CHIESA E MALATI: Nessuno è abbandonato

Lo scrive Benedetto XVI, che nel Messaggio per la XX Giornata mondiale del Malato – in programma l’11 febbraio, sul tema: “Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato” (Lc 17,19) – si sofferma sui “sacramenti di guarigione”, cioè sul sacramento della Penitenza e della Riconciliazione, e su quello dell’Unzione degli Infermi, che hanno il loro “naturale compimento” nell’Eucaristia. “Prendere coscienza dell’importanza della fede per coloro che, gravati dalla sofferenza e dalla malattia, si avvicinano al Signore”: questo l’invito del Papa, anche in vista della Giornata mondiale del Malato che si celebrerà in Germania l’11 febbraio del 2013, e al centro della quale ci sarà “l’emblematica figura del samaritano”.

La salute riacquistata. “La salute riacquistata – scrive il Santo Padre – è segno di qualcosa di più prezioso della semplice guarigione fisica, è segno della salvezza che Dio ci dona attraverso Cristo”, e che “trova espressione nelle parole di Gesù: la tua fede ti ha salvato. Chi, nella propria sofferenza e malattia, invoca il Signore è certo che il Suo amore non lo abbandona mai, e che anche l’amore della Chiesa, prolungamento nel tempo della sua opera salvifica, non viene mai meno”. In questa prospettiva, “la guarigione fisica, espressione della salvezza più profonda, rivela l’importanza che l’uomo, nella sua interezza di anima e di corpo, riveste per il Signore”. Il “binomio tra salute fisica e rinnovamento delle lacerazioni dell’anima” ci aiuta, quindi, a “comprendere meglio” i sacramenti di guarigione.

La medicina della confessione. Nel sacramento della Penitenza, che il Papa definisce “medicina della confessione”, l’esperienza del peccato “non degenera in disperazione, ma incontra l’Amore che perdona e trasforma”. In questo modo “il momento della sofferenza, nel quale potrebbe sorgere la tentazione di abbandonarsi allo scoraggiamento e alla disperazione, può trasformarsi in tempo di grazia per rientrare in se stessi e, come il figliol prodigo della parabola, ripensare alla propria vita, riconoscendone errori e fallimenti, sentire la nostalgia dell’abbraccio del Padre”. “La Chiesa, continuando l’annuncio di perdono e di riconciliazione fatto risuonare da Gesù, non cessa di invitare l’umanità intera a convertirsi e a credere al Vangelo”, sottolinea il Pontefice, ricordando che “il sacramento della Penitenza è stato spesso al centro della riflessione dei Pastori della Chiesa, proprio a motivo della grande importanza nel cammino della vita cristiana”.

Un sacramento dimenticato. C’è poi l’Unzione degli Infermi, un sacramento che “merita oggi una maggiore considerazione, sia nella riflessione teologica, sia nell’azione pastorale verso i malati”, e che non va ritenuto “quasi un sacramento minore rispetto agli altri”, ma anzi un segno “della tenerezza di Dio per chi è nella sofferenza”. “Con l’Unzione degli Infermi, accompagnata dalla preghiera dei presbiteri – fa notare il Papa – tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché allevi le loro pene e li salvi, anzi li esorta a unirsi spiritualmente alla passione e alla morte di Cristo, per contribuire così al bene del popolo di Dio”. “A coloro che, per motivi di salute o di età, non possono recarsi nei luoghi di culto”, va assicurata “la possibilità di accostarsi con frequenza alla Comunione sacramentale”, raccomanda il Papa, secondo il quale “è importante che coloro che prestano la loro delicata opera negli ospedali, nelle case di cura e presso le abitazioni dei malati si sentano veri ‘ministri degli infermi’”, anche quando l’Eucaristia è “amministrata e accolta come viatico”, sacramento “del passaggio dalla morte alla vita, da questo mondo al Padre”.

Le parole della speranza. Il Messaggio per la XX Giornata mondiale del Malato guarda anche al prossimo “Anno della fede”, che inizierà l’11 ottobre, e che Benedetto XVI considera “occasione propizia e preziosa per riscoprire la forza e la bellezza della fede, per approfondirne i contenuti e per testimoniarla nella vita di ogni giorno”. A conclusione del Messaggio, il Papa incoraggia i malati e i sofferenti a “trovare sempre un’ancora sicura nella fede, alimentata dall’ascolto della Parola di Dio, dalla preghiera personale e dai sacramenti”, ed esorta i sacerdoti ad “essere sempre più disponibili alla loro celebrazione per gli infermi, pieni di gioia, premurosi verso i più deboli, i semplici, i peccatori, manifestando l’infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza”.

 Da Agenzia SIR del 3 Gennaio 2012

Fraternità anti-crisi: la Chiesa per la gente

Combattere la sofferenza economica delle famiglie e l’usura, rendendo più accessibile il credito. È tutta in questo obiettivo la ricetta anti-crisi messa in campo in Sicilia da Caritas e Regione con il microcredito per famiglie, lanciato durante un periodo «forte» come l’Avvento che avvicina al Natale. Uno strumento per quei nuclei familiari che non riescono ad accedere al credito bancario per mancanza di garanzie, ma che presentano potenzialità economiche tali da garantire la restituzione di un microprestito in pochi anni.
La Regione investe 12 milioni di euro per 2.500 interventi iniziali, in base alle richieste che saranno selezionate e seguite da 50 enti no profit e dalla Caritas in tutta l’Isola. «Da gennaio avvieremo il microcredito per le famiglie, per dare risposte vere alle sacche di povertà – garantisce l’assessore regionale al Bilancio, Gaetano Armao, che ieri ha presentato l’iniziativa a Palermo –. Questo provvedimento entrerà in vigore contemporaneamente al microcredito per le imprese e servirà a far sentire le famiglie meno sole».
Lungi dall’assistenzialismo, il microcredito è uno strumento di sostegno al reddito ma solo per spese in alcuni settori essenziali: casa, salute, istruzione, progetti di vita familiari volti a migliorare le condizioni sociali, economiche e lavorative. Le 50 tra associazioni, fondazioni e diocesi che faranno da tramite per raccogliere e scremare le istanze accompagnando le famiglie nell’espletamento delle procedure, vigileranno affinché siano rispettate queste finalità. «È la realizzazione concreta di qualcosa che pochi anni fa era un sogno – osserva don Sergio Librizzi, delegato regionale delle Caritas –. La situazione economica delle famiglie si aggrava. C’è chi pensa che iniziative come queste non creino sviluppo e indipendenza. Invece, è il modo di evitare un danno maggiore in un momento particolarmente difficile».
Il singolo prestito non potrà superare i 6 mila euro, ma ogni famiglia potrà usufruire di più finanziamenti successivi, purché quello precedente sia stato estinto e per un massimo di 25 mila euro in totale. Unicredit è la banca che si è aggiudicata la gara per il servizio di tesoreria e sarà non solo il gestore del fondo di garanzia ma lo sosterrà finanziariamente. «Unicredit considera il microcredito un importante strumento di aiuto alle famiglie che si trovano in un momentaneo stato di difficoltà – sottolinea Roberto Bertola, responsabile per la Sicilia –. In tal modo è possibile, con i meccanismi del mondo bancario, combattere l’usura».
È invece dal Giubileo per Napoli, indetto dal cardinale Crescenzio Sepe il 16 dicembre 2010 e ormai alla conclusione, che nasce il «Call center della solidarietà» presentato sempre ieri. «Un contributo per dare risposte a emergenze oggi ancora più sentite, non in supplenza delle istituzioni – precisa il cardinale – ma come Chiesa che sente il comando del Signore a stare con i poveri».
Durante il percorso giubilare è emersa la presenza attiva di tante strutture che si occupano di persone sole, povere, in disagio, ma è apparsa evidente la scarsità di collegamento tra loro, con l’incapacità di un’azione comune. Una situazione che ha spinto Arcidiocesi di Napoli, Fondazione Vodafone, Regione Campania, Fondazione «In Nome della Vita» e la Cisl Campania a ipotizzare una forma di intervento nuova, coniugando la tutela della fasce a forte rischio di esclusione sociale con le più moderne tecnologie.
Il progetto, attivo dal prossimo anno, segue le modalità note dei call center telefonici con la particolarità che sarà «un’informazione vera», come sottolinea Sepe, mettendo in rete una vasta gamma di servizi per offrire risposte ai problemi sociali più comuni attraverso percorsi di uscita dall’emarginazione e di autonomia personale.
Chi dal 1° marzo 2012 chiamerà un numero verde – che sarà comunicato – potrà ottenere aiuto per ogni necessità quotidiana: accompagnamento, ricovero, assistenza previdenziale, cure mediche, orientamento legale, ospitalità notturna e diurna, ricerca di lavoro, segnalazione di emergenze sociali… «L’obiettivo – spiega Antonio Bernardi, presidente della Fondazione Vodafone – è realizzare interventi efficaci attraverso la costruzione e il coordinamento di reti solidali che coinvolgano tutti gli attori sociali. Siamo convinti che queste situazioni, se affrontate in maniera sinergica e in una cornice di responsabilità collettiva, potranno nel tempo restituire valore alle comunità».

 

Alessandra Turrisi e Valeria Chianese – avvenire.it

DISINFORMAZIONE: Chiesa e Ici, il fronte delle falsità alza il tiro

Come prima. Anzi persino peggio. La nuova campagna mistificatoria sulla Chiesa «rea» di non (voler) pagare l’Ici, fa segnare questa volta, accanto alle purtroppo solite macroscopiche falsità, un pericoloso salto di qualità, che tuttavia porta allo scoperto la vera posta in palio: colpire la Chiesa nelle sue attività assistenziali e di carità. Che poi non sono «sue», ma vanno a vantaggio degli strati meno abbienti della società. Per di più, dietro i campanili messi nel mirino, si vede il profilo dell’intero mondo del non profit.

C’è insomma chi continua, come un disco incantato, a chiedere imposizioni fiscali che già esistono e vengono pagate da chi di dovere (chi non lo fa sbaglia e va sanzionato secondo la legge). E non si capisce se alcuni leader di partito come Antonio Di Pietro (Idv) e Nichi Vendola (Sel), un presidente di Regione come Renata Polverini (Lazio) o semplici parlamentari come Gabriella Giammanco (Pdl), che ieri ha fatto eco a quanto aveva detto martedì il ben conosciuto e più “pesante” compagno di partito Denis Verdini, le chiedano per «semplice» disinformazione o per cattiva fede.

Ma bisogna anche registrare una singolare iniziativa di 20 deputati del Pd. In una mozione presentata ieri a Montecitorio, i firmatari impegnano il governo «ad attivare le necessarie procedure per determinare il gettito che deriverebbe dalla tassazione del patrimonio della Chiesa Cattolica, richiedendo il pagamento di una quota pari al 30 per cento del totale del gettito stimato».

I 20 deputati – tra i quali figurano Barbara Pollastrini, Paola Concia, Ileana Argentin, Leonard Touadì e Cinzia Capano – «chiedono di intervenire con opportuni provvedimenti su situazioni che nel passato sono state sottratte alla tassazione normalmente applicata sul territorio della Repubblica. È il caso – sostengono – degli immobili di proprietà dello Stato del Vaticano». Insomma, poco ci manca, pare di capire data la formulazione abbastanza confusa, che venga chiesto di pagare l’Ici anche sulla Basilica di San Pietro. Ridicolo. Come chiedere di pagare l’Ici a immobili siti in Francia o in Svizzera.

Di fronte a simili prese di posizione, non resta che ripetere per l’ennesima volta – come <+corsivo>Avvenire<+tondo> ha fatto ciclicamente, citando casi e norme – che le attività commerciali e gli immobili di proprietà di enti religiosi dati in affitto sono assoggettati all’Ici e alle altre forme di tassazione come qualunque altra attività o situazione analoga. Se c’è chi si sottrae al dovere, compie un errore grave.
Ieri, lo ha ribadito anche il sito internet di Famiglia Cristiana («se si vuole un esempio di provocazione laicista all’insegna dell’oscurantismo e della “disinformatia”, allora si può prendere quella allestita contro l’esenzione dall’Ici»).

E lo hanno sottolineato anche le parlamentari del Terzo Polo, Emanuela Baio e Paola Binetti. «certi “miti” vanno sfatati una volta per tutte perché sono pura fantasia: la Chiesa paga l’Ici, come prevede la legge e come dimostrano le documentazioni reperibili da tutti gli organi competenti. Solo i luoghi di culto o quelli destinati al non profit, di ispirazione laica o religiosa – ricordano – hanno diritto ad esenzioni, come, è bene sottolinearlo, previsto dalla legge. È impensabile tassare la solidarietà che, senza fini di lucro, svolge e spesso sopperisce a un sistema di welfare che lo Stato non riesce a garantire soprattutto alle persone più fragili e agli emarginati».

Un tasto, quello della iniqua tassazione della solidarietà, sul quale battono anche altri esponenti politici. Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc: «È giusto esentare dall’Ici i locali adibiti alle attività di culto, beneficenza e carità». Giuseppe Fioroni, esponente del Pd: «Se vogliamo mettere in difficoltà la Chiesa nel fare opere di carità, di assistenza e di sostegno agli ultimi della società, allora facciamo questi discorsi…».

Alfredo Mantovano (Pdl): «L’Ici è già un’imposta odiosa, perché normalmente sanziona chi ha risparmiato. Pretendere di estenderla agli immobili delle parrocchie o delle istituzioni che aiutano la povertà è fuori dal buonsenso». Inequivocabile anche l’ex ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini che parla di «demagogia» e «spirito di rivalsa». Antonio Satta, dell’Upc, dice che «la questione è malposta e risente di afflati anticlericali. Perché non mettere sulla bilancia quanto parrocchie e diocesi fanno per la nostra società?». E «contrarissimo» si dice anche Rocco Buttiglione (Udc) che sintetizza: «L’Ici penalizzerebbe le attività caritative della Chiesa e toglierebbe denaro ai poveri».

Mimmo Muolo – avvenire.it

Media e verità dell'uomo

di ANTONIO CAÑIZARES LLOVERA

Lavorare nei media è appassionante ma difficile; può sembrare facile solo a chi non ha mai deciso di farlo veramente. In effetti, non è facile servire ogni giorno l'uomo con l'aiuto della parola, poiché quest'ultima, per sua natura, indicando la verità delle cose, è sacra. Il sacro esige amore e rispetto ed esclude la manipolazione. Colui che mostra la verità deve lasciarsi guidare da essa, ma dovrebbe anche cambiare la propria vita. Il suo oggetto è l'uomo, la sua storia e il suo vissuto, la notizia che lo ha come protagonista e lo interessa: la verità dell'uomo. I professionisti dei media sono notai della realtà, ma di una realtà non distorta, la realtà nella sua verità e nella sua verità completa: non parziale né posta al servizio di interessi che non siano quelli del bene dell'essere umano, della persona e della società, anch'essa nella sua verità. La nostra società ha un debito grandissimo verso la verità. Soffre sotto il potere dominante del relativismo che è senza dubbio un cancro della nostra cultura e della nostra società. C'è assenza e carenza di libertà, sebbene le apparenze indichino il contrario; abbondano i surrogati della libertà. Tutto ciò perché si offende la verità, perché si cerca di assoggettare la verità e di servirsene invece di servirla, perché si manipola la realtà, perché la si mette al servizio di interessi e di poteri. I professionisti dei media, da quelli che li dirigono e finanziano a quelli che vi svolgono le funzioni più semplici, hanno qui una responsabilità molto grande: ci saranno una società libera, una nuova civiltà dell'amore, una cultura della vita e la pace fra i popoli solo se i media serviranno la verità, la verità dell'uomo. Nel raccontare ciò che vedono, i professionisti dei media rivelano quello che sono. Leggendo un articolo sentiamo immediatamente come il giornalista tratta l'uomo e le cose; o cerca di comprendere gli uomini così come sono o li pensa come una materia con la quale si può fare quel che si vuole. Quando per un giornalista la realtà è sacra, la parola con cui si cerca di mostrarla non è soggetta alla manipolazione. È una parola libera e al servizio della libertà, sempre inseparabile dalla verità. La verità delle cose, degli avvenimenti e la verità dell'uomo esigono dai giornalisti un lavoro che essi potranno portare avanti solo se saranno liberi. Essere liberi significa appartenere alla verità o, meglio ancora, essere capaci di rischiare tutto per essa. La loro ricerca della verità, la loro passione per la verità, il loro servizio alla verità dovrebbero essere, in linea di principio, uno dei loro maggiori contributi alla costruzione di una società libera e democratica, con una base etica, al suo riarmo morale, al superamento della crisi attuale, che non è una mera crisi economica, ma crisi morale, poiché in fondo è un fallimento, una crisi della verità dell'uomo. Condivido ciò che Giovanni Paolo II disse ai rappresentanti dei media nella sua prima visita in Spagna nel 1982: "La ricerca della verità irrinunciabile richiede uno sforzo costante, impone di situarsi nell'adeguato livello di conoscenza e di selezione critica. Non è facile, lo sappiamo bene. Ogni uomo porta dentro le proprie idee, le sue preferenze e perfino i suoi pregiudizi. Ma chi è responsabile della comunicazione non può farsi scudo di ciò che si è soliti chiamare l'impossibile obiettività. Se è difficile un'obiettività completa e totale, non lo è, però, lo sforzo per scoprire la verità, la decisione di offrire la verità, l'abitudine a non manipolare la verità, l'atteggiamento di incorruttibilità di fronte alla verità. Con la sola guida di una retta coscienza etica, senza cedimenti per motivi di falso prestigio, di interesse personale, politico, economico o di parte". Tutti i professionisti dei media, e in modo particolare quelli che professano la fede cristiana, troveranno in Gesù Cristo, testimone della verità che è venuto per illuminare tutti gli uomini, una luce e una guida per il loro agire e per il loro servizio. La sua presenza è luce e speranza per le genti, è fonte di unità per tutti, è principio di umanizzazione per ogni uomo e per ogni donna, senza eccezioni, è guarigione e futuro per tutti: la sua parola viene cercata e ascoltata perché porta la verità. La sua parola porta salvezza, pace e speranza per gli uomini. Egli è la Parola che rivela il mistero di Dio e svela all'uomo il suo stesso mistero; in lui troviamo la verità di Dio e, inseparabilmente unita, la verità dell'uomo. (©L'Osservatore Romano 16 luglio 2011)

Sabato 11 giugno, nella Viglia di Pentecoste. Chiesa in festa per il dono di tre nuovi sacerdoti

L'intera comunità diocesana è in festa per l'ordinazione di tre nuovi sacerdoti: Stefano Borghi (il primo da sinistra nella foto) della parrocchia S. Ilario d'Enza, Stefano Manfredini (il secondo da sinistra) di Santa Teresa d'Avila in città e Giovanni Valentini originario di Codemondo (nella foto è vicino al Vescovo Lorenzo).

Sacerdoti ordinati a Reggio Emilia 11 Giugno 2011
Mons. Adriano Caprioli tra il vescovo ausiliare e i 3 sacerdoti ordinati

 

Sabato 11 giugno, nella Viglia di Pentecoste. Chiesa in festa per il dono di tre nuovi sacerdoti

L'intera comunità diocesana è in festa per l'ordinazione di tre nuovi sacerdoti: Stefano Borghi (il primo da sinistra nella foto) della parrocchia S. Ilario d'Enza, Stefano Manfredini (il secondo da sinistra) di Santa Teresa d'Avila in città e Giovanni Valentini originario di Codemondo (nella foto è vicino al Vescovo Lorenzo).

Sacerdoti ordinati a Reggio Emilia 11 Giugno 2011
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