Scaffale basso. Shoah, continuare a raccontare per non perdere la memoria

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LA BIBLIOTECARIA DI AUSCHWITZ. SALVA RUBIO E LORETO AROCA; IL CASTORO;15,50 EURO

Fin dall’infanzia Dita era come stregata dai libri. Per lei leggere è sempre stato indispensabile, come respirare, bere, dormire. È solo una ragazzina, e la sua biblioteca già zeppa di volumi, quando viene deportata ad Auschwitz con i genitori, che non sopravviveranno allo sterminio. Al campo i libri sono proibiti ma nascostamente e a rischio della vita alcuni, pochissimi, circolano tra i prigionieri. È così che Dita si offre di prendersene cura, e diventa la bibliotecaria di Auschwitz, organizzando letture clandestine che diventano piccole ma preziose fughe con la fantasia dalle privazioni e gli orrori quotidiani, i dispiaceri per le famiglie separate, la fame, le malattie, le violenze inaudite – sopra tutte gli esperimenti del terribile dottor Mengele – e ancora le uccisioni di massa nelle camere a gas. Ispirato alla storia vera di Dita Kraus, una delle ultime sopravvissute all’Olocausto ancora in vita, e basto sul romanzo di Antonio Iturbe, “La bibliotecaria di Auschwitz”, questo graphic novel parla ai più giovani di una vita che ha saputo brillare anche nella disperazione e di una tragedia che va continuamente raccontata perché non se ne perda la memoria. Dai 13 anni

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IN CERCA DI GIORNI FELICI. ANA NOVAC; MONDADORI; 16,50 EURO

Un mozzicone di matita smangiucchiato trovato nel fango del campo di Auschwitz, pezzi di carta staccati dai manifesti, girati, ritagliati e nascosti con una cura ossessiva dentro gli zoccoli, persino una foglia di cavolo ingiallita: tanto è bastato alla quattordicenne ebrea ungherese Ana Novac per riuscire a tenere un diario segreto, un raccontare per provare la propria esistenza, per annotare la rabbia e il dolore per quello straccio di vita spietata patita al campo. Un modo per resistere, nonostante la fame, il freddo, le malattie, il sudiciume, le prepotenze e le umiliazioni. Per un anno Ana si è sentita viva solo grazie a questo diario che in qualche modo ha rappresentato il suo bisogno di inseguire i fatti, da quelli più semplici a quelli più strazianti, per farne memoria. Sopravvissuta allo sterminio, Ana ci ha lasciato queste pagine sul lager come una testimonianza da opporre a chi può pensare che Auschwitz sia una vecchia leggenda, e perché quello che è accaduto lì non debba mai più ritornare. Dai 13 anni

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#ANNEFRANK- VITE PARALLELE. SABINA FEDELI E ANNA MIGOTTO; UP FELTRINELLI; 13 EURO

Il 4 agosto 1944, nazisti e poliziotti olandesi facevano irruzione ad Amsterdam nel nascondiglio segreto dei Frank che venivano arrestati, insieme ad altri quattro altri ospiti della casa, e deportati. Anne scompare nel nulla come oltre un milione e mezzo di bambini e ragazzini come lei. Sarebbe morta a Bergen-Belsen di tifo, appena dopo la sorella Margot, nel febbraio del 1945. La giovane vita di Anne incrocia quella di Caterina, una ragazzina riflessiva e intraprendente dei nostri giorni che, quando legge con la sua classe il Diario ne resta colpita e sente che quella tredicenne le assomiglia. Mentre mille domande cominciano a martellarle in testa, Caterina sente urgente il bisogno di saperne di più e capire le ragioni profonde di quel che era successo agli ebrei durante il nazismo. Di toccare quella sofferenza. Decide quindi di partire da sola, zaino in spalla e cellulare pronto a documentare tutte le tappe, per attraversare mezza Europa e raggiungere il campo dove erano morte Anne e Margot. Ma per lei è anche l’occasione di incontrare cinque donne: Arianna, Sara, Andra, Tatiana ed Helga tutte deportate da bambine o da adolescenti, come Anne, ma sopravvissute alla Shoa. Tutte legate da una memoria dolorosa che le ha rese testimoni. Il libro è liberamente tratto dal documentario “#AnneFrank-Vite Parallele” con il premio Oscar Helen Mirren, scritto e diretto da Sabina Fedeli e Anna Migotto. Dai 13 anni

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SOTTO FALSO NOME. FREDIANO SESSI; EINAUDI RAGAZZI; 12 EURO

Uno scambio di identità. Un atto di coraggio e di generosità da un’amica a un’amica, un’intera famiglia ebrea che si salva da deportazione e morte sicura. Scrittore mantovano, traduttore, docente di sociologia a Brescia oltre che studioso appassionato di storia della seconda Guerra mondiale, della Resistenza e della deportazione degli ebrei, Frediano Sessi racconta come un romanzo una storia semplice, vera e dimenticata, ricostruita attraverso testimonianze e documentazioni. Tutto incredibilmente succede tra il settembre 1943 e l’aprile 1945 a Mantova al numero sei di viale Gorizia. Qui Francesco e Luisa Rampi che hanno già una bambina, Maria Anita, decidono di lasciare il loro appartamento a una famiglia di amici ebrei che ne fa, alla luce del sole, il proprio nascondiglio: sono Lilli Gizelt, il suo fidanzato e altre tre persone in fuga da Fiume, dove tedeschi e fascisti avevano messo in atto una feroce persecuzione e deportazione di ebrei. Lo scambio non si era limitato all’appartamento, ma comprendeva il cognome stesso: è stato così che i Gizelt sono diventati i Rampi. All’epoca Francesco Rampi era militare in Sardegna mentre Luisa Rampi lasciando la casa di Mantova aveva deciso di raggiungere la madre, anche lei a Fiume. La città dove era nata e dove aveva conosciuto Lilli, la sua più cara amica e compagna di studi. Va da sé che quell’operazione comportava un grande rischio per tutti, per i protagonisti e per i vicini di casa che in silenzio e con la loro solidarietà furono di grande aiuto. Tutti hanno dimostrato quanta differenza possano fare le scelte di ognuno, anche dentro una grande follia collettiva, come è stato il nazifascismo. Dai 13 anni

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IL RIFUGIO SEGRETO. LUCA AZZOLINI; DEAGOSTINI; 13,90 EURO

Un vecchio edificio come tanti sul Prinsengracht, il canale che attraversa Amsterdam: al 263 c’è un modesto edificio a tre piani, annesso ai magazzini sul retro del fabbricato. È un giorno di luglio del 1942, piove a dirotto: è il giorno in cui una famiglia ebrea costretta a nascondersi dalle persecuzioni naziste e dalla deportazione, entra in un piccolo appartamento mansardato trasformato in rifugio segreto. Sono i Frank. Con loro anche altre tre persone, i Van Pels. Al sottotetto si accede da una scala ripida, la porta è nascosta dietro una libreria mobile. Ma nessuno deve sapere chi abita al di là; vietato affacciarsi alle finestre, vietato fare rumore, perché nei piani sotto ci sono gli uffici e qualcuno potrebbe insospettirsi. In questa casa, la tredicenne Anne scriverà il suo Diario, rivolgendosi all’amica immaginaria Kitty, confidandole pensieri, sogni, paure e speranze in un mondo davvero migliore. A raccontare questa storia, fatta di una quotidianità inquietante è proprio l’alloggio in cui Anne e gli altri sono vissuti in clandestinità due anni. Fino a quel 4 agosto 1944 in cui gli uomini della Gestapo, fanno irruzione urlando e arrestano tutti quanti. Pochi giorni prima Anne aveva scritto nel Diario: “Ecco che cos’è difficile in quest’epoca: gli ideali, i sogni e le belle aspettative non fanno neppure in tempo a nascere che già vengono colpiti e completamente devastati dalla realtà piú crudele. È molto strano che io non abbia abbandonato tutti i miei sogni perché sembrano assurdi e irrealizzabili. Invece me li tengo stretti, nonostante tutto, perché credo tuttora all’intima bontà dell’uomo”. Dai 12 anni

Anne Frank, ritirato il libro sul “delatore”

«Una ricostruzione senza prove, non è attendibile sul piano storico». Dopo le scuse, l’editore olandese Ambo Anthos ha ritirato dal commercio il libro dal titolo Het verraad van Anne Frank di Rosemary Sullivan (pubblicato in italiano con il titolo Chi ha tradito Anne Frank. Indagine su un caso mai risolto da HarperCollins). L’editore ha preso questa decisione dopo che un rapporto di studiosi indipendenti ha smentito la nuova ricostruzione del tradimento della famiglia della ragazzina ebrea, morta nel lager nazista di BergenBelsen a 15 anni, autrice del famoso Diario. Il volume della scrittrice canadese è stato ampiamente criticato dagli studiosi della Shoah e dagli storici fin dalla sua uscita in tutto il mondo alla vigilia della Giornata della Memoria 2022. Nel libro di Sullivan, sulla base di una ricerca durata sei anni di un team di investigatori internazionali guidati dall’ex agente dell’Fbi Vincent Pankoke, si indica come traditore dei Frank il notaio ebreo Arnold van den Bergh, che avrebbe consegnato una lista di nascondigli di ebrei alle SS in cambio della salvezza sua e della propria famiglia. Il libro ha provocato immediate reazioni da parte di gruppi ebraici, storici e ricercatori indipendenti.

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Novecento. Anne Frank: da quel Diario un “fenomeno” che dura ancora

David Barnouw ricostruisce la parabola della giovane ebrea: da simbolo delle sofferenze degli olandesi a icona universale, attraverso letteratura, teatro e cinema. E ricapitola le ipotesi sul delatore
Una foto di Anne Frank davanti al Centro Studi a lei dedicato a Berlino

Una foto di Anne Frank davanti al Centro Studi a lei dedicato a Berlino – Ansa

Un addetto del magazzino nel cui retro Anne era nascosta? O la moglie di uno dei suoi colleghi che temeva rappresaglie? Un balordo che ricattava il padre? Sono state numerose nel corso dei decenni le ipotesi su chi fosse il delatore. Le ricapitola in ben cinque pagine David Barnouw nel saggio dedicato a un argomento più ampio: la ricezione del Diario nel mondo, a cui è seguìto Il fenomeno Anne Frank (Hoepli, pagine 180, euro 17,90). L’autore, che cita le indagini di Pankoke senza però conoscerne ancora i risultati, nel 2002 ha pubblicato, insieme a Gerrold van der Stroom, un volume dedicato proprio al tradimento di Anne, nel quale giudica le ipotesi circolate poco credibili e ritiene piuttosto che molti potevano aver visto i movimenti nel nascondiglio che affacciava su un gran numero di finestre (anche per qualche imprudenza degli ospiti). E la retata, infine, secondo la versione data nel 2016 dalla Casa di Anne Frank, potrebbe essere partita per indagini di altra natura non per cercare ebrei. L’olandese Barnouw è membro del Niod, istituto per la documentazione bellica dei Paesi Bassi ed è uno dei curatori dell’edizione critica dei Diari (tradotta in Italia per Einaudi), di cui cita la conclusione sulla vicenda: «Non è più possibile ricostruire (…) con certezza i fatti». Eppure dall’inizio fu lo stesso Otto Frank a sollevare sospetti su Willem Van Maaren, il cui comportamento aveva suscitato i timori dei clandestini. Van Maaren nel 1949 venne assolto. Ma nel 1963 visto il clamore internazionale del Diario finì di nuovo sotto accusa. Ma l’inchiesta fu archiviata. Bisogna attendere la biografia di Anne del 1998 della giornalista austriaca Melissa Müller per avere il nome di Lena Hartog- van Bladeren, la moglie in ansia. Ipotesi scartata da Barnouw. Esce poi quello di Nellie Voskujil, ma anche qui le prove del suo collaborazionismo con i nazisti non ci sono. Si arriva al 2002, quando la giornalista inglese Carol Ann Lee chiama in causa la compagnia di papà Otto, che avrebbe condotto affari con la Wehrmacht. Di qui il ricatto da parte del piccolo criminale di Amsterdam Tonny Ahlers, che avrebbe rivelato il nascondiglio. Ma l’unica prova sarebbe una telefonata ascoltata dal figlio di sette anni che la riferì 50 anni dopo. Altri nomi citati furono il guardiano notturno Marinus Slegers, «qualcuno del Consiglio ebraico » (l’ipotesi ora emersa), il membro dei servizi segreti delle Ss Maaarten Kuiper e due ebrei, Ans van Dijk e Branca Simons. Il saggio di Barnouw, come detto, è incentrato sulla ‘storia degli effetti’ scaturiti da un testo da alcuni messo in dubbio, che ebbe una complessa gestazione (la prima dizione ‘diario’ andrebbe corretta in ‘diari’, viste le due redazioni) e ancor oggi al centro di diatribe, anche giudiziarie, sul copyright. Anne Frank è diventata un vero e proprio fenomeno internazionale che ha attratto la letteratura (si pensi a Philip Roth), il fumetto, il teatro, il cinema. La postfazione al volume, dello storico Massimo Bucciantini, ricostruisce i primi anni della ricezione italiana del Diario e rivela dell’interessamento di Cesare Zavattini per farne un film, mai realizzato. L’opera è tradotta in 60 lingue e venduta in oltre 20 milioni di copie. Il nascondiglio della Prinsengracht 263 attira più di un milione di visitatori all’anno. «Come è accaduto tutto cio?», si domanda dell’autore, che in passato ha parlato, senza intenti riduzionisti, ma suscitando polemiche, di «industria di Anne Frank» sulla falsariga di «industria dell’Olocausto ». L’immagine della giovane «non è lineare e ovviamente varia da paese a paese», nota l’autore parlando di cosa ne sarà dei testi e della vicenda della giovane ebrea nel XXI secolo. Prova ne sia che la Ddr tentò di farne un’icona dell’antifascismo (mentre in Urss non ebbe grande considerazione). Caso particolare il Giappone, dove le prime traduzioni ebbero come target un pubblico adulto, puntando sulla vittimizzazione dopo l’atomica. Si passò poi agli adolescenti, mettendo in secondo piano le vicende belliche rispetto al vissuto della ragazza. Addirittura per le adolescenti nipponiche le mestruazioni, in assenza di un termine nella loro lingua, sono «il giorno di Anne» e Anne è stato il nome di una marca di assorbenti. La parabola di Anne è significativa. All’inizio è stata simbolo olandese della sofferenza ebraica. Poi, complice un adattamento teatrale per Broadway, una ragazza americana che credeva nella bontà delle persone e pian piano simbolo universale. Dagli anni Ottanta, sempre negli Usa, è tornata a essere una vittima ebrea dell’Olocausto. A cavallo tra i due millenni è tornata ad essere un po’ più olandese. Tanto da essere proposta come «più grande olandese di tutti i tempi» (ma era tedesca). «Il cerchio si chiude – commenta Barnouw – ma l’immagine non smette di evolvere». Chi è Anne, allora? «Una talentuosa scrittrice alle prime armi, una semplice ragazza ebrea vittima dell’Olocausto, una guida morale per il mondo all’indomani di Auschwitz e Hiroshima? ». Di certo, conclude Barnouw, l’analisi dei suo i testi non è conclusa. «Diventerà più ebrea in senso ortodosso o in senso più liberale?», si chiede. Di sicuro per Barnouw il fenomeno Anne Frank «continuerà ed esistere». Prova ne sia un commento a un video su YouTube postato dalla Casa di Anne Frank: «Se è riuscita a nascondersi per due anni, allora noi possiamo farcela con la quarantena».

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