In mostra Gregorio Preti “Pittore di buon nome”

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Messo immeritatamente in ombra, per secoli, dalla fama del più giovane fratello, Gregorio Preti (1603-1672), sta vivendo da qualche anno una stagione di vera e propria riscoperta. In questo filone, avviato negli anni scorsi soprattutto grazie in gran parte all’opera di John T.

Spike, critico e storico dell’arte tra i maggiori conoscitori dell’arte pretiana e presidente dell’Archivio Pretiano Internazionale che ha sede a Taverna, cittadina della Presila Catanzarese che diede i natali ai due artisti, si inserisce la mostra “Gregorio Preti, pittore di buon nome. Storia di una riscoperta”, curata dallo stesso Spike e da Giuseppe Valentino, direttore del Museo civico di Taverna che sarà inaugurata il prossimo 22 dicembre.
Fratello maggiore e primo maestro nell’arte pittorica del Cavaliere calabrese, Gregorio è stato per almeno un quarantennio accademico di San Luca e appartenente alla Congregazione dei virtuosi del Pantheon.
Malgrado la riconosciuta validità artistica, solo da qualche tempo il più anziano dei fratelli Preti – compartecipi in molte opere pittoriche che impreziosiscono chiese e musei in Italia e nel mondo – ha potuto riacquistare una certa visibilità sebbene sempre in qualche modo condizionata dal genio di Mattia che egli accolse poco più che adolescente, dopo un avventuroso viaggio dalla Calabria a Roma, e avviò all’arte pittorica nella sua bottega della città eterna.
Gregorio Preti, che giunse a Roma nel 1624, fu poi allievo dello Spagnoletto e del Domenichino prima di partire per Napoli nel 1630. Nella città dei Papi ebbe probabilmente la protezione degli Aldobrandini, signori di Rossano, e ciò favorì le sue relazioni con importanti collezionisti. Tra il 1632 e il 1636 visse con il fratello a testimonianza dello stretto legame che li univa. Fu proprio Gregorio, come ha documentato lo storico e critico d’arte Carlo Carlino in un libro, edito da Iiriti, che chiarisce molte vicende ancora non perfettamente studiate, a facilitare al fratello arrivato a Roma poco più che adolescente, i rapporti che questi poi intrattenne con i Rospigliosi, i Borghese, i Pamphilij.
La collaborazione fra i due fratelli si interruppe nel 1642 quando Mattia viene nominato cavaliere dell’Ordine di Malta e iniziò un percorso indipendente. La coppia si ritrovò tuttavia nel 1652 per dipingere a quattro mani la controfacciata di San Carlo ai Catinari. L’anno seguente Mattia lasciò Roma per proseguire a Napoli e a Malta la sua carriera.
La mostra dedicata a Gregorio Preti, ospitata all’interno delle sale del Museo civico di Taverna, rimarrà a disposizione dei visitatori fino al 20 febbraio 2023. (ANSA).

Shopping d’autore, 8 meraviglie dell’artigianato italiano Arte, curiosità e tradizioni dalla Valle d’Aosta alla Sicilia

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Da nord a sud il nostro Paese è ricco di tradizioni artigianali, legate alle materie prime reperibili nei singoli territori.

In vista del Natale, il portale Campeggi.com ci fa viaggiare alla scoperta delle diverse forme artigianali italiane, dalla lavorazione del legno in Valle d’Aosta fino a quella della filigrana in Sardegna, passando per la liuteria tradizionale cremonese e le tovaglie perugine.
Protagonista dell’artigianato valdostano è il legno, le cui tecniche di lavorazione e intaglio vengono tramandate da secoli.

Queste trovano una delle loro massime espressioni nella “coppa dell’amicizia”, un recipiente con coperchio caratterizzato da diversi beccucci, nel quale viene versata una bevanda locale a base di grappa e caffè. La tradizione vuole che, durante i ritrovi tra amici, la coppa venga passata di mano in mano in senso orario, bevendo à la ronde, ognuno da un beccuccio diverso.
Iscritta tra i patrimoni culturali immateriali dell’Unesco, la liuteria tradizionale cremonese è una delle forme d’artigianato italiano più celebri del mondo. Le sue origini risalgono al 1539, quando Andrea Amati avviò la sua bottega aprendo così la strada ad altre famiglie come i Guarneri e gli Stradivari, che portarono avanti la tradizione per secoli creando violini, violoncelli, viole e contrabbassi per alcuni dei più grandi maestri della musica. Oggi la tradizione è più viva che mai grazie alla scuola internazionale di liuteria e al Museo del violino, ospitato all’interno del Palazzo dell’Arte di Cremona.
L’alabastro è una roccia che si forma grazie all’accumulo millenario di gesso o calcare, materiali facili da lavorare. I primi in Italia a maneggiare con maestria l’alabastro furono gli etruschi, la cui eredità oggi vive tra le strade di Volterra, dove è possibile trovare manufatti tra i più pregiati d’Europa.
Le realizzazioni degli artigiani locali si possono ammirare e acquistare all’interno delle botteghe del centro, mentre la storia e l’antica tradizione legata a quest’arte sono raccontate all’interno dell’Ecomuseo dell’alabastro.
Tele di lino bianco arricchite con trame e figure in cotone blu tinto a indaco, verde o rosso: sono le preziosissime tovaglie perugine, nate tra le strade della città umbra tra il Medioevo e il Rinascimento e poi apprezzate e commercializzate in tutta Europa. Queste piccole opere d’arte realizzate dalle mani delle donne di Perugia, la cui lunga e preziosa tradizione è raccontata all’interno del museo-laboratorio nell’ex chiesa di san Francesco delle Donne, vengono ancora oggi create esclusivamente grazie a telai manuali a pedali, le cui lavorazioni impiegano anche 20 giorni.
In passato, era usanza comune preparare il proprio pane tra le mura domestiche per poi portarlo al forno cittadino per cuocerlo. A Matera, dove questa consuetudine durò fino agli anni Cinquanta, per distinguere le diverse pagnotte le famiglie imprimevano sull’impasto un simbolo, con un timbro in legno, riconoscibile anche da chi non sapeva né leggere né scrivere.
Anche se ora questa tradizione è stata abbandonata, gli artigiani locali continuano a intagliare i timbri del pane come memoria storica cittadina. A questi è legata anche un’altra tradizione: pare, infatti, che i materani fossero soliti regalare un timbro alle ragazze per chiedere loro la mano.
Brognaturo è un piccolo centro non lontano da Vibo Valentia, dove gli artigiani realizzano a mano le pipe, piccole e preziosissime opere d’arte. Questi oggetti, fiore all’occhiello dell’artigianato locale, sono intagliati nella radica di erica arborea, un legno durissimo caratterizzato da venature uniche nel loro genere e uno dei migliori e più pregiati al mondo per la realizzazione delle pipe. Il segreto è nel basso contenuto di tannini che, se presenti in grandi quantità, sono responsabili delle note amare e aspre percepite dai fumatori.
La filigrana sarda è una lavorazione dell’oro e dell’argento che consiste nel modellare e nell’intrecciare filamenti di metallo estremamente sottili. Diventata uno dei maggiori esempi d’artigianato, in Sardegna quella della filigrana è un’arte che viene utilizzata per ornamenti e gioielli spesso legati alla tradizione e alle leggende dell’isola, come quella secondo la quale questa tecnica sarebbe in grado di attirare forze magiche e benigne. E’ questo anche il motivo per cui viene spesso utilizzata per la realizzazione delle fedi o per la creazione dei bottoni degli abiti degli sposi.
Le teste di moro sono una delle massime espressioni dell’artigianato siciliano e affondano le loro radici in un’antica leggenda. Si racconta che nella Palermo dell’anno Mille vivesse una fanciulla che era solita trascorrere le giornate sul balcone a occuparsi delle sue piante. Un giorno, un principe moro passò di lì e i due si innamorarono perdutamente, ma quando lui le confessò di avere moglie e figli, lei, accecata dalla gelosia, gli tagliò la testa per poi esporla sul balcone con una piantina di basilico sulla cima. I passanti, affascinati da quella che pensavano essere un’opera d’arte, chiesero agli artigiani locali di realizzare dei vasi simili in terracotta, dando così vita a una tradizione millenaria che è ancora oggi viva in tutta l’isola e, in particolare, nell’area di Caltagirone. (ANSA).

 

Notizie attualità 26 Agosto 2022



Voglia di normalità e spettacoli live, cultura attrae turismo

L’estate 2022 segna un ritorno alla normalità per le attività culturali dal vivo e per la relativa spesa.

Voglia di normalità che è ormai nei fatti e che genera un’inversione di tendenza anche se ancora parzialmente condizionata dal Covid. La spesa media per beni e consumi culturali estivi sarà di 125 euro a persona.

A crescere in misura particolarmente significativa rispetto a giugno è la visita a mostre, musei e siti archeologici (+14%), l’andare al cinema (+13%) e al teatro (+5%), la partecipazione agli eventi dal vivo, soprattutto spettacoli all’aperto (+7%), concerti e festival culturali (+6%).
    Sono alcuni dei risultati che emergono dall’Osservatorio di Impresa Cultura Italia Confcommercio, in collaborazione con Swg, sui consumi culturali degli italiani.
    In crescita anche la lettura di libri sia in cartaceo (+6%) che in digitale (+2%). Il 45% degli intervistati fruirà dell’offerta culturale estiva nella propria città anche se meno ricca di eventi rispetto al periodo pre-pandemico.
    Si conferma che le iniziative culturali sono un importante attrattore nelle località turistiche: il 68% degli intervistati che andranno in vacanza parteciperà ad attività culturali nelle località di villeggiatura con una spesa media pro capite di 95 euro. Gli eventi più attrattivi per i turisti sono quelli enogastronomici, seguiti dalle visite a musei e siti archeologici, concerti e festival culturali. In generale, un’ampia platea di turisti guarda con attenzione all’offerta culturale durante le vacanze e soggiorna in luoghi dove sa di trovare iniziative culturali interessanti.
    Per il Presidente di Impresa Cultura Italia-Confcommercio, Carlo Fontana, “i segnali positivi sui consumi culturali estivi e la ritrovata normalità per gli eventi dal vivo sono un’ottima notizia. Ci sono, dunque, i presupposti perchè questa tendenza positiva si confermi e si rafforzi anche nei prossimi mesi. Per questo, ora più che mai, servono misure mirate ed efficaci che spingano la ripresa dei consumi e gli investimenti nel settore”.
    (ANSA).