Reggio Emilia, Giornata nazionale della Bandiera 7 Gennaio anniversario Tricolore

Nella mattinata del 7 gennaio, al 226° anniversario del primo Tricolore, inizieranno i festeggiamenti per la Giornata nazionale della Bandiera. Numerosi gli eventi che si susseguiranno tra lectio magistralis, alzabandiera e consegna delle Costituzioni. Parteciperanno, tra gli altri, il ministro Luca Ciriani e Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio

eggio Emilia festeggia, il 7 gennaio 2023, la Giornata nazionale della Bandiera e il 226° anniversario della nascita del Primo Tricolore con la partecipazione del ministro per i Rapporti con il Parlamento, onorevole Luca Ciriani, quale massimo rappresentante istituzionale.

Alla celebrazione interverrà, per la lectio magistralis al teatro Municipale ‘Valli’, anche il professor Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio.

Il programma della festa annuale del Tricolore – che celebra la nascita del vessillo avvenuta a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797 – prevede, subito dopo la sonata a distesa della Campana civica – alle ore 10 in piazza Prampolini la cerimonia di apertura delle Celebrazioni alla presenza del ministro Luca Ciriani, del sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi e delle altre autorità. Sono previsti gli Onori militari al ministro Ciriani, l’Alzabandiera e l’esecuzione dell’Inno nazionale.

Gli onori militari saranno resi da una Compagnia interforze composta da: Esercito – 87° Reparto comando Supporti tattici “Friuli”; Marina militare – Comando marittimo Nord-La Spezia; Aeronautica militare – 1^ Aerobrigata aerea Os; Arma dei Carabinieri – Legione Emilia-Romagna; Guardia di Finanza – Comando regionale Emilia-Romagna. Con il coordinamento dal Comando militare Esercito Emilia-Romagna. Sarà presente la Bandiera di Guerra del 87° Reparto comando Supporti tattici “Friuli”.

Sarà schierata, in abiti storici, anche la Guardia civica reggiana.

Alle ore 10.45, in Sala del Tricolore (ingresso a invito), intervento di saluto del sindaco Luca Vecchi e consegna della Costituzione italiana a delegazioni di Associazioni interculturali aderenti alla Fondazione Mondinsieme.

Alle ore 11.30, al Teatro Municipale Romolo Valli, gli interventi del sindaco Luca Vecchi, del presidente della Provincia Giorgio Zanni, del presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Seguiranno la lectio magistralis del professor Andrea Riccardi fondatore della Comunità di Sant’Egidio e l’intervento conclusivo del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani.

Al termine dell’incontro al teatro Municipale, l’esibizione della Fanfara della Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri.

INIZIATIVE COLLEGATE – In occasione della festa del Tricolore a Reggio Emilia, la stessa Fanfara della Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri si esibirà per le vie del centro storico già il 6 gennaio, con partenza alle ore 17.30 dal teatro Municipale Valli-piazza della Vittoria.

Il 7 gennaio, il Museo del Tricolore (piazza Casotti, 1) sarà aperto con orario continuato dalle ore 11.30 alle ore 18. Alle 11,30 e alle 16,30 (in questo caso su iniziativa del Lions Club Reggio Emilia Host Città del Tricolore – Distretto Lions 108Tb) è possibile partecipare a visite guidate.

Alle ore 15.30, allo stesso Museo del Tricolore: Tre colori per una bandiera, laboratorio per bambini dai 6 ai 12 anni.

Nel pomeriggio del 7 gennaio – alle ore 1515.30 e 16 – in Sala del Tricolore (piazza Prampolini, 1), si terrà la rievocazione storica: Napoleone e il Tricolore, la città italiana più matura per la libertà, a cura dell’Associazione per la ricostruzione storica Les Grognards de l’Armée d’Italie. Figuranti e attori dell’associazione rievocheranno l’encomio napoleonico ai rivoluzionari reggiani vittoriosi a Montechiarugolo, poi le sedute del Congresso cispadano per l’approvazione della Costituzione repubblicana e la proclamazione del Tricolore quale vessillo del nuovo Stato libero.

E alle ore 17.30, ancora nella Sala del Tricolore: concerto Armonie dalla patria della bandiera, omaggio alla memoria del professor Giovanni Marzi, con esibizione della Filarmonica Città del Tricolore (evento promosso da Lions Club Reggio Emilia Host Città del Tricolore).

Infine, l’8 gennaio alle ore 17, in Sala del Tricolore:Canti di Festa intorno al Tricolore.

Con il Coro di voci bianche dell’Associazione Parma Musicale; Asia Marcassa – voce, Roberto Barrali – pianoforte, Beniamina Carretta – direzione.

stampareggiana.it

In ricordo di don Bruno Morini a 24 anni dalla morte

Per ben ventidue anni, dal 1951 al 1973, don Bruno Morini  guidò la parrocchia cittadina di Santo Stefano. Il ventiquattresimo anniversario della sua morte, avvenuta a Montecchio il 15 dicembre 1998, sarà ricordato domenica 18 dicembre 2022 nella sua chiesa parrocchiale di Santo Stefano nella celebrazione eucaristica alle ore 10.00.

La lapide commemorativa in Santo Stefano Reggio Emilia

 

 

don Bruno con i chierichetti “storici” di Santo Stefano

Nato a Montecchio il 2 ottobre 1920, don Bruno fu ordinato sacerdote il 27 giugno 1943 dal vescovo Brettoni. Curato dapprima a Pianzo e poi a Minozzo dal 1943 al ’45, fu anche vicario sostituto e poi economo spirituale dal 1944 al 1945 a Poiano, di cui fu poi rettore fino al 1951.

In quell’anno fu nominato priore di Santo Stefano città, dove si distinse per numerose iniziative: dal ritrovo parrocchiale, all’istituzione del FAC – Fraterno Aiuto Cristiano – per l’aiuto alle famiglie in difficoltà, alla valorizzazione del Consiglio Pastorale, all’applicazione della riforma liturgica voluta dal Con cilio (foto 2).

Dopo ventidue anni di generoso servizio alla comunità parrocchiale di Santo Stefano, nel 1973 si era ritirato a, di cui divenne rettore; dal 1976 al 1993 è stato è stato  economo spirituale a Canossa; nel 1987 è stato nominato amministratore parrocchiale a Grassano. Nel 1998 venne nominato canonico onorario della Cattedrale.

Don Bruno ha rivestito un ruolo fondamentale nel Sinodo diocesano convocato dal Vescovo Gilberto Baroni; infatti dal 1978 al 1987 ne è stato l’infaticabile e propositivo segretario.

Don Morini aveva notevoli interessi culturali; è stato tra i soci fondatori della Società Reggiana di Archeologia e durante io suo parroccato  ha promosso accurate indagini sull’architettura di Santo Stefano, riscoprendo preziosi tracce dell’antica chiesa.

Il 16 dicembre 2007, i parrocchiani hanno voluto legare ad una targa marmorea la testimonianza della loro gratitudine e del loro affetto verso il parroco che ha fatto della fraternità una delle linee cardine del suo ministero. Si legge, infatti: Rese la parrocchia una famiglia fondata sull’amore, la solidarietà, la condivisione. (foto 3)

Ha scritte poesie raccolte in due pubblicazioni: “Voglio svegliare l’aurora” e Svegliatevi arpa e cetra”; e due libri di meditazioni su brani del Vangelo: “Se lo vedessi” e “Se lo sentissi”, titoli di chiara ispirazione manzoniana.

Profonda spiritualità, intensa vita di preghiera, lettura e meditazione costante della Parola di Dio, attenzione all’ascolto e al dialogo, contatto continuo con i parrocchiani soprattutto con i giovani, accoglienza e sorriso, capacità di consigliare, senso dell’amicizia sono state le doti che hanno sempre contraddistinto don Bruno, a cui tanti gli sono ancora debitori per la loro formazione umana e cristiana.

(notizie tratte da un articolo di gar)

Trent’anni dopo «Borsellino, la sua morte ci riguarda» L’anniversario divide ancora Palermo

Trent’anni di dolore, di ombre, di processi e di speranza. Trent’anni, da quel giorno che rivive, nel cuore di chi c’era, come in quello di chi è arrivato dopo, con le sue sequenze drammatiche in rapida successione. Ieri, alla vigilia dell’anniversario della morte di Paolo Borsellino, l’Agesci ha organizzato la manifestazione ‘Costruttori di memoria operante’. La notte di via D’Amelio è stata rischiarata da canti e preghiere, durante la Messa celebrata dall’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice. Ecco un passaggio del suo discorso a braccio: «Se vogliamo cogliere il senso di una ricorrenza come il trentennale delle stragi di Capaci e Via D’Amelio senza cadere nella retorica, dobbiamo intendere la memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino come una provocazione che riguarda ognuno di noi da vicino e ci chiama a coinvolgerci in un progetto di liberazione individuale e collettiva. Parlando dei martiri della mafia, ho più volte ribadito l’esortazione a diventare loro ‘soci’, ovvero a credere con loro e come loro che l’amore è più forte della morte».

Erano le cinque di pomeriggio, meno qualche minuto, il 19 luglio 1992. Improvvisamente, Palermo venne scossa da un boato. Si sollevò una nuvola di fumo, visibile da tutti i punti di osservazione.

I palermitani furono subito turbati. Quasi due mesi prima avevano vissuto un trauma nazionale: il giudice Giovanni Falcone, sua moglie, il magistrato Francesca Morvillo, e tre uomini della scorta, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani, assassinati in autostrada, all’altezza dello svincolo di Capaci, dal tritolo della mafia. Da quel tragico 23 maggio, gli occhi di tutti finirono sull’amico e ‘gemello’ di Falcone, l’uomo che ne aveva condiviso battaglie, successi e sconfitte. Si trattava del giudice Paolo Emanuele Borsel- lino, il magistrato che, nella percezione di molti, era più a rischio.

Le prime notizie offrirono lo scarno e drammatico resoconto di un attentato dinamitardo. «È stato coinvolto un magistrato» si disse. Non si disse ancora che il luogo dell’esplosione era via Mariano D’Amelio, una strada residenziale e tranquilla, oggi, a pochi passi dall’hub dei vaccini anti-Covid della Fiera del Mediterraneo. Passò un tempo angosciato, fino al tragico dispaccio che diede una forma compiuta alla strage. Paolo Borsellino era morto. Era al citofono, davanti al palazzo abitato dalla mamma, Maria Pia Lepanto, e dalla sorella, Rita, quando la bomba di Cosa nostra esplose. Con lui vennero spazzati via gli agenti della scorta: Agostino Catalano, Eddie Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi e Claudio Traina. È sopravvissuto soltanto l’agente Antonio Vullo con le sue ferite, nel corpo e nell’anima.

Sarà proprio Vullo a rivivere, per sempre, gli ultimi istanti. Il giudice che scende dalla macchina, che si accende la sigaretta e che va incontro alla sua morte. A trent’anni di distanza, Toni Vullo racconta ancora, come se fosse ieri, con la stessa intensità: «Ho visto il giudice che suonava al citofono esterno del palazzo. Aveva una faccia contratta, era preoccupato. Erano giorni difficili. Poi, si è scatenato l’inferno».

Tanti gli appuntamenti in agenda anche oggi. Alla commemorazione sarà presente il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, che incontrerà le ragazze e i ragazzi che partecipano all’iniziativa ‘Coloriamo via d’Amelio’, organizzata dal Centro Studi Paolo e Rita Borsellino. Stamattina, alle dieci, il capo della polizia Lamberto Giannini deporrà una corona d’alloro all’interno dell’ufficio scorte della Questura; alle undici, in Cattedrale, la messa officiata dall’arcivescovo. In serata si svolgerà invece la tradizionale fiaccolata da piazza Vittorio Veneto in via D’Amelio organizzata dal Forum 19 luglio.

«Sono passati trenta lunghi anni senza verità – dice Salvatore Borsellino, fratello del giudice –. Sono stati celebrati numerosi processi ma ancora attendiamo di conoscere tutti in nomi di coloro che hanno voluto le stragi del ’92-93. Abbiamo chiaro che mani diverse hanno concorso con quelle di Cosa Nostra per commettere questi crimini ma chi conosce queste relazioni occulte resta vincolato al ricatto del silenzio. Ora chiediamo noi il silenzio. Silenzio alle passerelle. Silenzio alla politica».

L’ultima sentenza del tribunale di Caltanissetta, nel processo sul depistaggio, ha dichiarato prescritte le accuse a due poliziotti, assolvendo il terzo. Un pronunciamento che ha provocato la reazione di Maria Falcone, sorella di Giovanni: «Come sorella di Giovanni Falcone e come cittadina italiana, provo una forte amarezza perché ancora una volta ci è stata negata la verità piena su uno dei fatti più inquietanti della storia della Repubblica».

«Uno Stato che non riesce a fare luce su questo delitto non ha possibilità di futuro. Dopo trent’anni di depistaggi e di tradimenti noi non ci rassegniamo e continueremo a batterci perché sia fatta verità sull’uccisione di nostro padre – ha detto, qualche settimana, fa Fiammetta Borsellino, indomita figlia del magistrato –. È per questo motivo che la mia famiglia ha deciso di disertare le cerimonie ufficiali sulle stragi del ’92, non a caso mia madre non volle funerali di Stato, proprio perché aveva capito…».

Diverse le domande ancora senza risposta. Che fine ha fatto l’agenda rossa, il diario su cui il giudice annotava le cose importanti? C’è il marchio insanguinato della mafia, ma è stata davvero solo Cosa nostra a organizzare la strage o ha potuto contare sul concorso di altre entità?

Punti interrogativi che rinnovano l’angoscia di tutti e il dolore di chi perse qualcuno che amava. Trent’anni dopo, come se fosse ieri.

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L’arcivescovo Corrado Lorefice: «Se vogliamo cogliere il senso di una ricorrenza senza cadere nella retorica, dobbiamo intendere la memoria come una provocazione che riguarda ognuno di noi da vicino e ci chiama a coinvolgerci in un progetto di liberazione»

Sopra: Salvatore Borsellino alza al cielo l’’agenda rossa’, riferimento a quella del fratello, sparita. In alto: una commemorazione.Sopra: via D’Amelio dopo la strage/ Ansa