Sarà una Pasqua indimenticabile per il cardinale Ernest Simoni, 94 anni, sacerdote perseguitato dal regime comunista albanese

Simoni ormai da anni è stato adottato da Firenze, città che gli ha fatto dono del Sigillo della pace. Domenica mattina sarà con Papa Francesco affacciato alla loggia di San Pietro per la benedizione Urbi et Orbi, alla città e al mondo. “E’ già una grande emozione aver appreso la notizia di accompagnare il Santo Padre per la benedizione Urbi et Orbi come cardinale diacono – sorride il cardinale – figuriamoci nella domenica della Santa Pasqua stare su quel balcone dal quale nella storia della Chiesa tanti Pontefici hanno rivolto preghiere e benedizioni”.
E’ un’esperienza che l’anziano prelato, creato cardinale dal Papa venuto dalla fine del mondo, proprio per la testimonianza di fede resa durante 28 anni di prigionia e lavori forzati dal 1963 al 1991, come “nemico del popolo“ con l’accusa di aver celebrato messe in suffragio del presidente John Fitzgerald Kenney, assassinato a Dallas nel ’63, come indicato da Papa Paolo VI e in più perché aveva predicato che valeva la pena, all’occorrenza, dare la vita per Gesù .

“Quando ero in prigione – ricorda – all’alba non sapevamo se avremmo rivisto il tramontare del sole dopo giornate scandite da torture, vessazioni, violenze ed interrogatori – dove i carcerieri volevano addirittura che rivelassimo il contenuto delle confessioni -. – prosegue il cardinale – Durante la detenzione nei campi di lavoro, nelle miniere dove estraevamo rame e pirite se una sola pietra si fosse staccata nei cunicoli, cadendoci addosso saremmo volati in Cielo tutti, visto le condizioni precarie nelle quali lavoravamo senza nessuna sicurezza e protezione”.
Eppure non ha mai perso la speranza: “Mai avrei creduto dopo i tanti calci presi, l’atroce dolore delle catene che mi stringevano tremendamente i polsi, dopo avermi privato della libertà sopratutto senza poter esercitare il ministero di sacerdote senza poter servire il popolo ed annunciare la salvifica Buona Novella, vivere ora dei giorni così belli, ricchi di doni spirituali a servizio dei fedeli per la salvezza delle anime. Mai avrei creduto di ricevere la berretta cardinalizia grande dono inaspettato, veramente un grande dono di cui mai smetterò con tutto il cuore di ringraziare Papa Francesco; preghiamo per il Santo Padre affinché il Signore possa donargli forza e salute nel suo universale ministero petrino”.

lanazione.it

Staffetta missionaria per l’Albania

Al via un progetto d’accompagnamento per sostenere la missione in Albania. Non sarà inviato un sacerdote, ma cinque unità pastorali si alterneranno per conoscere e camminare insieme alla Diocesi di Sapë e la Casa della Carità di Laç Vau-Dejës.

laliberta.info

Albania “Quella albanese è una Chiesa di martiri e che intende vivere insieme a tutta la Chiesa universale nella dimensione missionaria e sinodale”

Monsignor Gjergj Meta, vescovo di Rreshen e segretario della Conferenza Episcopale d'Albania
Gallagher in Albania, il vescovo Meta: segno di cura per il nostro Paese
Il pastore di Rrëshen e segretario della locale Conferenza episcopale commenta il viaggio al via oggi del segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati: “Quella albanese è una Chiesa di martiri e che intende vivere insieme a tutta la Chiesa universale nella dimensione missionaria e sinodale”
Don Davide Djudjaj – Città del Vaticano

Giunge oggi in Albania il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, monsignor Paul R. Gallagher. Il significato di questo viaggio lo illustra monsignor Gjergj Meta, vescovo di Rrëshen e segretario della Conferenza episcopale dell’Albania.
vaticannews

Quelli che hanno scoperto Lamerica: «L’Albania ora si merita l’Europa»

Quelli che hanno scoperto Lamerica: «L’Albania ora si merita l’Europa»

«L’Albania, per me, è la ventunesima regione italiana. E quando farà parte dell’Unione Europea sarà per l’Italia una testa di ponte verso i Balcani occidentali. Cioè un mercato da quasi 30 milioni di abitanti». Fabrizio Bucci, ambasciatore italiano in Albania, non ha dubbi. Nella luminosa sede dell’ambasciata a Tirana, in rruga Papa Gjon Pali II, Bucci racconta perché il via libera ai negoziati di adesione all’Unione Europea del 19 luglio scorso costituisce «un’occasione imperdibile, per noi e per loro. Perché questo è un Paese che ha tantissime potenzialità. E la cooperazione ha un ruolo importantissimo».

«Italia e Albania – spiega l’ambasciatore italiano a Tirana – condividono una storia millenaria. Nel 44 A.C. Ottaviano Augusto seppe dell’assassinio dello zio Giulio Cesare qui in Albania, ad Apollonia, centro di studi mediterraneo. Nel 1.400 gli albanesi in fuga dagli ottomani arrivarono in Calabria e Sicilia. E i loro discendenti, gli arbereshe, ancora oggi riescono a intendersi con gli albanesi contemporanei. Anche se è come se oggi ci parlasse Dante Alighieri… A Cosenza c’è il loro Eparca, sono cattolici di rito orientale. Insomma, Italia e Albania hanno sempre avuto rapporti. Perfino nell’era stalinista di Enver Hoxha».

L’Italia, dopo il crollo di quel regime nel ‘91, è stata meta per tanti emigranti. Gli albanesi in Italia oggi cosa fanno?

Oggi ce ne sono 700 mila, molti col doppio passaporto. È la seconda comunità straniera in Italia. Ma i giornali, diversamente che in passato, ne parlano poco, perché sono ben integrati: imprenditori, medici, architetti. Sono circa 50 mila le aziende di albanesi. Si sono affermati anche nell’arte. Vede questo quadro qui nel mio ufficio? Acciaio e smalto blu, è opera di Helidon Xhixha, artista di Durazzo. Da ragazzo salì sulla Vlora con migliaia di connazionali. Sbarcò a Bari senza nemmeno le scarpe. Lavorando e studiando si è diplomato a Brera. Oggi ha lo studio vicino Novara, torna spesso in patria, ha esposto agli Uffizi e alla Biennale di Venezia, la moglie ha una galleria a Dubai. Una bella storia di integrazione e successo. L’immigrazione può portare benefici sia al Paese che la genera che al Paese che la riceve. Poi c’è anche una piccola minoranza dedita al crimine, ma abbiamo gli strumenti per combatterla.

Dopo l’implosione del regime, la cooperazione italiana ha portato aiuti di emergenza. Poi infrastrutture: ospedali, strade, acquedotti. Ora che il Paese ha uno sviluppo economico importante, ma disordinato, qual è il supporto dell’Italia?

Ci siamo fatti carico dell’Albania più di tutti e prima di tutti. Arrivai a Tirana da giovane diplomatico nel 1992 e ogni giorno a Durazzo arrivavano mercantili italiani di generi alimentari e medicinali. Fino al 1993 abbiamo letteralmente sfamato l’Albania che sembrava uscita da una guerra. L’Italia ha accompagnato questo Paese in un percorso trentennale. E nel 2019, quando sono tornato, ho trovato una nazione irriconoscibile: Tirana ha un milione di abitanti, infrastrutture e palazzi moderni. Ma questa crescita ha avuto i suoi costi: come spesso accade nelle democrazie post-regime, buona parte della popolazione non ha goduto dello sviluppo. Il reddito annuo medio pro capite è attorno ai 5.500 euro, gli stipendi 4 o 500 euro, le pensioni 100. La ricchezza è stata ridistribuita in maniera ineguale. La democrazia è in fase di consolidamento, un cantiere aperto.

L’Albania il 19 luglio 2022 ha avuto finalmente il via libera ai negoziati di adesione all’Unione Europea…

Sì, e la Commissione Europea ha stanziato per i sei Paesi dei Balcani occidentali fondi europei di preadesione: solo per connettività e infrastrutture 9 miliardi di euro. L’economia deve crescere perché aumenti il gettito fiscale e ci siano più fondi per lo stato sociale. Ma noi nel frattempo stiamo intervenendo in settori delicati: imprenditorialità giovanile e femminile, equilibrio di genere contro la discriminazione femminile. Con lo Iadsa sosteniamo iniziative sui territori. Senza dimenticare il ruolo fondamentale dei tanti ordini religiosi italiani presenti qui: due o trecento missionari che animano scuole, mense, orfanotrofi.

L’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) nei Balcani Occidentali, guidata da Stefania Vizzaccaro, l’anno scorso ha investito in Albania 243 milioni di euro in 36 progetti. Soprattutto nell’area culturale, per rafforzare i valori europei di democrazia, diritti umani, convivenza religiosa. La cooperazione italiana sostiene il progresso sociale?

È così. Con le ong, ad esempio, lavoriamo molto anche sui diritti di genere. Se dal punto di vista normativo l’Albania ha recepito tutte le direttive europee in tema – su 15 ministri del governo, 12 sono donne – nelle aree montuose sembra di stare nell’Italia degli anni ‘30. Ci vorrà tempo, ma il percorso è segnato e io sono fiducioso.

L’ingresso nell’Ue quindi è l’occasione preziosa per “costringere” l’Albania a fare il salto di qualità?

È il punto centrale. L’Italia ne ha sempre sostenuto l’ingresso nell’Ue. Ora Tirana è guidata da Bruxelles per il processo di recepimento di norme, procedure, regolamenti, standard europei. E si comincerà con la giustizia, la libertà di stampa, i diritti. I tecnici Ue stanno radiografando tutte le leggi, il Parlamento dovrà riformarle, da qui a una decina d’anni. Ma non si discute più se l’Albania farà parte dell’Ue, ma quando. L’Ue, prima di essere un mercato da mezzo miliardo di consumatori – che offre finanziamenti per infrastrutture e crea libertà di movimento per le persone, le merci, i servizi – è una comunità di principi e di valori democratici.

Quali sono i rapporti economici tra il nostro Paese e l’Albania?

L’interscambio tra Italia e Albania vale quasi un terzo di tutto l’interscambio albanese col mondo. Cioè il 20% di tutto il Pil dell’Albania, 3 miliardi di euro. Siamo il primo fornitore e il primo cliente. Qui ci sono 2.600 aziende italiane, la metà di tutte le aziende internazionali. Questo Paese è un pezzo di Italia. E c’è ancora tanto interesse di aziende italiane.

Perché investire in questo piccolo Paese?

Perché adesso comincia un’altra storia, quella dell’ingresso dell’Albania nell’Ue. Questo piccolo Paese può diventare per l’Italia la porta per verso i Paesi dei Balcani occidentali, con una popolazione che tra qualche anno raggiungerà i 30 milioni: Serbia, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro. L’Ue ha stanziato per questi sei Paesi complessivamente quasi 30 miliardi di fondi di pre-adesione. Investirà soprattutto su le infrastrutture, i collegamenti ferroviari e stradali, le reti energetiche e i servizi digitali. Attraverso i Balcani passano le reti che portano energia da Est, dall’Azerbaijan verso il Mediterraneo. Il Tap passa in Albania. E altri gasdotti sono in progetto. Con queste reti, avere base in Albania significa essere presenti ed esportare in tutti i Paesi della regione. È una grande occasione. Tra 10 anni questa sarà una nazione europea. Io scherzando dico spesso che in Albania gli americani siamo noi. Nessuno qui fa quello che fa l’Italia. Siamo un paese leader e di riferimento. E qui c’è molta voglia di Italia.

avvenire.it

Wizz Air lancia una nuova rotta tra Trieste e Tirana

La compagnia aerea Wizz Air ha annunciato una nuova rotta tra Trieste e la capitale dell’Albania, Tirana, a partire dal 3 luglio 2023, e i cui biglietti sono già disponibili (sito Wizz Air e app WIZZ), a partire da 24,99 euro. Il volo sarà operato due volte a settimana, lunedì e venerdì, effettuati con un Airbus A321neo, tra i più sostenibili aeromobili, da 239 posti.

Trieste diventa così la 27/a destinazione di Wizz Air in Italia, mercato sul quale si rafforza. La compagnia offre anche un servizio WIZZ Flex che garantisce possibilità di cancellare o cambiare volo fino a 3 ore prima.

Evelin Jeckel, Acting Network Officer di Wizz Air, ha precisato che la tratta è indicata per “scoprire una città dalle mille identità e godere del crogiolo di cultura, arte e architettura, nonché una nuova alternativa di viaggio per visitare amici e familiari all’estero”.

Marco Consalvo, a.d. dell’aeroporto di Trieste ha sottolineato che “Wizz Air è una delle maggiori low cost europee e la prima sui mercati dell’est Europa” e che “non ha mai operato nel nostro scalo. Il nuovo collegamento con Tirana è l’avvio di una importante partnership di lungo periodo”. La comunità albanese presente in regione è la seconda per numero di residenti. (ANSA).

Prodi, allargare Ue a ex Jugoslavia e Albania

– “Bisogna fare presto ad allargare i confini della Ue a tutti i Paesi dell’ex Jugoslavia più l’Albania”: è l’appello lanciato da Romano Prodi, a Gorizia, a margine di un evento dell’Università di Trieste, con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, cui ha partecipato anche l’ex Presidente della Repubblica di Slovenia, Danilo Türk.

“Facciamo presto perché non comporta alcun problema economico – ha precisato -: tutte assieme, queste nazioni rappresentano meno del 2% del Pil dell’intera Unione. Qui ci vuole una volontà politica, perché fare presto obbligherebbe anche a una riforma delle istituzioni europee, in quanto bisogna cambiare i processi decisionali, ma è giunta l’ora che lo si faccia”.

Prodi ha poi parlato del conflitto in Ucraina: “finirà solo con un accordo Stati Uniti-Cina”, ha detto. “Questo perché l’Europa è nelle mani degli Stati Uniti per il suo potere decisionale, e per l’aspetto militare, finché non si farà un esercito europeo”.

Infine, riferendosi al fenomeno migratorio, “o c’è un’unità a livello europeo – ha osservato l’ex presidente della Commissione europea – oppure non si potrà trovare una soluzione adeguata, perché l’accordo di Dublino, che dice che ci pensi il Paese dove arrivano i migranti, è un’autentica follia”. (ANSA).