Boves. «I nostri preti, martiri delle SS, ci hanno insegnato la riconciliazione»

A Boves (Cuneo), teatro della prima strage nazista di civili, don Bernardi e don Ghibaudo diedero la vita per salvare la popolazione: il ricordo indelebile dei testimoni. Domenica la beatificazione
Boves in fiamme il 19 settembre del 1943

Boves in fiamme il 19 settembre del 1943 – .

Avvenire

Il 16 settembre 1943 a Boves l’aria è già gravida del dramma che di lì a tre giorni avverrà. L’Armistizio è firmato, il re e Badoglio sono scappati, l’ex alleato nazista ora è il nemico e lo abbiamo in casa. Boves e i suoi abitanti lo apprenderanno per primi: quel 16 settembre, un giovedì, il maggiore delle SS Joachim Peiper arriva per la prima volta in paese, raduna in piazza tutti gli uomini e abbaia la sua minaccia, «i ribelli nascosti sulle montagne si consegnino o Boves sarà distrutta».

Per essere più chiaro punta il cannone contro i monti verso il Santuario di Sant’Antonio e colpisce come un lugubre presagio la statua del santo, mozzandogli le braccia benedicenti (ancora oggi così rimaste).

Sarà la carne dei martiri tra poco a morire sotto i colpi delle SS di Peiper, che la domenica seguente, 19 settembre 1943, regalerà a Boves l’orrendo primato della prima strage nazifascista di civili. La sera del 19 tutta la città sarà un gigantesco rogo e si conteranno ventiquttro persone assassinate, tra le quali il parroco don Giuseppe Bernardi, 46 anni, e il viceparroco don Mario Ghibaudo, 23 anni soltanto, la cui beatificazione avverrà a Boves domenica prossima.

Indelebile nella memoria di tutti i sopravvissuti, allora ragazzini, il volto terreo dei due sacerdoti, fino all’ultimo impegnati a portare in salvo più persone possibile, a far fuggire bambini e anziani, a benedire e assolvere per strada la gente che corre impazzita. Già dal mattino ai due preti era chiaro che quel giorno sarebbe successo qualcosa di gravissimo, tanto che don Bernardi aveva portato via il Santissimo dalla chiesa parrocchiale per affidarlo alle Clarisse e aveva chiesto alle suore di far pregare le orfanelle del monastero.

Don Ghibaudo, 23 anni soltanto, e don Bernardi, 45, domenica saranno beati

Don Ghibaudo, 23 anni soltanto, e don Bernardi, 45, domenica saranno beati – sito della diocesi di Cuneo

Quella stessa mattina due tedeschi erano giunti in piazza Italia a bordo di un’auto e un gruppetto di partigiani li aveva catturati e portati in montagna. Neanche mezz’ora dopo, un reparto di SS arrivava già in paese e, senza sapere della cattura appena avvenuta, assaliva i partigiani sui monti a Castellar, il che prova che l’attacco nazifascista a Boves non è una rappresaglia ma un’azione di guerra predeterminata: sarebbe successa comunque.

Eppure Peiper non si fa scrupolo a mentire: «O entro un’ora ci restituite i due soldati o oggi Boves sarà distrutta», annuncia a don Bernardi. Il quale prende su di sé il ruolo di ambasciatore e, accompagnato dall’industriale Antonio Vassallo, si precipita in montagna.

«Avevo 11 anni e abitavo subito fuori Boves, proprio in direzione Castellar», racconta ad Avvenire Maria Lucia Giordanengo, 90 anni, «poco dopo pranzo ho visto il taxi di Luigi Dalmasso salire con a bordo il parroco e il signor Vassallo, tesi in volto e con una bandiera bianca fuori dal finestrino. Chiesi a papà cosa volesse dire…».

Un’ora dopo i due ambasciatori scendono a Boves con i due tedeschi illesi, in teoria hanno salvato la città. Prima di partire don Bernardi ha chiesto a Peiper una garanzia scritta, ma il maggiore delle SS ha risposto che la parola di un tedesco vale più di cento firme di italiani. Sta di nuovo mentendo: «Un ufficiale tedesco che da giorni aveva occupato una stanza in casa nostra con il suo cane lupo e tante armi – continua Maria Lucia – ha chiesto a mio padre la sua bicicletta e i fiammiferi ed è partito per Boves: oltre a usare i lanciafiamme, infatti, bruciavano i tetti con sfere impregnate di liquido incendiario. È tornato all’imbrunire, ha reso la bici e, prima di sparire per sempre, ci ha detto “voi restare qui, noi non bruciare vostra casa”, chissà, per lui era una forma di “gratitudine”. Fatto sta che la nostra è l’unica della zona rimasta in piedi e tutti i vicini si sono rifugiati da noi».

Solo il giorno dopo si è saputo che il parroco e Vassallo erano stati uccisi, «Boves era ancora un inferno di calore e odore, sembrava la fine del mondo, ricordo gli strilli delle mucche che bruciavano vive nelle stalle e dei muli che fuggivano terrorizzati, anche loro allo sbando dalle caserme ormai deserte».

Il fatto è che la parola di Peiper si era rivelata carta straccia: don Bernardi e Vassallo erano stati catturati ed esposti per ore su un carrarmato in piazza Italia, poi portati in giro e costretti ad assistere allo scempio tra le case che venivano incendiate con la gente dentro. «Mio padre era da molti anni il direttore della Cassa Rurale, abitavamo in piazza dell’Olmo sopra la banca e l’esattoria – racconta Franco Giraudo, 87 anni –. Dalla finestra vidi prima don Bernardi e Vassallo sull’autoblindo tedesco, poi le SS che appiccavano il fuoco alle case, anche alla nostra. Mentre con la mamma e le mie quattro sorelle scappavamo verso Cuneo, sentimmo una sparatoria tremenda, era quella in cui moriva don Mario Ghibaudo, il viceparroco».

I tedeschi sono ubriachi, hanno bevuto come spugne al Bar Bianco e ora infieriscono sulla gente, anche i due soldati rilasciati dai partigiani. Don Mario è solo un ragazzo ma i bovesani lo ricordano mentre pallido raggiunge don Bernardi ostaggio sul panzer in piazza, gli porta del caffè caldo e gli chiede l’assoluzione. Tutto intorno grida, pianti, confusione. Don Mario conduce nelle campagne le orfanelle, non ne perde una, poi torna in paese, benedice, assolve, porta in salvo, trascina via un carretto su cui è abbandonata un’anziana paralizzata (Maddalena, 90 anni, morirà due anni dopo), torna di nuovo, incontra due nonni che scappano con i tre nipotini, uno dei quali disabile in carrozzina. Un SS sta sparando sul bambino, che si salva rovesciandosi nel fossato, allora spara al nonno, don Mario corre a dargli l’assoluzione, ma sul suo braccio benedicente l’SS scarica il mitra (come il cannone premonitore sulle braccia di Sant’Antonio), poi lo pugnala al petto in odium fidei.

I quattro testimoni intervistati: 'Mai dimenticheremo il sacrificio dei nostri sacerdoti e l'orrore di quel giorno''

I quattro testimoni intervistati: “Mai dimenticheremo il sacrificio dei nostri sacerdoti e l’orrore di quel giorno”” – L.B.

«Il giorno dopo nel cortile di mio fratello, il fotografo del paese, furono trovati tre cadaveri – testimonia Francesca Ramero, 94 anni –. Uno aveva gli scarponi e lo piangemmo come mio fratello, l’altro pareva avere la gonna e pensammo fosse mia cognata, sul suo petto un blocco carbonizzato doveva essere il loro bimbo di 18 mesi. Solo a sera abbiamo saputo che invece erano i corpi di don Bernardi con la veste da prete e di Vassallo, e quello che sembrava il bambino era una trave annerita. Erano morti insieme nel tentativo di salvare la popolazione. Io avevo 15 anni ma ancora oggi rivedo l’orrore, spero almeno che fossero già morti prima di bruciare». Accanto ai due corpi, l’orologio di don Bernardi fermo alle 18.54, il suo Rosario a pezzi e due pallottole.

Boves non era stata punita, Boves era già deciso che sparisse per dare l’esempio agli italiani. Infatti proprio lì, sulle sue montagne, ai soldati allo sbando fuggiti dalle caserme dopo l’Armistizio si aggiungevano a centinaia i militari che rientravano dalla Francia, tutta linfa per le neo formazioni di “ribelli”.

Aldo Baudino, 87 anni, ha ben impressa la figura limpida di Ignazio Vian, capo dei partigiani, mentre avverte sua mamma e sua zia già scappate su a Castellar con un nugolo di bambini, «state nascosti, oggi a Boves scoppierà la guerra». «Mia mamma e mia zia cercavano di tenere zitti noi bambini nel casolare, ma il mio cuginetto ha pianto e i tedeschi, che stavano già andando via, lo hanno sentito. Siccome non c’erano uomini ci hanno lasciati andare e da fuori abbiamo visto le fiamme già alte». Per terra due morti, uno per parte: proprio al suo casolare era iniziata la guerra tra tedeschi e partigiani, ancora all’oscuro di quanto contemporaneamente avveniva giù a Boves.

«Chi fa la guerra l’ha già persa – tira le fila Francesca Ramero –, si è tutti sconfitti. Dopo l’8 settembre si aveva paura di tutti, non solo dei nazifascisti, anche tra vicini di casa si parlava poco, c’erano vendette, delazioni, violenze. La notte ricordo i colpi alla porta sia dei tedeschi che dei partigiani per portarci via la merce dalla tabaccheria, e noi zitte, terrorizzate… Vian invece era uomo d’onore, guai se sapeva che i suoi prelevavano la roba. D’altra parte ricordo anche alcuni ragazzi tedeschi che ci chiedevano rifugio nel retrobottega e lì piangevano… ».

Anche Franco Giraudo conferma la complessità di ciò che accadeva in quei giorni confusi: «Un comandante partigiano si era innamorato di mia sorella Bianca, che era bellissima, ma lei lo aveva respinto. Il 5 maggio 1945, ormai in tempo di pace, i partigiani della sua brigata dopo un processo farsa la fucilarono al cuore. La invitarono a voltarsi, ma lei volle guardarli in faccia. Gli stessi partigiani erano venuti più volte di notte a casa nostra per farsi aprire la cassaforte della banca Rurale: io e le mie quattro sorelle pregavamo chiusi in cucina mentre papà teneva duro, si è sempre rifiutato». Proprio lui che nelle carceri allestite dalle SS è stato più volte imprigionato come carne da rappresaglia in caso di bisogno (a turno gruppi di uomini erano tenuti ostaggio a questo scopo).

Bianca Giraudo, ucisa nel maggio del '45 a guerra finita

Bianca Giraudo, ucisa nel maggio del ’45 a guerra finita – Per gentile concessione della famiglia

Dal giorno dell’eccidio fino al 27 aprile 1945 Boves pagò con più di settecento case divorate dal fuoco e centinaia di morti. Eppure il sangue dei martiri ha generato una straordinaria capacità di perdono nella comunità civile, che sulle orme dei due beati ha creato una Scuola di Pace e ha stretto un patto di amicizia con Schondorf, la cittadina dov’è sepolto Peiper.

Condotta dal parroco don Bruno Mondino, Boves oggi coinvolge gli altri teatri di stragi e ingiustizie (Marzabotto, Foibe, ecc.) nel suo percorso di perdono: «Il martirio dei nostri pastori ci ha dato la forza di intraprendere Cammini di Riconciliazione, attraverso i quali la parola “nemico” non sia più attribuita a nessuno di coloro che ci ha fatto del male e una speranza nuova ci sia anche per chi, accondiscendendo alla logica della violenza, ha distrutto insieme alla vita degli altri anche la sua».

Don Bernardi e don Ghibaudo, sacerdoti martiri nell’eccidio nazista del ’43

Saranno beatificati domenica 16 ottobre 2022 a Boves, cittadina del Cuneese. Presente anche una delegazione di Schondorf, il paese del comandante delle SS responsabile dell’eccidio
Don Ghibaudo, 23 anni soltanto, e don Bernardi, 45, domenica 16 ottobre saranno beati

Don Ghibaudo, 23 anni soltanto, e don Bernardi, 45, domenica 16 ottobre saranno beati – sito della diocesi di Cuneo

I martiri di Boves, don Giuseppe Bernardi e don Mario Ghibaudo, oggi, domenica 16 ottobre, saranno proclamati beati. Tutto è pronto nella cittadina alle porte di Cuneo per la celebrazione presieduta dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei santi con il vescovo di Cuneo e di Fossano, Piero Delbosco, e il presidente della Conferenza episcopale piemontese, Franco Lovignana, vescovo di Aosta. Saranno presenti anche i vescovi Brunetti (Alba), Arnolfo (Vercelli) Miragoli (Mondovì) e gli emeriti Ravinale, Cavallotto Guerrini e Micchiardi.

Una giornata di festa per onorare i due sacerdoti «uccisi in odio alla fede» nella prima rappresaglia nazista in Italia compiuta dopo l’armistizio dell’8 settembre. Tra le 24 vittime dell’eccidio compiuto il 19 settembre 1943 c’erano anche loro, il parroco don Giuseppe nato a Caraglio, di 46 anni, e il suo giovane vice, don Mario di 23 anni, nativo di Borgo San Dalmazzo e sacerdote da soli tre mesi. Quel tragico giorno era iniziato con uno scontro tra uno dei primi gruppi partigiani e i tedeschi, con il rapimento di due SS. Il loro comandante, Jaochim Peiper, coinvolse don Bernardi e l’imprenditore Antonio Vassallo come mediatori per la loro liberazione. Nonostante l’esito positivo della trattativa Peiper ordinò di incendiare il paese. Al termine della lunga giornata don Giuseppe e Vassallo furono trucidati e bruciati, don Mario ucciso nell’atto di benedire un bovesano colpito dal fuoco di un soldato tedesco. Fin dalle prime ore del giorno si erano impegnati per cercare di salvare il paese e i suoi abitanti a costo della loro stessa vita. Seppure prigioniero don Bernardi invitò alcune ragazze a pregare con lui davanti alla salma di un soldato tedesco, un gesto che negli anni ha portato frutti di pace e di riconciliazione.

Alla cerimonia di domenica pomeriggio, che si terrà dalle 15 in piazza Avis (vicino al santuario di Madonna dei Boschi) ci sarà anche Irma, una delle ragazze che in quel tragico giorno, pregò accanto a don Bernardi e al soldato ucciso.

Il processo di beatificazione è iniziato nel maggio del 2013, la firma ufficiale del vescovo di Cuneo e di Fossano, era allora Giuseppe Cavallotto, fu apposta nel convento delle Clarisse di Boves. Dallo stesso luogo il 26 aprile del 2016 partirono le reliquie dei due sacerdoti per essere traslate nella chiesa di San Bartolomeo, ora punto di riferimento per la preghiera e la richiesta di perdono da parte di molti devoti ai due «martiri». Da qualche anno la comunità delle suore si è trasferita a Bra, ma una loro delegazione sarà presente alla cerimonia a dimostrazione del forte legame con tutta la comunità.

Numerosi gli appuntamenti che si sono susseguiti dopo l’annuncio, avvenuto il 9 aprile scorso, della volontà di papa Francesco di proclamare beati don Bernardi e don Ghibaudo. Mostre, momenti di preghiera hanno segnato questi mesi, come si è intensificato il rapporto con la comunità di Schondorf. Un’amicizia che affonda le radici nella comune volontà di lavorare per la pace iniziata quando l’Associazione don Bernardi e don Ghibaudo scoprì che Peiper è seppellito nella parte laica del cimitero della parrocchia di Schondorf.

Il parroco di Boves, don Bruno Mondino, scrisse una lettera per chiedere di incontrarsi e in poco tempo arrivò da parte del suo collega tedesco, Heinrich Weiss, la risposta affermativa. Da allora le due comunità hanno condiviso momenti di preghiera e di amicizia. Una delegazione sarà presente alla cerimonia, ci sarà anche il loro coro insieme a quello della parrocchia bovesana e della Cattedrale di Cuneo ad animare la Messa. Il quadro che raffigura i due beati è stato realizzato da don Gianluca Busi, parroco di Marzabotto, un ulteriore segnale di condivisione tra comunità che hanno sofferto e che sono rinate nel segno del bene comune.

Avvenire

Piemonte. Boves rende omaggio ai suoi sacerdoti martiri

Lunedì 19 Settembre , 79mo anniversario della strage nazista che costò la vita a 24 persone tra cui due preti, la Veglia con i testi di don Bernardi e don Ghibaudo che saranno proclamati beati il 16 ottobre

Don Mario Ghibaudo e don Giuseppe Bernardi, i due sacerdoti uccisi dai nazisti nell'eccidio di Boves proclamati beati martiri il 16 ottobre

Don Mario Ghibaudo e don Giuseppe Bernardi, i due sacerdoti uccisi dai nazisti nell’eccidio di Boves proclamati beati martiri il 16 ottobre

da Avvenire

Don Giuseppe Bernardi e il suo giovane vice don Mario Ghibaudo

Lunedì notte la chiesa di San Bartolomeo a Boves rimarrà aperta, le porte spalancate sulla piazza. Come 79 anni fa, il 19 settembre 1943, giorno della prima strage nazista in Italia in cui il paese, centro a pochi chilometri da Cuneo, fu incendiato e 24 persone uccise. Tra loro il parroco don Giuseppe Bernardi e il suo giovane vice don Mario Ghibaudo. Fu proprio la chiesa trovata aperta la mattina seguente a mettere in allarme i bovesani che andarono a cercare il loro parroco e lo trovarono carbonizzato accanto all’imprenditore Antonio Vassallo, don Mario era stato trucidato fuori dal centro abitato, mentre benediceva il corpo di un uomo appena ucciso da un soldato.

Una data, il 19 settembre, impressa nel cuore di tutta la comunità, tramandata di generazione in generazione. Quest’anno la celebrazione della memoria ha un significato ancora più forte, dopo nove anni, ad aprile, si è concluso il processo di beatificazione dei due sacerdoti e il prossimo 16 ottobre, proprio a Boves, alla presenza del cardinale Marcello Semeraro, prefetto del dicastero delle cause dei santi, ci sarà la proclamazione dei due martiri.

Questo rende la ricorrenza un momento ancora più sentito, l’appuntamento è questa mattina alla cerimonia civile, e poi alla Messa officiata dal parroco, don Bruno Mondino, entrambi i momenti in piazza Italia, uno dei luoghi simbolo dell’eccidio. E sarà il sindaco di Boves, Maurizio Paoletti, a leggere in parrocchia, domani durante la veglia, uno per uno, il nome di tutti i caduti della strage, compiuta su ordine del maggiore tedesco Joachim Peiper. Poi tutta la notte sarà costellata da momenti di preghiera silenziosa davanti al Santissimo, da riflessioni sulla Parola di Dio, su alcuni scritti dei martiri, di papa Francesco «una traccia – spiega don Mondino – che ci aiuti ad educarci alla riconciliazione».

Pace e fratellanza sono i semi gettati dai due preti morti per salvare la loro gente, e che in questi anni hanno aiutato a maturare gesti concreti. Uno fra tutti la fratellanza tra la comunità bovesana e quella di Schondorf, centro nella Baviera, in cui è sepolto Peiper, negli anni è cresciuto il legame, nato prima tra le parrocchie dei due centri e poi esteso alle rispettive amministrazioni comunali. Sarà infatti presente una delegazione della cittadina tedesca, nella due giorni di memoria del 19 settembre a Boves, sarà anche l’occasione per definire il viaggio solenne delle reliquie dei due martiri presso la comunità bavarese, che il mese scorso ha già accolto la versione tedesca della mostra sull’eccidio.

La Beatificazione

In vista della beatificazione, don Mondino anticipa alcuni punti su cui stanno lavorando. «Il primo – spiega – è l’importanza di collaborare per il bene comune: don Bernardi, muore insieme ad un industriale che si dichiarava apertamente laico. La loro grandezza è stata quella di aver saputo collaborare.  Un messaggio su cui vale la pena che anche noi riflettiamo e che proviamo ad impegnarci per il bene comune».

Sarà su questo tema che interverrà, il 14 ottobre, il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente Cei. Zuppi già in passato a Boves aveva affrontato il tema del perdono partendo dalla testimonianza dei due martiri.

Un altro messaggio che lancia il parroco è quello di continuare sulla strada della riconciliazione ed è in questo contesto, che si esibirà, la sera della vigilia, il coro parrocchiale di Schondorf, con il Requiem di Mozart diretto dal maestro Erich Unterholzner. «Un bel segno del cammino di fratellanza che abbiamo iniziato e che continuerà oltre la giornata della beatificazione» conclude don Mondino.