettorali, anche questa remora è stata superata, si vedrà se più per convinzione o per interesse. «La realtà è che con Calenda abbiamo sempre discusso con affetto – disse Renzi nel lontano 2018 per spiegare il rapporto -, solo che lui adesso ha scoperto Twitter». Mezzo di cui, in effetti, l’ex ministro è diventato un mattatore, spesso senza peli sulla lingua nel ribattere a chi lo attacca. E ancora, in un’altra occasione: «Carlo non è cattivo, quando è tranquillo è un piacere parlarci, solo che a volte si lancia in previsioni da mago Otelma…». Insieme, hanno come obiettivo minimo quello di arrivare all’8%. Al di sotto, sarebbe un flop per quello che è stato già definito anche il ‘Terzo pollo’, a sottolineare l’attitudine polemica dei due. Quel che è certo, se l’intesa fra loro reggerà, è che ne vedremo delle belle. E già nessuno ‘sta sereno’.

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Ha spiazzato l’annuncio lontano dalle telecamere per due politici sempre sulla ribalta mediatica Un rapporto nato a Palazzo Chigi e che non lascia ‘sereno’ nessuno. Obiettivo minimo: l’8%

 

Verso il voto. Calenda strappa col Pd. Letta: così aiuta la destra

A pochi giorni dal patto firmato, il leader di Azione ha fatto retromarcia. Il movito: gli accordi che Letta ha stretto sia con Sinistra Italiana e Verdi sia con Luigi Di Maio e Bruno Tabacci

Calenda strappa col Pd. Letta: così aiuta la destra

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Carlo Calenda rompe l’intesa con Enrico Letta e scatena l’ira dei dem. Il fronte progressista messo pazientemente insieme dal segretario Pd per sfidare FdI, Lega e Fi ha perso un pezzo, quello di centro, che era stato il più corteggiato, il più difficile da convincere. A pochi giorni dal patto firmato, il leader di Azione ha fatto retromarcia.

“È una delle decisioni più sofferte – ha detto – ma non intendo andare avanti con questa alleanza” ha detto Calenda. A fargli cambiare idea, ha spiegato, è stata l’aggiunta dei “pezzi stonati”, cioè gli accordi che Letta ha stretto sia con Sinistra Italiana e Verdi sia con Luigi Di Maio e Bruno Tabacci.

Una giustificazione che ha fatto infuriare il Pd: “Onore è rispettare la parola data. Il resto è populismo d’élite”. Perché – ricordano i dem – quando è stato siglato quell’accordo con Azione, era inteso che ci sarebbero stati patti anche con le altre forze.

Per Calenda, però, la coalizione del Pd “è fatta per perdere. C’era l’opportunità di farne una per vincere. La scelta è stata del Pd, sono deluso”. La risposta di Letta è stata lapidaria: “Da tutto quel che ha detto, mi pare che l’unico alleato possibile per Calenda sia Calenda. Se lo accetta. Noi andiamo avanti nell’interesse dell’Italia”.

L’annuncio di Calenda è arrivato domenica in tv, a In Mezz’Ora, dopo ore di un insolito silenzio social, che ha lasciato in sospeso i potenziali alleati, reduci dagli accordi firmati il giorno precedente. Letta ha lavorato per mesi a un fronte che fosse il più largo possibile, con l’obiettivo di giocare la difficile partita del 25 settembre, di contrastare un centrodestra dato come favorito nei sondaggi e che si presenterà unito, con una legge elettorale che premia le alleanze.

Il nuovo quadro delle coalizioni

Il quadro delle coalizioni al centro e a sinistra è stato stravolto. Di nuovo e in poche ore. Calenda correrà da solo, a meno che non trovi un’intesa con Matteo Renzi, al lavoro sul Terzo Polo con le liste civiche dell’ex sindaco di ParmaFederico Pizzarotti. Il Pd andrà avanti con Verdi-Si e Impegno civico di Di Maio e Tabacci. Anche con Più Europa,che è federata con Azione ma conferma l’accordo con il Pd.

“C’è grande sorpresa per la decisione unilaterale presa da Calenda – ha detto il deputato e presidente di +Europa, Riccardo Magi – Noi continuiamo a dare una valutazione positiva al patto col Pd”. Nonostante le spinte di Sinistra italiana, sembra escluso un ritorno di fiamma fra Pd e M5s. “È stato Conte a far cadere il governo Draghi – ha detto Letta – È stata un’enorme responsabilità e per noi, questo è un fatto conclusivo”. Anche il presidente Cinque stelle sembra aver chiuso la porta: “A Enrico rivolgo un consiglio non richiesto: offri pure i collegiche si sono liberati a Di Maio, Tabacci e agli altri alleati.Questo disastro politico mi sembra lontano anni luce dal progetto riformistico realizzato durante il Conte II”. Letta su Calenda: “Che promesse può fare agli italiani se sanno che già con gli alleatiha rotto la parola data? Con questa legge elettorale gli italiani dovranno scegliere se essere governati da Meloni, dalle destre o da noi, questa scelta è netta e Calenda ha deciso di aiutare la destra, facendo quello che ha fatto”.

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