Papa. Giovanni Paolo I è beato. “Volto di una Chiesa lieta e non arcigna”

“Un pastore mite e umile”, ha detto Francesco nell’omelia. “E’ riuscito a trasmettere la bontà del Signore. Bella una chiesa che non chiude mai le porte, non inasprisce i cuori, non è arrabbiata

Il momento della beatificazione di Giovanni Paolo I

Il momento della beatificazione di Giovanni Paolo I – Foto Aigav

Avvenire

lbino Luciani Giovanni Paolo I è beato. Lo ha proclamato oggi, domenica 4 settembre, papa Francesco all’inizio della solenne concelebrazione eucaristica in piazza San Pietro, davanti a migliaia di persone, provenienti specialmente da Venezia, Vittorio Veneto e Belluno-Feltre (diocesi legate al ministero sacerdote ed episcopale del nuovo beato), che hanno sfidato anche la pioggia battente pur di essere presenti. Questa la formula di rito, pronunciata dal Pontefice: “Noi, accogliendo il desiderio del Nostro Fratello Renato Marangoni, vescovo di Bulluno-Feltre, di molti altri Fratelli nell’episcopato e di molti fedeli, dopo aver avuto il parere del dicastero delle Cause dei Santi, con la nostra Autorità apostolica concediamo che il venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo I, papa, d’ora in poi sia chiamato Beato e che sia celebrato ogni anno nei luoghi e secondo le regole stabilite dal diritto, il 26 agosto”. Poco prima il postulatore della causa, cardinale Beniamino Stella aveva letto una breve biografia di Giovanni Paolo I.

Sulla facciata della Basilica subito dopo è stato scoperto l’arazzo con il ritratto che mostra il Papa dei 33 giorni con il suo tipico sorriso sereno. L’autore è l’artista cinese Yan Zhang. La causa di beatificazione si è aperta il 23 novembre 2003 nella diocesi di Belluno-Feltre, dove papa Luciani nacque. Il 13 ottobre 2021 è stato approvato il miracolo, per sua intercessione: la guarigione inspiegabile scientificamente di una bambina argentina, Candela Giarda, in fin di vita per una malattia cerebrale, purtroppo assente a causa di un infortunio al piede che non le ha permesso di affrontare il lungo viaggio da Buenos Aires a Roma. La festa liturgica del nuovo beato sarà dunque il 26 agosto, giorno della sua elezione a Papa nel 1978. La reliquia è stata poi portata all’altare. Si tratta dello scritto autografo di uno schema sulle tre virtù teologali, fede, speranza e carità, che poi Giovanni Paolo I usò per tre catechesi del mercoledì durante il suo breve pontificato.

Pastore mite e umile

Nell’omelia Francesco ha sottolineato che il nuovo beato “ha vissuto nella gioia del Vangelo, senza compromessi, amando fino alla fine”. Ed è anche il motivo della santità. “Egli ha incarnato la povertà del discepolo – ha detto papa Bergoglio -, che non è solo distaccarsi dai beni materiali, ma soprattutto vincere la tentazione di mettere il proprio io al centro e cercare la propria gloria. Al contrario, seguendo l’esempio di Gesù, è stato pastore mite e umile”.

Il nuovo beato, ha aggiunto il Pontefice citando uno scritto dell’allora patriarca di Venezia, ‘considerava sé stesso come la polvere su cui Dio si era degnato di scrivere’. Perciò diceva: ‘Il Signore ha tanto raccomandato: siate umili. Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili’” (Citazione tratta dall’Udienza Generale del 6 settembre 1978).

Francesco ha poi ricordato il sorriso di Papa Luciani. E con il sorriso, ha rimarcato, “è riuscito a trasmettere la bontà del Signore. È bella una Chiesa con il volto lieto – questa la sottolineatura del Pontefice -, sereno e sorridente, che non chiude mai le porte, che non inasprisce i cuori, che non si lamenta e non cova risentimento, non è arrabbiata e insofferente, non si presenta in modo arcigno, non soffre di nostalgie del passato. Preghiamo questo nostro padre e fratello, chiediamo che ci ottenga ‘il sorriso dell’anima’; chiediamo, con le sue parole, quello che lui stesso era solito domandare: ‘Signore, prendimi come sono, con i miei difetti, con le mie mancanze, ma fammi diventare come tu mi desideri’” (citazione dall’Udienza Generale del 13 settembre 1978).

Attenti ai “salvatori” che sfruttano le paure della società

Nella prima parte dell’omelia, il Papa, commentando il Vangelo della domenica, ha messo in guardia dall’affidarsi a leader che vogliono sfruttare il consenso popolare. Lo stile di Gesù di fronte alle folle che lo seguivano è diverso, ha fatto notare. “Che cosa avrebbe fatto un qualunque maestro dell’epoca, o – possiamo domandarci – cosa farebbe un astuto leader nel vedere che le sue parole e il suo carisma attirano le folle e aumentano il suo consenso? Capita anche oggi: specialmente nei momenti di crisi personale e sociale, quando siamo più esposti a sentimenti di rabbia o siamo impauriti da qualcosa che minaccia il nostro futuro, diventiamo più vulnerabili; e, così, sull’onda dell’emozione, ci affidiamo a chi con destrezza e furbizia sa cavalcare questa situazione, approfittando delle paure della società e promettendoci di essere il “salvatore” che risolverà i problemi, mentre in realtà vuole accrescere il proprio gradimento e il proprio potere, la propria figura, la propria capacità di avere le cose in pugno”.

La diversità dello stile di Dio sta nel fatto che, ha sottolineato il Papa, “Egli non strumentalizza i nostri bisogni, non usa mai le nostre debolezze per accrescere sé stesso. A Lui, che non vuole sedurci con l’inganno e non vuole distribuire gioie a buon mercato, non interessano le folle oceaniche. Non ha il culto dei numeri, non cerca il consenso, non è un idolatra del successo personale. Al contrario, sembra preoccuparsi quando la gente lo segue con euforia e facili entusiasmi. Così, invece di lasciarsi attrarre dal fascino della popolarità, chiede a ciascuno di discernere con attenzione le motivazioni per cui lo segue e le conseguenze che ciò comporta”.

Secondo Francesco ognuno deve interrogarsi sul motivo per cui segue Gesù. “Tanti di quella folla – ha detto infatti – forse seguivano Gesù perché speravano che sarebbe stato un capo che li avrebbe liberati dai nemici, uno che avrebbe conquistato il potere e lo avrebbe spartito con loro; oppure uno che, facendo miracoli, avrebbe risolto i problemi della fame e delle malattie. Si può andare dietro al Signore, infatti, per varie ragioni e alcune, dobbiamo riconoscerlo, sono mondane: dietro una perfetta apparenza religiosa si può nascondere la mera soddisfazione dei propri bisogni, la ricerca del prestigio personale, il desiderio di avere un ruolo, di tenere le cose sotto controllo, la brama di occupare spazi e di ottenere privilegi, l’aspirazione a ricevere riconoscimenti e altro ancora. Questo succede oggi fra i cristiani. Ma questo non è lo stile di Gesù. E non può essere lo stile del discepolo e della Chiesa. Se qualcuno segue Gesù con questi interessi personali, ha sbagliato strada“.

Ecco perché seguire il Signore “non significa entrare in una corte o partecipare a un corteo trionfale, e nemmeno ricevere un’assicurazione sulla vita. Al contrario, significa anche portare la croce come Lui, farsi carico dei pesi propri e degli altri, fare della vita un dono, spenderla imitando l’amore generoso e misericordioso che Egli ha per noi”

Purificare la nostra visione di Chiesa

 

Il Papa ha dunque invitato “a purificarci dalle nostre idee distorte su Dio e dalle nostre chiusure, ad amare Lui e gli altri, nella Chiesa e nella società, anche coloro che non la pensano come noi, persino i nemici”. Ciò che in definitiva ha fatto Albino Luciani Giovanni Paolo I. “Amare: anche se costa la croce del sacrificio, del silenzio, dell’incomprensione, della solitudine, dell’essere ostacolati e perseguitati” In sostanza “l’amore fino in fondo, con tutte le sue spine: non le cose fatte a metà, gli accomodamenti o il quieto vivere. Se non puntiamo in alto, se non rischiamo, se ci accontentiamo di una fede all’acqua di rose, siamo – dice Gesù – come chi vuole costruire una torre ma non calcola bene i mezzi per farlo; costui, «getta le fondamenta» e poi «non è in grado di finire il lavoro» (v. 29). Se, per paura di perderci, rinunciamo a donarci, lasciamo le cose incompiute: le relazioni, il lavoro, le responsabilità che ci sono affidate, i sogni, e anche la fede. E allora finiamo per vivere a metà: senza fare mai il passo decisivo, senza decollare, senza rischiare per il bene, senza impegnarci davvero per gli altri. Gesù ci chiede questo: vivi il Vangelo e vivrai la vita, non a metà ma fino in fondo. Senza compromessi”.

Il Papa saluta i fedeli al termine della Messa di beatificazione di Giovanni Paolo I

Il Papa saluta i fedeli al termine della Messa di beatificazione di Giovanni Paolo I – Foto Aigav

L’appello per la pace e i saluti all’Angelus

La celebrazione è poi proseguita sotto la presidenza del cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Tra i concelebranti anche il cardinale Angelo Becciu. Presente tra i fedeli il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il governatore del Veneto, regione di origine del nuovo beato, Luca Zaia, e il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, in rappresentanza del governo italiano.Poco prima dell’Angelus il Papa ha chiesto ancora a Maria “pace in tutto il mondo, specialmente nella martoriata Ucraina”. “Lei, la prima e perfetta discepola del Signore, ci aiuti a seguire l’esempio e la santità di vita di Giovanni Paolo I”. Infine i saluti per il presidente Mattarella e il primo ministro del Principato di Monaco, Pierre Dartout, presente anch’egli alla celebrazione, prima di un prolungato giro in papamobile fra i fedeli in piazza San Pietro.


Anticipazione. Luciani «parlava con la lingua del popolo»

Albino Luciani, futuro Giovanni Paolo I dialoga con una bambina durante la Messa. Lo farà anche da Papa durante le poche udienze generali del mercoledì

Albino Luciani, futuro Giovanni Paolo I dialoga con una bambina durante la Messa. Lo farà anche da Papa durante le poche udienze generali del mercoledì

Pubblichiamo la prefazione di Franco Nembrini, intitolata “Profumo di casa”, al libro “Giocare con Dio” curato da Nicola Scopelliti, edito dalla casa editrice Ares.

Posso dirlo? Leggendo questa splendida raccolta di testi di papa Luciani ho sentito profumo di casa mia.

Perché Albino Luciani, poi papa Giovanni Paolo I per un pontificato brevissimo, misterioso e profetico, era un uomo colto, coltissimo, di dotti studi e ampie letture. Ma, al tempo stesso, è sempre rimasto un figlio di quel popolo umile, semplice, fedele di una fede schietta e salda, da cui, per grazia di Dio, sono nato anch’io.

E a quel popolo Albino Luciani ha sempre continuato a parlare, anche quando ha fatto carriera (meglio, quando gliel’hanno fatta fare, perché lui alle promozioni è sempre stato restio), anche quando è diventato vescovo di Vittorio Veneto e poi patriarca di Venezia. E al popolo ha continuato a parlare con la lingua del popolo, con le immagini semplici, schiette, che erano familiari ai suoi nonni come ai miei, ai contadini della pianura veneta e agli artigiani bergamaschi. Così, ha sempre inframmezzato alle sue omelie, che pure erano nutrite di salda dottrina, aneddoti, brevissimi aforismi, storielle, racconti raccolti dalla tradizione o inventati lì per lì, che anche l’ultimo dei braccianti o il più piccolo dei bambini poteva capire al volo.

Grazie a Dio il suo segretario dell’epoca di Vittorio Veneto, don Francesco Taffarel, sant’uomo anche lui, colpito dalla dotta semplicità del suo vescovo, in gran parte se li è diligentemente annotati in grossi quaderni che ha gelosamente conservato (anche se, dice, “se avessi saputo che sarebbe stato eletto Papa avrei cercato di conservare più materiale”). E Ares, sempre attenta a tutto quel che può alimentare la fede dei suoi lettori, ne propone qui un’ampia selezione per la curatela del giornalista Nicola Scopelliti, grande amico di don Taffarel.

Darne un’idea è impossibile.

Ci sono racconti dei monaci del deserto ed episodi delle vite dei santi (in prima fila don Bosco), c’è il raccontino del chierichetto che si presenta in paradiso fiero delle mille Messe che ha servito e san Pietro che gli fa l’elenco di tutte quelle che ha servito male, distratto, facendo dispetti agli altri chierichetti, e quello del vecchietto che per tutta la vita si è lasciato pagare con monete false e all’ultimo si raccomanda a Dio, “Signore, nella mia vita ho accettato tante monete false dalla gente, ma non ho mai giudicato male nel mio cuore, perché pensavo che quella gente non si rendeva conto di quanto faceva. Anch’io, Signore, sono una moneta senza valore…non giudicarmi!”.

Ci sono episodi della vita di uomini famosi, da Marconi a Lincoln, e l’esempio della calamita per indicare come Gesù ci attrae, ci sono mille e mille episodi di vita quotidiana con cui Luciani illustra quel che davvero conta nella vita: la pazienza, il lavoro, il perdono, l’umiltà…

Insomma, dare l’idea di un libro così è impossibile. Ma sono certo che tutti quelli che conservano un cuore da bambino (“Se non ritornerete come bambini…”, cfr Mt 18, 1-5) ci possono trovare insieme il sorriso di papa Luciani e un’indicazione, un suggerimento, una correzione per la propria vita.

Franco Nembrini

di Enrico Lenzi

«Papa Giovanni (XXIII) ricevette un giorno una delegazione di paracadutisti francesi e nel congedarsi disse: “Voi imparate con grande entusiasmo come si fa a cadere dal cielo…non vorrei che poi dimenticaste come si fa a risalirvi”».

«Avere la voce robusta e forte non significa avere sempre ragione».

«Un giovane, pieno di entusiasmo, aveva terminato il corso per diventare idraulico. Volle andare a visitare le cascate del Niagara. Guardò, prese appunti e disse: “Credo di poterle sistemare”».

Sono tre brevi racconti – degli 383 pubblicati – che Albino Luciani ha pronunciato nei discorsi, nelle visite alle parrocchie, negli incontri pubblici durante il suo ministero episcopale a Vittorio Veneto prima e a Venezia poi. Frasi, racconti, aneddoti, raccolti da don Francesco Taffarel, che di Luciani fu il segretario nel magistero a Vittorio Veneto e per un tratto anche nel patriarcato veneziano. Testimoniano un parlare semplice, un cercare la storia più efficace per trasmettere pensieri e valori più alti, che ha sempre caratterizzato il parlare del vescovo Luciani.

Un materiale raccolto dal suo segretario e che ora ha preso forma di libro grazie alla cura di Nicola Scopelliti, che del sacerdote fu amico, e alla casa editrice Ares. Si intitola “Giocare con Dio. Catechesi senza mitria” (pagine 256, euro 19) e raccoglie «una ricca varietà di racconti e aneddoti, alcuni noti, molti inediti», che il segretario don Taffarel ha conservato per anni, e chiedendo che venissero resi pubblici solo dopo che la causa di beatificazione di Albino Luciani-Giovanni Paolo I fosse giunta al riconoscimento delle virtù eroiche. «Don Francesco teneva moltissimo a questo libro – spiega il curatore del libro –: lui stesso aveva selezionato i testi ordinandoli secondo criterio e gusti personali, dicendomi che chi avesse voluto comprendere Luciani sarebbe dovuto passare da questa lettura perché questi scritti dicono molto di lui, della sua personalità accogliente e ospitale, del suo spirito libero e arguto, dell’amore per i semplici accompagnato sempre dal desiderio profondo di fare apostolato, cioè di portare Gesù a tutti». Del resto anche soltanto nelle quattro udienze generali che tenne nel suo brevissimo pontificato, Giovanni Paolo I aveva conquistato i fedeli proprio per il suo parlare semplice e il ricorrere a storielle o aneddoti che erano tutt’altro che casuali o insignificanti. E lo scorrere delle pagine del libro pubblicato da Ares, si colgono realmente tutti gli aspetti sottolineati dal segretario di Luciani ai tempi di Vittorio Veneto, deceduto nell’ottobre del 2014 anch’egli improvvisamente e nel sonno, come avvenne nella notte tra il 28 e 29 settembre 1978 per Giovanni Paolo I. Ora quel «dono inaspettato» – come il curatore definisce il materiale ricevuto da don Taffarel – diventa patrimonio di tutti. La lettura restituisce al lettore lo stile comunicativo di Albino Luciani definito dal curatore «vicino al popolo» e «con la lingua del popolo». Ma si percepisce anche la cultura e la preparazione che il futuro Giovanni Paolo I metteva nell’affrontare gli incontri e gli interventi pubblici che teneva. Del resto come motto episcopale scelse la parola «Humilitas» (Umiltà). Ed è sempre don Taffarel a raccontare come quella parola non era solo un motto, ma uno stile: «Quando andava in cappella entrava solo con la talare – racconta il suo segretario a Vittorio Veneto –. Non portava l’anello vescovile, nè la croce pastorale, nè tanto meno lo zucchetto. Colse la mia perplessità e allora mi disse: “Don Francesco, al Signore i tappeti non servono e non servono neanche le altre insegne. Davanti a Dio bisogna essere come bambini. Prega anche tu usando il Rosario”».

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Papa Luciani: il nuovo beato nella biografia di Preziosi In libreria “Il sorriso del Papa”, sul Pontefice dei 33 giorni

 © ANSA

(ANSA) – ROMA, 30 AGO – la storia di un Papa che in appena trentatré giorni ha lasciato un segno indelebile nella storia della Chiesa.

La beatificazione di Albino Luciani, il “Papa del sorriso” – domenica 4 settembre in Piazza San Pietro da parte di papa Francesco -, riporta all’attenzione del mondo intero la figura di un uomo di fede e di Chiesa che seppe fare della sua vita un capolavoro di umiltà, di tenacia, di spirito di servizio e di amore per tutti.    Nel suo “Il sorriso del Papa. La vita di Albino Luciani e i trentatré giorni di Giovanni Paolo I” (Edizioni San Paolo 2022, pp. 288, euro 22,00), da ieri in libreria, Antonio Preziosi, con un racconto di stile giornalistico, ricostruisce dettagli ed episodi della vita di Albino Luciani e del pontificato di Giovanni Paolo I, che fu pastore della Chiesa universale per pochissimo tempo, ma seppe tracciare una via ancora attuale con la forza del suo esempio di vita e del suo proverbiale sorriso.

Una biografia aggiornata e attenta a tutti gli aspetti della figura del Pontefice che regnò solo per un mese: teologo, pastore, padre conciliare, uomo di intensa e per alcuni aspetti innovativa spiritualità.
L’autore, Antonio Preziosi è giornalista, saggista e scrittore. Attualmente è direttore di Rai Parlamento. A lungo corrispondente del servizio pubblico da Bruxelles, ha svolto per anni l’incarico di inviato speciale seguendo i principali avvenimenti di politica interna e internazionale. Ha diretto anche Radio Uno, Giornale Radio Rai e Gr Parlamento. Studioso di questioni religiose e vaticane, è stato inoltre Consultore del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Per Edizioni San Paolo ha pubblicato nel 2021 “Il Papa doveva morire”, una ricostruzione inedita e intensa dell’attentato a Giovanni Paolo II e delle sue conseguenze, dentro e fuori la Chiesa. (ANSA).

Città del Vaticano. Giovanni Paolo I sarà beatificato domenica 4 settembre 2022

È ufficiale. Giovanni Paolo I – Albino Luciani sarà beatificato in San Pietro da papa Francesco domenica 4 settembre 2022.
Giovanni Paolo I sarà beatificato domenica 4 settembre 2022

È ufficiale. Giovanni Paolo I – Albino Luciani sarà beatificato in San Pietro da papa Francesco domenica 4 settembre 2022. È il sesto dei pontefici del Novecento per i quali è stata introdotta la Causa di beatificazione e canonizzazione che ha portato già al culto della Chiesa universale Pio X, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II. La Causa di Albino Luciani come Confessore della fede si è aperta il 23 novembre 2003 nella diocesi di Belluno-Feltre e si è chiusa il 9 novembre 2017 con la proclamazione delle virtù eroiche. Con decreto del 13 ottobre 2021 è stato riconosciuto e sancito dal Papa il miracolo di una guarigione straordinaria attribuito all’intercessione di Giovanni Paolo I. Stando alla normativa canonica vigente si dovrà attendere l’esito di un altro processo Super miro dopo la beatificazione per procedere alla canonizzazione.

La storia della Causa
Subito dopo la morte, il 28 settembre 1978, cominciarono a pervenire da ogni parte del mondo alla diocesi natale di Giovanni Paolo I richieste per la sua canonizzazione. L’allora vescovo di Belluno-Feltre, Maffeo Ducoli, dichiarava di aver «ricevuto in crescendo migliaia di richieste per l’introduzione della Causa, tutte conservate presso l’Archivio della Curia di Belluno». Senza alcuna ufficialità, con iniziativa che partiva dal basso, si era avviata una raccolta di firme che interessò a livello internazionale diversi paesi, tra i quali Svizzera, Francia, Canada e Stati Uniti.

Il 9 giugno 1990, è l’arcivescovo di Belo Horizonte, dom Serafim Fernandes de Araújo, a presentare direttamente la richiesta per l’introduzione della Causa a Giovanni Paolo II con una petizione firmata dall’intera Conferenza episcopale del Brasile. I 226 vescovi firmatari evidenziarono le motivazioni che li avevano portati all’istanza solidale, considerato l’esempio dell’habitus virtuoso del Vescovo di Roma Albino Luciani che si mostrò «sintesi tipica dell’uomo di Dio, il quale è pienezza di umanità e insieme pienezza di Cristo» e come tale egli «fu apostolo del Concilio, di cui spiegò con cristallina lucidità gli insegnamenti e tradusse rettamente in pratica le direttive». Pertanto «la nostra più intima convinzione – affermavano in conclusione i vescovi brasiliani – è che stiamo interpretando il giudizio favorevole di molti altri fratelli nell’episcopato, e traducendo una vivissima aspirazione dei fedeli della Chiesa del Brasile, come dei cattolici di tutto il mondo». Tuttavia, solamente durante il ministero del salesiano Vincenzo Savio, vescovo di Belluno-Feltre dal 18 febbraio 2001 al 31 marzo 2004, si poté avviare l’Inchiesta diocesana sull’eroicità della vita, delle virtù e della fama di santità di Giovanni Paolo I.

Il 26 aprile 2003 il vescovo di Belluno-Feltre Vincenzo Savio richiese formalmente al cardinale Camillo Ruini, allora vicario di Roma, il consenso per l’introduzione del processo non presso il vicariato di Roma, sede naturale per competenza, ma nella nativa diocesi di Belluno-Feltre, suffragando queste motivazioni: «A causa della brevissima permanenza – il pontificato di poco più di un mese del Servo di Dio nella diocesi di Roma – la maggior parte della sua vita si è svolta, e, conseguentemente, il suo magistero si è espresso, in questa diocesi prima, nella diocesi viciniore di Vittorio Veneto poi, infine nel patriarcato di Venezia». Il vescovo Savio, comunicando alla diocesi l’iniziativa assunta, spiegò ampiamente le motivazioni che lo avevano indotto a compiere questo passo, spinto dalle oltre trecentomila firme di petizione che erano pervenute, e a formulare la richiesta che la Causa venisse istruita presso la diocesi natale: «Albino Luciani aveva vissuto la sua infanzia, la sua formazione seminaristica, il suo servizio presbiteriane e di vicario generale della diocesi di Belluno fino all’età di 46 anni e i suoi impegni da vescovo prima e da patriarca poi non lo avevano allontanato dalla natia terra veneta, se non per i 33 giorni del suo pontificato». Affiancava questi motivi anche la possibilità «di approfondire il contesto di fede familiare e locale in cui Albino Luciani era cresciuto». Il 17 giugno 2003 la Congregazione delle Cause dei santi concedeva il nihil obstat.

Il 23 novembre 2003, a venticinque anni dalla morte di Giovanni Paolo I, nella basilica cattedrale di Belluno si tenne in forma solenne l’apertura del processo. La sessione inaugurale dell’Inchiesta diocesana venne presenziata, in via del tutto eccezionale, dall’allora prefetto della Congregazione delle Cause dei santi, il cardinale José Saraiva Martins, il quale sottolineò come questa circostanza offriva la possibilità di conoscere e approfondire la figura e l’operato di Albino Luciani, «affinché un giorno si possa invocare, come santo, questo grande uomo di Chiesa dalla Chiesa locale di Belluno a quella universale come Vescovo di Roma». Come Postulatore della causa venne nominato il postulatore generale della famiglia salesiana, don Pasquale Liberatore, alla morte del quale, nell’ottobre del 2003, il vescovo nominò come vice mons. Giorgio Lise e nel 2004 come Postulatore il salesiano don Enrico dal Covolo, nel frattempo subentrato a don Pasquale Liberatore come postulatore generale della famiglia salesiana.
Il tribunale ecclesiastico per l’Inchiesta diocesana cominciò a operare il 22 novembre 2003 e concluse i lavori tre anni dopo, il 10 novembre 2006.

Il processo diocesano si articolò in 203 sessioni, durante le quali – nelle sedi episcopali di Belluno, Vittorio Veneto, Venezia e Roma – vennero escussi 167 testimoni, tutti de visu a eccezione di uno, dei quali nove ex officio e ai quali si aggiungono le deposizioni di tre periti della Commissione storica. A due teologi bellunesi, insegnanti del seminario diocesano, venne dato l’incarico di esaminare i suoi scritti editi. Gli atti del processo diocesano vennero trasmessi a Roma, presso la Congregazione delle Cause dei santi, nel novembre 2006.

Il 9 novembre 2007, prendendo in esame gli atti pervenuti per concedere a questi la validità, il Congresso ordinario della Congregazione delle Cause dei santi osservò come la documentazione pervenuta presentasse diverse lacune in riferimento particolare a quella conservata presso l’Archivio storico del Patriarcato di Venezia e presso l’Archivio della Conferenza episcopale del Triveneto. Per acquisire tale documentazione la Congregazione delle Cause dei santi richiese un supplemento di indagine. Il 25 marzo del 2008, il vescovo di Belluno-Feltre, Giuseppe Andrich, istituì quindi il tribunale per l’Inchiesta diocesana suppletiva e conferì l’incarico alla dott.ssa Stefania Falasca. Solo in seguito alla consegna di queste carte d’archivio, il 13 giugno 2008, venne riconosciuta con decreto la validità formale degli atti dell’Inchiesta diocesana, principale e suppletiva. Si avviò così la fase romana del processo, che prevede anzitutto la ricerca necessaria ai fini dell’acquisizione completa delle carte del Servo di Dio, lo studio di natura storico-scientifica, il vaglio di tutte le fonti documentarie e testimoniali con relativa valutazione critica, e dunque l’elaborazione e composizione della Positio, il dossier che comprende tutto il corpus delle prove documentali e testimoniali che devono dimostrare l’eroicità della vita, delle virtù e della fama di santità del candidato agli onori degli altari.

Il 27 giugno 2008 venne incaricato come relatore della Causa padre Cristoforo Bove, mentre l’incarico per la stesura della Positio fu affidato alla dott.ssa Stefania Falasca che a partire dal 2012 venne affiancata dal sacerdote nativo di Canale d’Agordo, Davide Fiocco, teologo e docente di patrologia. Venuto a mancare il padre Bove, la Causa fu assegnata a padre Vincenzo Criscuolo, relatore generale della stessa Congregazione delle Cause dei santi, il quale proseguì il lavoro intrapreso, richiedendo gli opportuni approfondimenti e le necessarie ulteriori acquisizioni, sia per quanto concerne la parte documentale sia per la parte testimoniale. Del resto, la tardiva apertura della Causa aveva compromesso l’acquisizione di testimonianze oculari preziose, così come aveva comportato una certa dispersione del materiale documentario, per il quale si richiedeva un’accorta ricerca. Nel corso dello studio della documentazione processuale si è pertanto ritenuto necessario consultare nuovamente, tra gli altri, l’Archivio pievanale di Canale d’Agordo, la Biblioteca-archivio storico arcidiaconale di Agordo, l’Archivio vescovile di Belluno, l’Archivio diocesano di Vittorio Veneto, l’Archivio della Fondazione Cini di Venezia, oltre a quelli della Congregazione per il clero, della Congregazione per i vescovi e della Segreteria di Stato. Inoltre è stata predisposta l’acquisizione di ulteriori testimonianze, che non erano state considerate tra i testi escussi dal tribunale nel corso dell’Inquisitio dioecesana.

Tra il 2008 e il 2015 vennero quindi acquisite agli atti anche le deposizioni extraprocessuali di altri 21 testimoni, con particolare riferimento al periodo del pontificato e alla morte di Giovanni Paolo I, dei quali un’importanza del tutto eccezionale riveste la testimonianza di papa Benedetto XVI per il suo finora unicum storico, in quanto è la prima volta che un papa emette una testimonianza de visu su un altro papa. Oltre alla redazione degli atti rituali, alla luce delle nuove acquisizioni documentali – sulla base di una omnino plena investigazione archivistica, che ha interessato più di settanta archivi in trenta diverse località, innanzitutto gli archivi istituzionali conservati nelle sedi dove si stanziò Luciani da Belluno al Vaticano – notevole impegno è stato inoltre profuso nel reperimento e nella trascrizione critica di testi finora inediti e nell’inventariazione di tutte le pubblicazioni firmate o attribuite al Servo di Dio, grazie anche al contributo prezioso delle nipoti di Giovanni Paolo I, Lina Petri e Pia Luciani.
Il 16 ottobre 2015 il vescovo di Belluno-Feltre nominò come nuovo postulatore della Causa il cardinale Beniamino Stella, originario della diocesi vittoriese, che a suo tempo proprio Albino Luciani aveva avviato alla Pontificia accademia ecclesiastica.
Il 17 ottobre 2016, con la consegna della Positio in Congregazione, composta in cinque volumi per oltre 3.600 pagine complessive – introdotta dal relatore, padre Vincenzo Criscuolo, firmata dal Postulatore, card. Beniamino Stella e dagli autori dott.ssa Stefania Falasca e don Davide Fiocco – si è concluso il lavoro scientifico e redazionale durato otto anni e si è così avviato l’esame di giudizio conclusivo da parte degli organi giudicanti della Congregazione che, secondo la prassi, sono chiamati a esprimersi con voto in due sessioni di esami: quella del Congresso dei consultori teologi e quella ordinaria dei cardinali e vescovi. Il Congresso dei teologi ha espresso il suo voto positivo unanime il 1° giugno 2017 e lo stesso responso ha dato la Sessione ordinaria dei cardinali e vescovi il 7 novembre 2017. La Causa sì è conclusa con il decreto sancito da papa Francesco, l’8 novembre 2017, con il quale sono state proclamate le virtù di Giovanni Paolo I.

Alla fine di novembre di quello stesso anno si era conclusa anche l’Inchiesta diocesana istruita nel 2016 nella diocesi argentina di Buenos Aires per un caso di presunta guarigione straordinaria avvenuta per intercessione di papa Luciani nel 2011 a favore di una bambina affetta da una grave forma di encefalopatia. Giunto in fase romana, il caso è stato portato alla discussione della Consulta medica che il 31 ottobre 2019 ha stabilito all’unanimità essersi trattato di una guarigione scientificamente inspiegabile. Il 6 maggio 2021 anche il Congresso dei teologi ha espresso positivamente il suo giudizio e il processo “super miro” si è chiuso il 5 ottobre 2021 con il voto positivo della Sessione ordinaria dei cardinali e vescovi. Quindi, con decreto del 13 ottobre 2021, il miracolo è stato riconosciuto e sancito da papa Francesco.

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