Città del Vaticano. Giovanni Paolo I sarà beatificato domenica 4 settembre 2022

È ufficiale. Giovanni Paolo I – Albino Luciani sarà beatificato in San Pietro da papa Francesco domenica 4 settembre 2022.
Giovanni Paolo I sarà beatificato domenica 4 settembre 2022

È ufficiale. Giovanni Paolo I – Albino Luciani sarà beatificato in San Pietro da papa Francesco domenica 4 settembre 2022. È il sesto dei pontefici del Novecento per i quali è stata introdotta la Causa di beatificazione e canonizzazione che ha portato già al culto della Chiesa universale Pio X, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II. La Causa di Albino Luciani come Confessore della fede si è aperta il 23 novembre 2003 nella diocesi di Belluno-Feltre e si è chiusa il 9 novembre 2017 con la proclamazione delle virtù eroiche. Con decreto del 13 ottobre 2021 è stato riconosciuto e sancito dal Papa il miracolo di una guarigione straordinaria attribuito all’intercessione di Giovanni Paolo I. Stando alla normativa canonica vigente si dovrà attendere l’esito di un altro processo Super miro dopo la beatificazione per procedere alla canonizzazione.

La storia della Causa
Subito dopo la morte, il 28 settembre 1978, cominciarono a pervenire da ogni parte del mondo alla diocesi natale di Giovanni Paolo I richieste per la sua canonizzazione. L’allora vescovo di Belluno-Feltre, Maffeo Ducoli, dichiarava di aver «ricevuto in crescendo migliaia di richieste per l’introduzione della Causa, tutte conservate presso l’Archivio della Curia di Belluno». Senza alcuna ufficialità, con iniziativa che partiva dal basso, si era avviata una raccolta di firme che interessò a livello internazionale diversi paesi, tra i quali Svizzera, Francia, Canada e Stati Uniti.

Il 9 giugno 1990, è l’arcivescovo di Belo Horizonte, dom Serafim Fernandes de Araújo, a presentare direttamente la richiesta per l’introduzione della Causa a Giovanni Paolo II con una petizione firmata dall’intera Conferenza episcopale del Brasile. I 226 vescovi firmatari evidenziarono le motivazioni che li avevano portati all’istanza solidale, considerato l’esempio dell’habitus virtuoso del Vescovo di Roma Albino Luciani che si mostrò «sintesi tipica dell’uomo di Dio, il quale è pienezza di umanità e insieme pienezza di Cristo» e come tale egli «fu apostolo del Concilio, di cui spiegò con cristallina lucidità gli insegnamenti e tradusse rettamente in pratica le direttive». Pertanto «la nostra più intima convinzione – affermavano in conclusione i vescovi brasiliani – è che stiamo interpretando il giudizio favorevole di molti altri fratelli nell’episcopato, e traducendo una vivissima aspirazione dei fedeli della Chiesa del Brasile, come dei cattolici di tutto il mondo». Tuttavia, solamente durante il ministero del salesiano Vincenzo Savio, vescovo di Belluno-Feltre dal 18 febbraio 2001 al 31 marzo 2004, si poté avviare l’Inchiesta diocesana sull’eroicità della vita, delle virtù e della fama di santità di Giovanni Paolo I.

Il 26 aprile 2003 il vescovo di Belluno-Feltre Vincenzo Savio richiese formalmente al cardinale Camillo Ruini, allora vicario di Roma, il consenso per l’introduzione del processo non presso il vicariato di Roma, sede naturale per competenza, ma nella nativa diocesi di Belluno-Feltre, suffragando queste motivazioni: «A causa della brevissima permanenza – il pontificato di poco più di un mese del Servo di Dio nella diocesi di Roma – la maggior parte della sua vita si è svolta, e, conseguentemente, il suo magistero si è espresso, in questa diocesi prima, nella diocesi viciniore di Vittorio Veneto poi, infine nel patriarcato di Venezia». Il vescovo Savio, comunicando alla diocesi l’iniziativa assunta, spiegò ampiamente le motivazioni che lo avevano indotto a compiere questo passo, spinto dalle oltre trecentomila firme di petizione che erano pervenute, e a formulare la richiesta che la Causa venisse istruita presso la diocesi natale: «Albino Luciani aveva vissuto la sua infanzia, la sua formazione seminaristica, il suo servizio presbiteriane e di vicario generale della diocesi di Belluno fino all’età di 46 anni e i suoi impegni da vescovo prima e da patriarca poi non lo avevano allontanato dalla natia terra veneta, se non per i 33 giorni del suo pontificato». Affiancava questi motivi anche la possibilità «di approfondire il contesto di fede familiare e locale in cui Albino Luciani era cresciuto». Il 17 giugno 2003 la Congregazione delle Cause dei santi concedeva il nihil obstat.

Il 23 novembre 2003, a venticinque anni dalla morte di Giovanni Paolo I, nella basilica cattedrale di Belluno si tenne in forma solenne l’apertura del processo. La sessione inaugurale dell’Inchiesta diocesana venne presenziata, in via del tutto eccezionale, dall’allora prefetto della Congregazione delle Cause dei santi, il cardinale José Saraiva Martins, il quale sottolineò come questa circostanza offriva la possibilità di conoscere e approfondire la figura e l’operato di Albino Luciani, «affinché un giorno si possa invocare, come santo, questo grande uomo di Chiesa dalla Chiesa locale di Belluno a quella universale come Vescovo di Roma». Come Postulatore della causa venne nominato il postulatore generale della famiglia salesiana, don Pasquale Liberatore, alla morte del quale, nell’ottobre del 2003, il vescovo nominò come vice mons. Giorgio Lise e nel 2004 come Postulatore il salesiano don Enrico dal Covolo, nel frattempo subentrato a don Pasquale Liberatore come postulatore generale della famiglia salesiana.
Il tribunale ecclesiastico per l’Inchiesta diocesana cominciò a operare il 22 novembre 2003 e concluse i lavori tre anni dopo, il 10 novembre 2006.

Il processo diocesano si articolò in 203 sessioni, durante le quali – nelle sedi episcopali di Belluno, Vittorio Veneto, Venezia e Roma – vennero escussi 167 testimoni, tutti de visu a eccezione di uno, dei quali nove ex officio e ai quali si aggiungono le deposizioni di tre periti della Commissione storica. A due teologi bellunesi, insegnanti del seminario diocesano, venne dato l’incarico di esaminare i suoi scritti editi. Gli atti del processo diocesano vennero trasmessi a Roma, presso la Congregazione delle Cause dei santi, nel novembre 2006.

Il 9 novembre 2007, prendendo in esame gli atti pervenuti per concedere a questi la validità, il Congresso ordinario della Congregazione delle Cause dei santi osservò come la documentazione pervenuta presentasse diverse lacune in riferimento particolare a quella conservata presso l’Archivio storico del Patriarcato di Venezia e presso l’Archivio della Conferenza episcopale del Triveneto. Per acquisire tale documentazione la Congregazione delle Cause dei santi richiese un supplemento di indagine. Il 25 marzo del 2008, il vescovo di Belluno-Feltre, Giuseppe Andrich, istituì quindi il tribunale per l’Inchiesta diocesana suppletiva e conferì l’incarico alla dott.ssa Stefania Falasca. Solo in seguito alla consegna di queste carte d’archivio, il 13 giugno 2008, venne riconosciuta con decreto la validità formale degli atti dell’Inchiesta diocesana, principale e suppletiva. Si avviò così la fase romana del processo, che prevede anzitutto la ricerca necessaria ai fini dell’acquisizione completa delle carte del Servo di Dio, lo studio di natura storico-scientifica, il vaglio di tutte le fonti documentarie e testimoniali con relativa valutazione critica, e dunque l’elaborazione e composizione della Positio, il dossier che comprende tutto il corpus delle prove documentali e testimoniali che devono dimostrare l’eroicità della vita, delle virtù e della fama di santità del candidato agli onori degli altari.

Il 27 giugno 2008 venne incaricato come relatore della Causa padre Cristoforo Bove, mentre l’incarico per la stesura della Positio fu affidato alla dott.ssa Stefania Falasca che a partire dal 2012 venne affiancata dal sacerdote nativo di Canale d’Agordo, Davide Fiocco, teologo e docente di patrologia. Venuto a mancare il padre Bove, la Causa fu assegnata a padre Vincenzo Criscuolo, relatore generale della stessa Congregazione delle Cause dei santi, il quale proseguì il lavoro intrapreso, richiedendo gli opportuni approfondimenti e le necessarie ulteriori acquisizioni, sia per quanto concerne la parte documentale sia per la parte testimoniale. Del resto, la tardiva apertura della Causa aveva compromesso l’acquisizione di testimonianze oculari preziose, così come aveva comportato una certa dispersione del materiale documentario, per il quale si richiedeva un’accorta ricerca. Nel corso dello studio della documentazione processuale si è pertanto ritenuto necessario consultare nuovamente, tra gli altri, l’Archivio pievanale di Canale d’Agordo, la Biblioteca-archivio storico arcidiaconale di Agordo, l’Archivio vescovile di Belluno, l’Archivio diocesano di Vittorio Veneto, l’Archivio della Fondazione Cini di Venezia, oltre a quelli della Congregazione per il clero, della Congregazione per i vescovi e della Segreteria di Stato. Inoltre è stata predisposta l’acquisizione di ulteriori testimonianze, che non erano state considerate tra i testi escussi dal tribunale nel corso dell’Inquisitio dioecesana.

Tra il 2008 e il 2015 vennero quindi acquisite agli atti anche le deposizioni extraprocessuali di altri 21 testimoni, con particolare riferimento al periodo del pontificato e alla morte di Giovanni Paolo I, dei quali un’importanza del tutto eccezionale riveste la testimonianza di papa Benedetto XVI per il suo finora unicum storico, in quanto è la prima volta che un papa emette una testimonianza de visu su un altro papa. Oltre alla redazione degli atti rituali, alla luce delle nuove acquisizioni documentali – sulla base di una omnino plena investigazione archivistica, che ha interessato più di settanta archivi in trenta diverse località, innanzitutto gli archivi istituzionali conservati nelle sedi dove si stanziò Luciani da Belluno al Vaticano – notevole impegno è stato inoltre profuso nel reperimento e nella trascrizione critica di testi finora inediti e nell’inventariazione di tutte le pubblicazioni firmate o attribuite al Servo di Dio, grazie anche al contributo prezioso delle nipoti di Giovanni Paolo I, Lina Petri e Pia Luciani.
Il 16 ottobre 2015 il vescovo di Belluno-Feltre nominò come nuovo postulatore della Causa il cardinale Beniamino Stella, originario della diocesi vittoriese, che a suo tempo proprio Albino Luciani aveva avviato alla Pontificia accademia ecclesiastica.
Il 17 ottobre 2016, con la consegna della Positio in Congregazione, composta in cinque volumi per oltre 3.600 pagine complessive – introdotta dal relatore, padre Vincenzo Criscuolo, firmata dal Postulatore, card. Beniamino Stella e dagli autori dott.ssa Stefania Falasca e don Davide Fiocco – si è concluso il lavoro scientifico e redazionale durato otto anni e si è così avviato l’esame di giudizio conclusivo da parte degli organi giudicanti della Congregazione che, secondo la prassi, sono chiamati a esprimersi con voto in due sessioni di esami: quella del Congresso dei consultori teologi e quella ordinaria dei cardinali e vescovi. Il Congresso dei teologi ha espresso il suo voto positivo unanime il 1° giugno 2017 e lo stesso responso ha dato la Sessione ordinaria dei cardinali e vescovi il 7 novembre 2017. La Causa sì è conclusa con il decreto sancito da papa Francesco, l’8 novembre 2017, con il quale sono state proclamate le virtù di Giovanni Paolo I.

Alla fine di novembre di quello stesso anno si era conclusa anche l’Inchiesta diocesana istruita nel 2016 nella diocesi argentina di Buenos Aires per un caso di presunta guarigione straordinaria avvenuta per intercessione di papa Luciani nel 2011 a favore di una bambina affetta da una grave forma di encefalopatia. Giunto in fase romana, il caso è stato portato alla discussione della Consulta medica che il 31 ottobre 2019 ha stabilito all’unanimità essersi trattato di una guarigione scientificamente inspiegabile. Il 6 maggio 2021 anche il Congresso dei teologi ha espresso positivamente il suo giudizio e il processo “super miro” si è chiuso il 5 ottobre 2021 con il voto positivo della Sessione ordinaria dei cardinali e vescovi. Quindi, con decreto del 13 ottobre 2021, il miracolo è stato riconosciuto e sancito da papa Francesco.

Avvenire

IL TESTIMONE Pierluigi Quatrini, un vero sacerdote del nostro tempo

Avvenire

Una bella sorpresa quella del 16 novembre sera, quando il vescovo Romano Rossi ha annunciato l’inizio del percorso che potrebbe portare alla beatificazione di don Pierluigi Quatrini, un sacerdote diocesano, già parroco di Manziana, morto giovane una decina di anni fa. Una iniziativa dovuta esclusivamente al vescovo che, in questi anni di ministero episcopale, ha sentito numerose e positive risonanze della vita e dell’opera di don Pierluigi. L’unico desiderio del vescovo era quello di riscoprire una figura che potesse essere di esempio per il clero e per il popolo di Dio. L’avvio del percorso non cancella il ricordo e il dolore per la perdita prematura di questo giovane sacerdote che la famiglia e gli amici non hanno cessato di ricordare in tutti questi anni. Ma si tratta di trovare una spiegazione alla venerazione che ha circondato la sua figura.

L’inizio del percorso, per ora informale, non è un’avventura semplice, e breve.

Per ora è la diocesi di Civita Castellana che si fa promotrice dell’iniziativa, ma ci si augura che possa essere portata avanti in modo più fecondo da un’associazione, come quella che a tutt’oggi tiene viva la memoria di don Pierluigi.

L’incarico di iniziare il lavoro è stato affidato a don Augusto, che ha fatto appello a quanti hanno conosciuto questo sacerdote, a farsi avanti dando la loro testimonianza sia in forma orale che scritta. In particolare ha ribadito la necessità di riscoprire i suoi scritti, le sue eventuali pubblicazioni. E si tratterà anche di elaborare una prima biografia che lo faccia maggiormente conoscere alla gente. Nessuno nasconde le difficoltà di questo lavoro, ma è giusto che il popolo di Dio possa esprimere tutta la sua fiducia verso questo figura di pastore. Un primo passo è stato la celebrazione dell’anniversario della morte fatta per la prima volta nella Cattedrale di Civita Castellana. In questo momento di pandemia è bello pensare ad un prete che si è dedicato anima e corpo al suo popolo.

Editto causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Mons. Pietro Margini

Il Vescovo Massimo Camisasca ha previsto di dare inizio al procedimento canonico per la beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Mons. Pietro Margini. La fase preparatoria, secondo le Normae servandae n. 11b della Congregazione delle Cause dei Santiprevede che il Vescovo: “renda pubblica la petizione del Postulatore nella propria Diocesi invitando tutti i fedeli a fornirgli notizie utili riguardanti la causa”. Tale pubblicazione viene effettuata tramite un Editto esposto in luogo pubblico ecclesiale (in Curia e alle porte delle chiese parrocchiali) e sul giornale diocesano a partire dall’8 gennaio 2019, in cui ricorreva il 29° anniversario della nascita al cielo del Servo di Dio.

Pubblichiamo il testo tratto da La Libertà del 9 Gennaio 2019

Pubblichiamo il testo.

Numerosi fedeli di questa Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla mossi dalla fama per le virtù, la vita e il cuore generoso e autenticamente cristiano, del Servo di Dio Mons. PIETRO MARGINI, mi hanno rivolto la domanda di introdurre la sua Causa di Beatificazione e Canonizzazione. Il movimento “Familiaris Consortio”, promosso dal Servo di Dio, si è costituito Attore della Causa ed è stato approvato come tale con mio decreto in data 9 maggio 2017 (Prot. n. 113/2017-A).
Esaminata attentamente la richiesta, avuto il parere favorevole dei Vescovi della Conferenza Episcopale Regionale dell’Emilia-Romagna in data 18 settembre 2017, ed il Nulla-Osta della Congregazione delle Cause dei santi in data 11 gennaio 2018 (Prot. N. 3363-1/17), ho deciso di dare inizio al processo canonico circa la vita, le virtù e la fama di santità in specie e i fatti straordinari in genere del Servo di Dio Mons. Pietro Margini.

Il Servo di Dio Mons. Pietro Margini nacque a Sant’Ilario d’Enza il 5 gennaio 1917. Già prima della nascita, davanti all’immagine della Madonna del Carmelo venerata nella chiesa del paese, venne consacrato dalla madre perché diventasse sacerdote. Fu battezzato il 23 gennaio del 1917. L’infanzia di Pietro, pur caratterizzata da precarie condizioni economiche, trascorse serena: la testimonianza di una fede semplice e di un amore delicato e premuroso tra i suoi genitori forgiarono il suo cuore. Nell’estate del 1928 maturò il desiderio di diventare sacerdote. Sotto lo sguardo dei suoi Superiori custodì e accrebbe per tutto il tempo del Seminario la gioia e la consapevolezza della grande chiamata ricevuta dal Signore. Nominato Prefetto nel 1938, sperimentò per la prima volta la paternità spirituale nei confronti dei giovani seminaristi a lui affidati. Venne ordinato il 9 giugno 1940 da S. E. Edoardo Brettoni.

Il 7 ottobre dello stesso anno fu mandato come coadiutore nella parrocchia dei Santi Quirino e Michele a Correggio.
Da subito il parroco gli affidò l’incarico di Direttore spirituale del Conservatorio Contarelli, l’insegnamento della religione cattolica nell’Istituto Tecnico “Duca degli Abruzzi” e nella scuola media statale di Correggio. Iniziò così la sua opera tra i giovani, trascorrendo con loro molto del suo tempo, senza risparmiarsi, compromettendo la fragile salute. Guarito prodigiosamente, per intercessione della Madonna, da una grave malattia che lo portò in fin di vita, nel 1946 riprese la sua intensa attività pastorale.
All’insegnamento nella Scuola Media si aggiunse anche quello nel Liceo Classico “Rinaldo Corso”, e nel neo Istituto Magistrale “San Tomaso d’Aquino”. Venne nominato Assistente dei gruppi giovanili, maschili e femminili, dell’Azione Cattolica, che iniziò a formare attraverso la vita sacramentale e la direzione spirituale.

Ispirato dalla meditazione dell’enciclica Mystici Corporis Christi di Pio XII (29 giugno 1943), verso la metà degli anni ‘50 propose ad alcuni giovani un ideale di vita ispirato a quello delle prime comunità cristiane. Nel 1957, a Correggio, nacque così la prima piccola comunità – “Santa Maria dell’Annunciazione” costituita da coppie di fidanzati che presto sarebbero stati sposi.

Il 28 agosto del 1960 don Pietro entrò a Sant’Ilario d’Enza come nuovo parroco: fu l’inizio di una nuova e feconda stagione pastorale. Erano gli anni del Concilio Vaticano II: don Pietro ne studiò profondamente le istanze che ispirarono il suo ministero. Alcune famiglie lo raggiunsero da Correggio per condividere, giorno dopo giorno, l’opera pastorale e la vita con lui. Don Pietro coinvolse sempre più i laici, affidando loro responsabilità in molti settori delle attività pastorali ed educative con la fondazione di scuole parrocchiali. L’attività principale di don Pietro rimase la cura delle anime attraverso la direzione spirituale e la formazione.
Gli anni ’80 furono segnati, inoltre, da una profonda gioia per don Pietro: tra i suoi figli spirituali fiorirono le prime tre vocazioni al sacerdozio. Alcuni anni prima erano stati ordinati tredici diaconi permanenti: i primi sette, nel Giovedì Santo del 1978; gli altri sei, il 25 giugno 1983.

Gli ultimi anni della sua vita furono intensissimi nonostante il calare delle forze. Nel 1988 diede inizio anche al restauro della chiesa parrocchiale. Il 19 giugno dello stesso anno si realizzò un grande sogno di don Pietro: consacrare a Cristo per le mani di Maria, secondo l’insegnamento di San Luigi Maria Grignion da Montfort, un centinaio di famiglie. Il Servo di Dio morì l’8 gennaio 1990, circondato da sicura fama di santità, perdurante nel tempo e viva ancora oggi.

Nel portare a conoscenza della Diocesi questa iniziativa, invitiamo tutti e singoli i fedeli a comunicarci direttamente o a far pervenire al Tribunale Diocesano tutte quelle notizie, dalle quali si possano in qualche modo arguire elementi favorevoli o contrari alla vita virtuosa e alla fama di santità del Servo di Dio. Dovendosi inoltre raccogliere, a norma delle disposizioni canoniche, tutti gli scritti a lui attribuiti, chiediamo, col presente Editto, di rimettere con sollecitudine al medesimo Tribunale qualsiasi scritto, che abbia come autore il Servo di Dio, qualora ne fossero in possesso e non l’avessero già consegnato alla Postulazione della Causa.
Stabilisco che il presente Editto rimanga affisso, per la durata di due mesi, all’Albo della Curia Vescovile e alle porte delle parrocchie della Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, a partire dal prossimo 8 gennaio 2019.

Dato in Reggio Emilia, 19 dicembre 2018. Prot. N. 458/2018-A.

+ Massimo Camisasca