Il video. Marco, ragazzo Down: «Io vittima dei bulli, ora vi spiego come reagire»

Marco, ragazzo Down: «Io vittima dei bulli, ora vi spiego come reagire»

Ci è passato anche lui, ma non aveva avuto il coraggio di parlare. “Ora basta al bullismo. Mando in rete questo messaggio perché vorrei raggiungere più persone possibili, tutti possono imparare a reagire e a difendersi contro il bullismo”. Lo ha spiegato in un video pubblicato su Facebook Marco Baruffaldi, 22enne di Castelfranco Emilia, nel Modenese, con sindrome di Down.

Il ragazzo era già diventato una star del web per aver cantato il suo manifesto rap “Siamo diversi tra noi“, un inno potentissimo contro il bullismo, che aveva raccolto migliaia di visualizzazioni, con tanto di cd prodotto e venduto nelle edicole locali per raccogliere fondi a favore della disabilità.

A raccontare la sua storia, e il recente nuovo appello è stata l’edizione locale del Resto del Carlino.

“Fin da piccolo – spiega Marco nel video su Facebook – a scuola sono stato maltrattato brutalmente. Un ragazzino mi picchiava continuamente, mi minacciava. E ho subito di peggio da un insegnante di sostegno: mi prendeva a sberle, mi pestava i piedi, mi insultava. Mi seguiva con l’auto per minacciarmi, perché non voleva che lo dicessi ai miei genitori. E io non ho mai detto niente”.

Il video si chiude con Marco che decide di lasciare i propri contatti affinché altri coetanei, vittime di bullismo lo possano chiamare per avere il suo sostegno: “Spero così di poter salvare qualcun altro, un bambino o un ragazzo vittima di bullismo e violenza. Mi rivolgo a loro: non arrendetevi mai, parlate con i vostri genitori e professori, non fate il loro gioco. Ancora oggi sono pentito di non avere parlato con i miei quando è successo a me: era quello che avrei voluto e dovuto fare, ma la paura mi aveva bloccato”.

avvenire

CRONACA Bambino di 8 anni si impicca dopo aver subito bullismo, i genitori denunciano la scuola

Si è impiccato a soli 8 anni dopo 2 giorni da una violenza subita dai bulletti della sua scuola e per farlo ha scelto il luogo in cui si sentiva più sicuro al mondo: la cameretta della sua casa nel Cincinnati. Nel gennaio del 2017 Gabriel Taye si è tolto la vita legandosi al collo una corda, probabilmente poiché non riusciva più ad entrare nel suo istituto scolastico con serenità; per questo i genitori, a 7 mesi dal suicidio, hanno deciso di fare causa al dipartimento per la scuola pubblica locale, rea di non averli avvertiti di quanto il loro figlio aveva subito nel posto in cui avrebbe solo dovuto studiare e giocare con gli amichetti.

La famiglia Taye, infatti, ha criticato con fermezza la scuola frequentata da Gabriel – la Carson – per non essere stata informata della violenza. In un video diffuso pubblicamente qualche mese dopo la tragedia si vede il bambino di 8 anni venir picchiato e cadere a terra privo di sensi nel bagno dell’istituto scolastico. Solo dopo circa 7 minuti un adulto – forse un maestro – si accorge di lui e lo aiuta.

Subito dopo, il ragazzino è stato portato in infermeria. Una volta terminato l’orario delle lezioni e tornato a casa, la mamma ha voluto portare il figlio in ospedale, in quanto lui aveva una persistente sensazione di nausea. Da qui in poi, però, le versioni di famiglia e scuola divergono.

Secondo quanto riportato dall’avvocato della donna, alla scuola elementare Carson le avrebbero detto semplicemente che il figlio aveva perso i sensi, senza fare alcun riferimento alla violenza occorsa in bagno. La scuola, invece, sostiene di aver chiamato Cornelia subito il fatto e di averle consigliato di portare Gabriel a una visita medica.

Gabriel non è andato a lezione il giorno successivo, tornando quello ancora seguente. Ma il pomeriggio ha deciso di impiccarsi nella sua camera da letto.

Il dipartimento per la scuola pubblica di Cincinnati ha fatto sapere di essere a conoscenza della denuncia dei genitori del piccolo, ma di non voler commentare l’azione legale in atto. “Il nostro cuore è spezzato dalla perdita di questo ragazzo e i nostri pensieri vanno ai suoi genitori. Gabriel era eccezionale e si tratta di una grossa perdita per la sua famiglia e la nostra scuola” avevano fatto sapere dall’istituto elementare Carson non appena saputo del suicidio.

huffingtonpost.it

Società / BULLISMO La deriva della Rete

In un articolo scritto per il New York Timesnel 2011, Jonathan Franzen, parlando del nostro rapporto con la tecnologia disse all’incirca che è un «prolungamento di noi stessi», ma esclusivamente del lato positivo. Parafrasando la sua lunga è approfondita riflessione, quando includiamo nuovi amici nella nostra cerchia, lo facciamo con persone appartenenti al nostro personale «spazio privato di specchi lusinghieri». La conseguenza di questo atteggiamento è che per paura del rifiuto finiamo per tendere alla menzogna.

Nel giorno dalla conferenza stampa di presentazione della terza edizione del Festival della Comunicazione, che Camogli ospiterà dall’8 all’11 settembre, con tema ‘Pro e contro il web’ (vedi box), e alla luce di una recente ricerca sul cyberbullismo condotta da Skuola.net eAdoleScienza.it, il fenomeno, non nuovo dell’odio e del bullismo in rete è tornato al centro dell’attenzione. Giovanni Ziccardi, professore di Informatica giuridica e coordinatore del corso di perfezionamento in Informatica giuridica alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Milano, oltre che autore del volume L’odio online. Violenza verbale e ossessioni in rete (Cortina, pagine 256, euro 21,00), individua alcuni punti su cui concentrarsi maggiormente: «Il problema alla base è questo: l’età media nella quale oggi si regala il primo smartphone in Italia è calata drasticamente e quindi vengono a mancare la consapevolezza e la comprensione, anche e soprattutto dell’importanza che hanno le parole e della storia che si portano dietro.

Dare tecnologie sempre più potenti in mano a ragazzi sempre più giovani porta a un’amplificazione delle possibilità che immediatamente apre mondi non facilmente controllabili, che cambiano il modo di discutere, di dialogare ed esprimersi, oltre che di rapportarsi con coetanei e adulti». Internet e in particolare i social network sono diventati un ambiente dove mettere in piazza i propri sentimenti e i propri stati d’animo. Questo accade specialmente tra i più giovani, che non sempre però sono consapevoli delle loro azioni e spesso non sono in grado di dar voce alle proprie emozioni in uno spazio reale, limitandosi ai confini (seppur sconfinati) del mondo digitale.

«Sicuramente c’è una forma di narcisismo. D’altra parte – prosegue Ziccardi – internet ha un potenziale di comunicazione tale che, se sei fortunato, diventi ‘di tendenza’ e la tua voce viene ampliata. Il problema è che questa amplificazione si traduce anche in negativo. Ne è un esempio chi sfrutta l’uso di fotomontaggi e controinformazione per diffondere notizie false facendole passare per vere. Rispetto a questa problematica sul controllo della verità, i più giovani non hanno l’esperienza di vita che abbiamo noi, quindi anche una minore capacità di valutare. A questi fattori si aggiunge un comportamento di imitazione correlato a mode e abitudini. Inoltre passa molto spesso il pensiero che la mia bacheca è mia e quindi lontana da una possibile diffusione fuori dalla mia cerchia. La maggior parte dei più giovani non ha un senso della privacy e lo dimostra la facilità con cui frequentemente vengono adescati in rete».

Ziccardi rimarca la declinazione che il mondo virtuale ha sul mondo reale, soprattutto considerando il fatto che internet in sé è un contenitore neutro ed è l’utente a trasformarlo, ma soprattutto in virtù del fatto che i sentimenti su internet hanno forti conseguenze nella vita reale. Ne sono una dimo- la carrellata di esempi che Jon Ronson, scrittore, giornalista e sceneggiatore britannico, ha raccolto in I giustizieri della rete (Codice Edizioni), e lo conferma lo stesso Ziccardi: «Spesso non ci si accorge di quanto un messaggio, un post, un tweet, possano avere conseguenze che a loro volta hanno effetti sul fisico: attacchi di panico, stati di ansia, mancanza di autostima, forte insicurezza».

Sempre rispetto al fisico, un’altra considerazione importante è legata proprio alla ricerca condotta da Skuola.net e AdoleScienza.it, che evidenzia un aumento del bullismo femminile: «Il cyberbullismo nell’era digitale è molto diffe- rente dal bullismo degli anni Settanta; quello di oggi si avvicina maggiormente a comportamenti criminali. Il dato relativo all’aumento del bullismo femminile è interessante anche per vedere come la tecnologia porti a cambiare i comportamenti; l’intermediazione della rete ha maggiore impatto sulle ragazze proprio perché un simile tipo di bullismo non richiede più la presenza fisica e viene meno la necessità di contrastare fisicamente la vittima, fattore che teneva le adolescenti più lontane da questi comportamenti».

Un punto in comune emerso dai testi di Ronson e Ziccardi è che sia meglio agire sul camstrazione biamento individuale piuttosto che su una ulteriore regolamentazione dell’attuale architettura informatica: «Il miglior cambiamento – spiega ancora Ziccardi – è una combinazione di fattori: educazione, conoscenza, autoregolamentazione e legge, ma sempre rispettosa di altri diritti, come la libertà di pensiero e parola. Personalmente sono piuttosto cauto nell’approccio e credo sia sempre importante discutere con chi semina odio per cercare di riportare alla ragione. L’assenza di leadership in internet non la vedo come un male, perché la grande novità della rete è proprio la possibilità di far connettere mondi, quindi di creare un dialogo con differenti scambi di opinioni a vantaggio della diffusione di idee paritarie. In alcuni soggetti, però, questa aggregazione si trasforma in odio, ed è in questi casi che si ha la necessità di un intervento».

Alla luce di questi aspetti, un’ultima considerazione di Ziccardi è sui sentimenti ai tempi di internet, oltre che sui possibili provvedimenti per migliorare controllo e consapevolezza d’azione: «I sentimenti sono sempre gli stessi. Gli stessi stereotipi e lo stesso dileggio. L’odio in sé non è cambiato, ma è cambiato il palcoscenico e la possibilità di essere sentiti, considerati o visti all’esterno. Per questo è importante lavorare sulla cognizione. Ad esempio l’Unione Europea ha avviato una campagna di sensibilizzazione contro la violenza nel web per le fasce di età più giovani, ma in concreto è fondamentale riuscire a entrare nelle scuole». Questi interventi sono necessari per far sì che l’utente abbia una maggiore coscienza critica e la capacità di assumere un reale controllo delle proprie azioni sugli strumenti offerti dalla rete.

A tal proposito vanno segnalate alcune importanti iniziative come le consulenze dell’Osservatorio nazionale cybercrime, il glossario dei comportamenti deviati online proposto dal Ministero della giustizia e il progetto #OFF4aDAY promosso dal Moige e da Samsung, col patrocinio della Polizia di Stato: l’obiettivo è promuovere le forme di prevenzione relative al fenomeno del cyberbullismo, per far sì che davvero le parti più belle del mondo siano a portata di un click.

Avvenire

 

Internet Web, ecco il codice anti bullismo

È in arrivo il primo codice anti bullismo sul web. La prima bozza è stata approvata. Il viceministro dello Sviluppo economico, Antonio Catricalà, ha presieduto il tavolo che vede partecipare ministero, Agcom, polizia postale e delle comunicazioni, Autorità per la privacy e Garante per l’ infanzia, oltre a rappresentanti di associazioni come Confindustria digitale e Assoprovider insieme a operatori del settore del calibro di Google e Microsoft. Si tratta, si legge in una nota, di un «intervento ritenuto necessario anche a seguito dei gravi fatti di cronaca che hanno visto alcuni giovanissimi arrivare a gesti estremi dopo essere stati oggetto di insulti e diffamazioni su Internet».

La bozza è consultabile e attende suggerimenti
Da ora è consultabile per 45 giorni a questo indirizzo «per ottenere ulteriori suggerimenti dagli utenti del web». Come informa il sito del Ministero dello Sviluppo economico «contributi e osservazioni possono quindi essere inviati entro il 24 febbraio 2014 all’indirizzo di posta elettronica antonio.amendola@mise.gov.it​.».

Nasce un comitato di monitoraggio

Il Codice prevede che gli operatori della Rete, e in particolare coloro che operano nei servizi di social networking, si impegnino ad attivare appositi meccanismi di segnalazione di episodi di cyberbullismo per prevenire e contrastare il proliferare del fenomeno. È prevista anche l’istituzione di un Comitato di monitoraggio «senza oneri per lo Stato».

Solo 2 ore per fermare i cyberbulli
Tra gli articoli della bozza, il numero 3 è particolarmente interessante. Là dove si legge che «gli aderenti si impegnano a rendere efficienti i meccanismi di risposta alle segnalazioni (effettuati da personale opportunamente qualificato) azionati in termini di tempi di rimozione dei contenuti lesivi per la vittima del cyberbullismo, non superiori alle 2 ore dall’avvenuta segnalazione, al fine di evitare che le azioni si ripetano e/o si protraggano nel tempo, amplificando gli effetti che la condotta del cyberbullo ha in Rete sulla vittima, per la quale l’efficacia della segnalazione costituisce l’unico strumento possibile di controllo».

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G.Ran. – avvenire.it

Più Omega 3, meno bullismo

15/04/2010 I comportamenti aggressivi, come il bullismo, per esempio, possono presentarsi meno frequentemente in giovani che hanno assunto più Omega-3. L’Osservatorio FederSalus rende noto uno studio condotto dal National Institute on alcohol abuse and alcoholism di Bethesda (Usa), condotta dal Dott. Joseph Hibbeln, pubblicato sul British Journal of Psychiatry. Gli integratori a base omega-3, vitamine e minerali somministrate ai detenuti possono ridurre il numero di episodi violenti e aggressivi. Il Dott. Joseph Hibbeln, afferma che una quantità adeguata di omega 3 nelle prime fasi dello sviluppo e nell’età adulta aiuterebbe a prevenire atteggiamenti asociali. Infatti la mancanza di EPA e di Omega–3 durante la gestazione e nei primi anni di vita possono provocare una riduzione nei livelli di serotonina del cervello nei momenti più importanti della formazione e dello sviluppo neurologico, causando un funzionamento inadeguato del sistema limbico e del cortex frontale del cervello. Questo tipo di problema non si evidenzia solo nei carcerati e negli alcolisti, ma anche in molti bambini e adolescenti violenti. Durante questo studio sono stati messi a confronto due gruppi di 200 giovani reclusi: uno ha ricevuto una quantità di vitamine, minerali e acidi grassi, tra cui anche gli omega 3; all’altro gruppo invece è stato somministrato un placebo. Dopo cinque mesi si è riscontrata una minore probabilità di comportamenti asociali nel primo gruppo. Gli Integratori alimentari contenenti vitamine, minerali, omega-3 e Omega-6 grassi sono stati associati ad una riduzione del 34 per cento degli episodi di violenza, secondo i risultati di uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, con oltre 200 detenuti giovani adulti. Ma questi non sono stati gli unici studi effettuati, a conferma di quanto detto sopra si unisce anche uno studio condotto dal Ministero della Giustizia (Paesi Bassi) la cui ricerca è stata diretta dal Dott. Ap Zaalberg, pubblicata sulla rivista European Journal on Criminal Policy and Research. In altre ricerche, inoltre fatte in scuole primarie o licei, si è infatti evidenziato che i ragazzi con diete ricche di zuccheri erano i più disobbedienti, aggressivi e depressi. Il tipo di alimentazione occidentale moderno è carente di nutrienti essenziali per il nostro organismo, e dunque portatore di problemi fisici quanto psicologici. Nel caso di bambini o adulti con problemi di depressione, violenza e/o aggressività, oltre all’appoggio psicologico è importante l’appoggio nutrizionale, il cambio di alimentazione, l’assunzione di vitamine e minerali come lo zinco, e quella di Omega–3, con il fine di migliorare i sintomi, sempre sotto controllo da uno specialista in Nutrizione ed Alimentazione.
famigliacristiana.it