Il prete reggiano che riscrive il Big Bang

Lo studio del ricercatore vaticano don Matteo Galaverni sulle leggi che hanno comportato la nascita dell’universo.

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Due ricercatori della Specola Vaticana – l’osservatorio astronomico del Vaticano – hanno proposto una comprensione matematica radicalmente nuova del momento iniziale del Big Bang.

Essi hanno indicato una nuova tecnica per capire come la gravità si è comportata nei primi istanti dell’universo.

“Questa nuova prospettiva potrebbe innescare una rivoluzione nella nostra comprensione dell’Universo primordiale”, spiega la Specola. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Physical Review D. I ricercatori sono il gesuita p. Gabriele Gionti e d. Matteo Galavernin della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla. (ansa)

REGGIO EMILIA. C’è anche il reggiano don Matteo Galaverni fra i due ricercatori della Specola Vaticana – l’osservatorio astronomico del Vaticano – che hanno proposto una comprensione matematica radicalmente nuova del momento iniziale del Big Bang. Essi hanno indicato una nuova tecnica per capire come la gravità si è comportata nei primi istanti dell’universo. «Questa nuova prospettiva potrebbe innescare una rivoluzione nella nostra comprensione dell’Universo primordiale», spiega la Specola. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Physical Review D.

All’inizio dei tempi, si pensa che l’universo si sia espanso in modo esponenziale da uno stato ad altissima densità

Oltre ad essere ricercatore dell’Osservatorio Astronomico Vaticano, don Matteo Galaverni è amministratore parrocchiale di San Lazzaro, collaboratore pastorale della Cattedrale, responsabile della Cappellania universitaria presso il “Campus San Lazzaro” e presta servizio di Pastorale Universitaria. In passato, fra il 2015 e il 2017 è stato inoltre vicario Parrocchiale a Castelnovo Monti. Oltre a don Galaverni, lo studio è firmato anche dal gesuita p. Gabriele Gionti. I due astronomi del Vaticano ricordano che all’inizio dei tempi, si pensa infatti che l’universo si sia espanso in modo esponenziale da uno stato ad altissima densità: “l’inflazione cosmica”. Questo fenomeno può essere spiegato supponendo che le leggi della gravità siano molto più complicate in quella fase iniziale, rispetto a come sono descritte dalla relatività generale di Einstein del 1915.

Sono state proposte varie teorie alternative di gravità in cui tale forza varia nello spazio e nel tempo. «Una delle più studiate – ricorda la Specola – è la teoria di Brans-Dicke, un’approssimazione della tanto ricercata teoria quantistica della gravità. La gravità quantistica combinerebbe la relatività generale di Einstein, che descrive il comportamento della materia su larga scala (come gli ammassi di galassie), con la meccanica quantistica, che descrive la fisica su scale microscopiche (come quelle atomiche e subatomiche)».

Tuttavia la teoria di Brans-Dicke è così difficile da descrivere matematicamente che gli scienziati spesso trasformano le sue complesse equazioni in un riferimento in cui esse risultano molto più semplici da risolvere. In questo caso particolare le equazioni vengono trasformate dal più complicato riferimento di Jordan, al più semplice riferimento di Einstein. Ora, in un articolo pubblicato il 15 aprile sulla prestigiosa rivista Physical Review D, padre Gabriele Gionti, gesuita, e don Matteo Galaverni della Specola Vaticana hanno dimostrato che, «contrariamente a quanto gli scienziati credono, il riferimento di Jordan e quello di Einstein non sono sempre matematicamente equivalenti». I ricercatori vaticani hanno scoperto inoltre che, mentre le soluzioni nel riferimento di Jordan non sempre si mappano in quelle di Einstein, tuttavia esse si trasformano matematicamente dal riferimento di Jordan ad un altro riferimento «non considerato precedentemente. In quest’ultimo esiste un limite in cui la forza gravitazionale va all’infinito mentre la velocità della luce si avvicina a zero». Questo studio potrebbe dunque portare ad “una rivoluzione”, come definita dalla stessa Specola, nella nostra comprensione dell’universo primordiale.

Fonte: Gazzetta di Reggio

Genesi e Big Bang. Parallele convergenti

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Genesi e Big Bang. Parallele convergenti

Un astrofisico e un biblista, la fisica e le sacre scritture: due differenti interpretazioni dell’universo e della sua creazione, nel libro Genesi e Big Bang. Parallele convergenti, pubblicato da Cittadella Editrice nella collana Teologia/Saggi, Isbn 9788830813335. Gli autori sono Piero Benvenuti, professore ordinario di Astrofisica all’Università di Padova, e Filippo Serafini, professore di Lingua ebraica e di Antico Testamento alla Pontificia Università della Santa Croce.

I due studiosi, con un linguaggio semplice e divulgativo, propongono ciascuno la propria visione, confrontando così due modi differenti di concepire e interpretare l’universo, che però a differenza di alcuni frequenti stereotipi, possono essere complementari e, appunto,convergenti. Il volume è stato presentato martedì 25 novembre 2014 a Venezia, in un evento organizzato dalla sezione Scienza e fede dello Studium Cattolico Veneziano.

Come spiega la scheda del volume, “L’origine di tutto ciò che ci circonda, del mondo e dell’intero universo, ha sempre interrogato gli esseri umani”. Unendo e confrontando due differenti “narrazioni di questa origine, quella biblica e quella della scienza moderna”, il libro offre “un percorso affascinante che costringe il lettore a superare il pregiudizio della contrapposizione tra i due racconti per scoprire, nella loro diversità, inaspettate convergenze.”

Big Bang o fede, il falso dilemma

«Tra scienziati, anche in privato, capita molto raramente di parlare di filosofia o teologia. C’è molto pudore ad affrontare certi temi». Krzysztof Meissner, 52 anni, docente di fisica teorica all’università di Varsavia, è uno dei massimi studiosi di fisica delle particelle in Europa, ha lavorato nei più importanti centri di ricerca al mondo, da Harvard, all’École polytechnique di Parigi, al Cern di Ginevra. Per cui, quando confessa di sentirsi spesso frustrato dalla mancanza di spazi di confronto con i propri colleghi sulle domande ultime che fanno da sfondo allo scavo scientifico, lo fa a ragion veduta.

Anche per questo è uno dei partecipanti più convinti al “Cortile del dialogo”, l’appuntamento mutuato dal Cortile dei gentili che si tiene oggi e domani a Varsavia, organizzato dall’arcidiocesi con il patrocinio del Pontificio Consiglio della cultura. Evento che sarà aperto dal cardinale Gianfranco Ravasi – domani porterà il suo saluto anche il presidente della Repubblica Bronislaw Komorowski – e a cui partecipano nomi prestigiosi della cultura polacca, come il sacerdote e cosmologo Michael Heller, il filosofo Piotr Gutowski , lo storico Krzysztof Pomian, il sociologo Andrzej Zybertowic.

Meissner attualmente sta lavorando insieme al fisico Hermann Nicolai, del Max Planck Institut Potsdam, a una versione “allargata” della teoria standard dell’universo, alla ricerca di una seconda «particella di Dio», dopo il Bosone di Higgs. Una sfida vertiginosa, più che ambiziosa. Il bisogno di ricongiungere in qualche modo sapere scientifico e umanistico non lo lascia mai, anche per il fatto che l’apertura intellettuale è nel suo nel Dna. Suo bisnonno materno era Wincenty Lutoslawski, che stabilì la cronologia delle opere di Platone con un’analisi stilometrica dei testi, marito a sua volta della poetessa spagnola Sofia Casanova. Cugino di sua nonna materna era il grande compositore e direttore d’orchestra Witold Lutoslawski. Ma l’elenco degli intellettuali, politici e artisti in famiglia è sorprendentemente lungo.

Professor Meissner, qual è la differenza tra uno scienziato credente e uno no?
«Nel modo di fare ricerca, nessuna. Entrambi usano gli stessi mezzi, usano la stessa matematica. La differenza è nell’approccio al risultato finale. Le leggi che governano l’universo si rivelano sempre semplici, eleganti, con un che di perfetto nella loro essenza. Se uno non crede in Dio constata questa perfezione e si ferma lì. Se uno è credente non può non vedervi un riflesso della perfezione di Dio. Quello che cambia è insomma il significato attribuito alle scoperte, l’ottica con cui le possiamo guardare e apprezzare».

Tra le porte sul mistero che la scienza apre, qual è la principale per lei?
«È la stessa esistenza di leggi universali. Leggi che sono appunto semplici, eleganti, perfette, a cui rispondono tutte le cose. Un universo sorto dal caso dovrebbe essere caotico. Se ci fossero delle leggi non potrebbero essere universali nel tempo e nello spazio. Potrebbe esserci una certa misura di correlazione fra la cose, non di più. La presenza di leggi universali, che è la condizione di possibilità della ricerca scientifica, leggi che non cambiano dal lunedì al mercoledì, è qualcosa di stupefacente, che non smette di sorprendermi dopo tanti anni. La considero più che un indizio, direi quasi una prova della presenza di una realtà trascendente, del fatto che c’è qualcosa di più grande del mondo in cui viviamo. Cosa sia questa trascendenza, se sia un Dio personale o una divinità panteistica, è un quesito per rispondere al quale abbiamo bisogno della fede. Ma, ripeto, che ci sia una dimensione che trascende il nostro mondo, per me come scienziato è evidente».

C’è chi cerca di vedere anche nella fisica quantistica lo spazio per un «ritorno di Dio». Lei cosa ne pensa?
«Penso che non dobbiamo tirare in ballo l’intervento divino per colmare le lacune della nostra conoscenza. Ma una cosa va detta. Fino alla fine del XIX secolo è stata dominante una visione della scienza, originatasi anche per influsso della Rivoluzione francese, fortemente deterministica. Si era convinti che conoscendo le condizioni del mondo in un dato momento sarebbe stato possibile ricostruirne il passato e anticiparne il futuro. C’è chi voleva persino chiudere le facoltà di fisica, perché da allora in poi sarebbero state sufficienti quelle di ingegneria… Un determinismo che riguardava anche l’uomo. Ogni fenomeno era ritenuto spiegabile e prevedibile. La fisica quantistica ha spezzato le catene di questo determinismo duro e semplicistico e ha reso il mondo più interessante. Si può dire che abbia anche ricreato le condizioni per riflettere sull’altro grande mistero che, secondo me, spinge a considerare l’esistenza di una realtà trascendente e che sfugge al determinismo, il libero arbitrio dell’uomo».

E del Big Bang cosa pensa?
«Sul Big Bang io sarei molto più prudente di altri nel giudicarlo un “assist” della scienza all’esistenza di Dio. Prima di tutto perché non sappiamo se il Big Bang sia realmente esistito, o meglio: i nostri strumenti di fisica teorica ci permettono di capire l’universo solo fino a un certo punto di densità, oltre al quale non possono esserci più di aiuto. Può esserci stato un punto zero, un inizio di tutto, ma non possiamo escludere, andando a ritroso, di entrare in una sorta di tempo negativo, oltre il punto zero. Ho sempre considerato quindi azzardato mettere in parallelo il Big Bang e la Genesi. Anche i credenti non dovrebbero mai dimenticare che la Bibbia è una verità rivelata sulla relazione tra l’uomo e Dio, non su quella tra l’uomo e la realtà materiale».

Andrea Galli – avvenire.it