Archeologia Egitto, 2 stanze segrete nella tomba di Tutankhamon

Due stanze segrete sono state scoperte dietro la tomba di Tutankhamon, sui lati occidentale e settentrionale, con materiale organico e metallo. Lo ha annunciato il ministro per le Antichità egiziano, Mamdouh Eldamaty in una conferenza stampa.

Si tratta del risultato della scansione ai raggi X della tomba compiuta il 26 e 27 novembre 2015, ha detto il ministro aggiungendo che le ricerche proseguiranno per scoprire la natura dei materiali ritrovati.

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Il Cairo: il ministro delle Antichità, Mamdouh el-Damaty (a sinistra), presenta alla stampa le scansioni radiografiche della celebre tomba (Ansa web)

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Gli esami condotti a novembre nella camera funeraria di Tutankhamon non hanno però risolto il giallo sull’eventuale sepoltura nella tomba della Regina Nefertiti.

“Credo ci sia sepolto qualcuno di molto importante, ma non penso sia Nefertiti”, ha detto il ministro Mamdouh Eldamaty, annunciando per il prossimo 31 marzo nuovi test radio-digitali per determinare l’ampiezza della tomba e delle mura. I risultati verranno annunciati il primo aprile. Ma non tutti la pensano come lui.

La vicenda prende le sue mosse nell’agosto dello scorso anno: l’archeologo britannico Nicholas Reeves annuncia al mondo che “ci sono le prove che il luogo della sepoltura di Nefertiti sia accessibile dall’interno della tomba di Tutankhamon”, figlio del faraone Akhenaton, il marito di Nefertiti, ma avuto con un’altra donna, la giovane regina Kiya.

Reeves, analizzando le mura della camera funeraria, ha scoperto due ingressi che con tutta probabilità sono celati da millenni. A sostanziare questa tesi la “modestià della tomba” di Tutankhamon che non sarebbe altro che una struttura “aggiunta” alla tomba originaria, quella di Nefertiti appunto.

Alcune decorazioni con scene religiose sono poi da datare prima della struttura della tomba e sarebbero servite come protezione rituale per la parte segreta, e più importante, del complesso.

Nefertiti visse nel XIV secolo a.C. nel “Nuovo Regno” e assieme al marito, l’altrettanto leggendario faraone Akhenaton, fu protagonista della rivoluzione religiosa tesa a imporre un credo monoteista, incentrato sull’adorazione del dio Aton. Tanto che come Akhenaton che cambiò nome, in realtà si chiamava Amenhotep IV, anche Nefertiti (“la bella è arrivata”) avrebbe scelto di cambiare e chiamarsi Nefer-neferu-Aton(“Aton è raggiante… la bella è arrivata”).

Dopo la restaurazione del culto originario, segnato dall’avvento al potere dei militari, i loro nomi vennero cancellati dai registri ufficiali. Le scoperte nella tomba di Luxor potrebbero aprire una nuova porta di conoscenza sulla travagliata storia degli ultimi eredi della XVIII dinastia, rimasta al potere per due secoli e mezzo quasi 4.000 anni fa.

Avvenire

Gerusalemme, apre il Terra Sancta Museum, tra reperti e multimedia

Taglio del nastro domani a Gerusalemme nel Convento della Flagellazione per la prima sezione del Museo dedicato  alla presenza cristiana in Terra Santa. Documenti, archeologia e multimedialità insieme per far immergere pellegrini e turisti nella storia della città santa.

Preziosi reperti archeologici, musica, proiezioni multimediali: tutto questo è il “Terra Sancta Museum – Via Dolorosa”. Un percorso coinvolgente che riporta alle origini della fede e restituisce vita alle pietre, testimoni della Rivelazione divina. Padre Eugenio Alliata, archeologo francescano della Custodia di Terra Santa.

R. – La prima sezione che aprirà sarà di tipo multimediale: è quella di più facile accesso alla generalità dei pellegrini perché, oltre che uno stimolo culturale e archeologico, ha anche uno stimolo emozionale. Sarà dedicata alla Via Dolorosa.

D. – Cioè la via che Gesù ha percorso con la Croce sulle spalle fino al Calvario?

R. – Dal pretorio al Golgota.

D. – Che cosa vedranno i visitatori rispetto a questa sezione multimediale della Via Dolorosa?

R. – Dunque, abbiamo attrezzato un ambiente dell’antico Convento della Flagellazione, un ambiente che conserva quelle parti che sono state trovate in sito nella costruzione dello stesso. In particolare, conserva delle parti della Fortezza Antonia, il luogo tradizionale della condanna di Gesù a Gerusalemme. Noi mostriamo un antico pavimento, chiamato Litostroto, frammenti di pietra che sono stati trovati sul posto risalenti sia all’epoca erodiana, quindi appartenenti all’antica fortezza o al tempio di Gerusalemme, sia di epoca adrianea, cioè l’epoca in cui l’imperatore romano Elio Adriano costruì la nuova città di Gerusalemme chiamandola con il suo nome: “Aelia Capitolina”. C’è poi un percorso video, musicale, di voci che accompagna il visitatore lungo la storia di questo sito. È lì che la presentazione diventa un po’ più emozionale, emotiva, perché il pellegrino viene chiamato a immedesimarsi su quel percorso che altri pellegrini hanno fatto prima di lui: “gli apostoli, anime di santi, anime di cavalieri”… Così ha scritto Papa Giovanni XXIII, quando  è venuto pellegrino in Terra Santa, era ancora semplice sacerdote della diocesi di Bergamo. Il pellegrino è chiamato a immedesimarsi in questa lunga schiera di pellegrini che sono passati prima di lui in questi luoghi.

D. – Quindi, un percorso fortemente suggestivo per riscoprire le radici della presenza cristiana in Terra Santa, ma anche favorire il dialogo con altre culture e religioni dal momento che il museo è rivolto a tutti, è aperto a tutti…

R. – Non soltanto in generale è rivolto a tutti, ma abbiamo fatto uno sforzo particolare nel preparare testi nelle varie lingue. Tra queste, anche quella ebraica e araba in maniera che anche la popolazione locale, sia gli ebrei che gli arabi, possa essere coinvolta all’interno di questa presentazione.

D. – Stiamo parlando di una prima parte di un polo museale che prevede un’estensione dell’area espositiva nei prossimi anni…

R. – Noi prevediamo che, terminato questo primo passo in Gerusalemme, possiamo estendere lo stesso concetto in altri Santuari della Terra Santa, come Nazareth per esempio, Cafaranao, Monte Tabor, Ain Karim, Betlemme. Il progetto è grande, però sappiamo che non dobbiamo realizzarlo tutto in una volta, ma lo realizzeremo a poco a poco, ma mano che sarà possibile dal punto di vista pratico.

D. – Certo, iniziative come queste rendono ancora più ricca e coinvolgente l’esperienza del pellegrinaggio in Terra Santa che – va detto – negli ultimi anni ha visto una flessione in quanto a presenze…

R. – Soprattutto dall’Europa e da altri Stati occidentali c’è stata una diminuzione notevole dovuta a molti fattori, però l’esperienza del passato ci insegna che questi sono momenti di flessione. La Terra Santa ha un’attrazione così forte! Siamo convinti che il pellegrinaggio riprenderà appena possibile.

D. – Nell’immediato, pensando alla celebrazione della Pasqua questo museo offre una ricchezza in più a chi si recherà in Terra Santa…

R. – Giustamente, abbiamo voluto che l’apertura fosse prima della Pasqua, quando l’afflusso dei pellegrini è maggiore in Gerusalemme.

Radio Vaticana

Archeologia… Croci e nomi di martiri cristiani nel deserto dell’Arabia Saudita

Chi l’avrebbe mai detto? Croci e nomi di martiri cristiani nel deserto dell’Arabia Saudita. Oltre un chilometro di iscrizioni su roccia, risalenti alla fine del V secolo, in una lingua “nabateo-araba”, che è una sorta di aramaico locale. Li ha scoperti la missione archeologica franco-saudita diretta da Frédéric Imbert, docente dell’università di Aix-Marseille, che ha presentato i risultati all’università americana di Beirut. Ne dà notizia il quotidiano libanese l’Orient-Le Jour (GUARDA LE FOTO), ripreso dall’agenziaAsia News.

Il luogo del ritrovamento dei simboli e dei nomi graffiti sulle rocce (definiti da Imbert una “pagina di storia degli arabi e del cristianesimo”) è noto come Bir Hirma o Abar Hima e si trova nella zona del Jabal Kawkab (“monte della stella”) nel sud dell’Arabia Saudita, emirato di Najran. E questo non sorprende gli storici. Proprio qui furono sterminati i “martiri di Najran”, di cui dà notizia il Libro degli Himairiti. L’eccidio fu ordinato dal sovrano Yusuf (Dhu Nuwas), usurpatore del trono himairita.

Ma le persecuzioni erano già iniziate all’epoca del regno di Shurihbil Yakkuf, che governò il sud dell’attuale Arabia dal 470 al 475. E proprio a quel periodo risalirebbero le iscrizioni scoperte nel deserto.

Il cristianesimo si era diffuso nella penisola arabica a partire dal IV secolo, ma la sua propagazione conobbe nuovo impulso nel VI secolo grazie a missionari persiani e siriaci. Furono i cristiani sopravvissuti ai massacri di Yusuf ad appellarsi al re d’Etiopia, che rovesciò lo sterminatore e instaurò un regno cristiano. Ma il suo splendore fu breve: stava per nascere l’islam, che in quei deserti avrebbe scritto tutta un’altra storia.

avvenire.it

 

Bronzi di Riace, 40 anni fa il sensazionale ritrovamento

A quarant’anni dal loro ritrovamento, avvenuto il 16 agosto del 1972, i Bronzi di Riace hanno ancora un fascino intramontabile tanto che negli ultimi tre anni sono stati oltre trecentomila i turisti che hanno deciso di rendergli omaggio e di ammirare la loro straordinaria bellezza.

I due guerrieri, che da tre anni si trovano nella sede del consiglio regionale della Calabria per il loro restauro e per i lavori al Museo Magna Grecia di Reggio Calabria, a Natale con ogni probabilità torneranno nella loro “casa” naturale. Il sofisticato restauro delle statue è terminato alla fine dell’anno scorso ma i Bronzi sono rimasti nell’ambiente climatizzato del Consiglio regionale in attesa dell’ultimazione dei lavori al Museo. Ed è la soprintendente dei beni archeologici e culturali della Calabria, Simonetta Bonomi, a ricordare che “ora che sono stati sbloccati dal Cipe i sei milioni di euro si è provveduto già a cantierizzare gli ultimi lavori al museo i quali, se tutto va bene, si concluderanno entro dicembre. Quindi entro Natale i Bronzi potranno tornare alla loro casa naturale che è il museo di Reggio Calabria”.

A ritrovare le due statue, a 300 metri dalla spiaggia di Riace, sulla costa jonica reggina, fu il sub dilettante Stefano Mariottini. L’attenzione di Mariottini si concentrò subito sul braccio sinistro di quella che fu denominata statua A, raffigurante il guerriero più giovane, che emergeva dalla sabbia sul fondo del mare. Per sollevare e recuperare i due capolavori, i carabinieri del nucleo sommozzatori utilizzarono un pallone gonfiato con l’aria delle bombole. Il 21 agosto fu recuperata la statua B, che raffigura il guerriero più anziano, ed il giorno successivo toccò all’altra statua. Sin da subito ci si rese conto della straordinaria scoperta che rappresenta una delle poche testimonianze dirette dei maestri scultori del mondo greco classico. Tre anni dopo il loro ritrovamento e dopo i primi accertamenti, i due guerrieri furono inviati nel centro di restauro della Soprintendenza archeologica della Toscana a Firenze. E proprio in quel centro i guerrieri ricevettero le prime cure ed il primo restauro.

Nel 1980, in virtù della loro straordinaria bellezza, l’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini, decise di far esporre i due bronzi di Riace al Quirinale. La storia e la fruibilità dei due guerrieri da sempre affascina e fa discutere gli esperti di archeologia e di beni culturali. Per diverso tempo si era pensato di clonare le due statue per renderle itineranti ma il progetto, travolto dalle polemiche, è stato abbandonato. Nonostante tutto e a distanza di quarant’anni dal loro ritrovamento, i due bronzi rappresentano ancora “l’oggetto del desiderio di tante persone. – ha aggiunto Bonomi – Sono opere che vengono sempre ricercate e che suscitano un interesse fortissimo. Senza contare poi che, su tutti i turisti, esercitano un fascino inarrestabile”.

avvenire.it