Aifo e la lotta per eliminare la lebbra

Aifo e la lotta per eliminare la lebbra

ROMA-ADISTA. Si celebra domenica 28 gennaio la 71ma Giornata mondiale dei malati di lebbra, istituita da Raoul Follereau. L’Associazione italiana amici di Raoul Follereau (Aifo), che porta avanti i valori del giornalista francese, in questa occasione organizza in Italia diversi eventi su tutto il territorio nazionale per informare e sensibilizzare le persone nei riguardi di una malattia che, nonostante sia curabile, è ancora un problema sanitario importante in diversi paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina, dove persistono condizioni socioeconomiche precarie che ne favoriscono la trasmissione.

Oggi la lebbra si trova nella lista delle Malattie tropicali neglette (Mtn) dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e la diminuzione del numero delle persone diagnosticate annualmente negli ultimi due decenni è graduale e progressiva, ma non come ci si attendeva, a causa delle difficoltà di gestione dei programmi di controllo ed eliminazione della malattia nei Paesi endemici. Negli ultimi due anni il numero annuale delle persone diagnosticate è in aumento, dopo il calo dovuto alla pandemia da Covid-19, a causa della diminuzione delle capacità diagnostica dei centri di trattamento ambulatoriali, in quanto il personale sanitario è stato assegnato ad altri servizi. Secondo i dati Oms pubblicati a metà settembre 2023 le persone diagnosticate nel corso dell’anno 2022 sono state 174.087, con un aumento del 23,8% rispetto al 2021. Al primo posto l’India con 103.819 casi, seguita dal Brasile (19.635 persone) e dall’Indonesia (12.441 persone), la cui somma corrisponde al 78,1% del totale dei casi nel mondo. Altri Paesi con un numero significativo di persone diagnosticate annualmente (superiore a 1.000) sono, in ordine alfabetico: Bangladesh, Etiopia, Filippine, Madagascar, Myanmar, Mozambico, Nepal, Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Somalia, Sri Lanka, Tanzania. Il 5,1% dei nuovi casi sono bambini, una percentuale ancora alta che dimostra come la catena di trasmissione sia ancora attiva e precoce, con un aumento del 14,6% rispetto all’anno precedente. In crescita anche il numero delle persone che presentano gravi disabilità al momento della diagnosi (9.554 nel 2022, con un aumento del 12,8% rispetto all’anno precedente in cui erano 8.469 persone). Ciò indica che, ancora oggi, a causa della scarsa conoscenza dei sintomi della malattia all’interno delle comunità, delle difficoltà di accesso e della scarsa qualità dei servizi di trattamento, la diagnosi avviene tardivamente e in molti casi la persona colpita dalla malattia si presenta già con disabilità fisiche irreversibili. Inoltre emerge che vi sono diversi Paesi in cui ancora si segnalano discriminazioni nei confronti dei malati di lebbra o sono presenti leggi discriminanti.

Per tutte queste ragioni, Aifo attua a livello comunitario promuovendo azioni di educazione sanitaria sui sintomi della malattia per promuovere la diagnosi precoce. Nei progetti che gestisce, segue la Road Map 2021-2030 dell’Oms per il controllo delle Mtn, a sua volta in linea con la Strategia globale per l’eliminazione della lebbra. Il cammino verso un mondo senza lebbra è lungo e presuppone azioni integrate verso l’obiettivo “Tre Zeri”: zero trasmissione, zero disabilità e zero discriminazione. A questo si aggiunge l’importanza della ricerca scientifica, fondamentale per superare le lacune ancora presenti. Per fermare la diffusione della malattia e affinché l’impatto dei programmi di controllo sia duraturo è necessario migliorare la situazione socioeconomica dei Paesi endemici attraverso un approccio globale che agisce non solo sugli aspetti sanitari, ma anche sui determinanti sociali come istruzione e occupazione stabile. Nello specifico, oltre alla sensibilizzazione e informazione della popolazione, AIFO promuove un approccio multisettoriale che include la riabilitazione fisica e socio-economica delle persone con disabilità causate dalla malattia e dei loro famigliari.

In Guinea Bissau, uno dei 20 Paesi economicamente più poveri del mondo, Aifo ha incontrato Omero, la cui vita è stata segnata dalla lebbra. «Ricordo che quella è stata la parte più difficile della mia vita. Avevo cercato di curare i sintomi con delle medicine tradizionali, che però non mi avevano aiutato. Quindici anni fa mi sono recato in un centro sanitario ma la diagnosi è arrivata ormai troppo tardi e i medici sono stati costretti a prendere una decisione drastica: l’amputazione del mio piede. Non mi sono arreso però, grazie al supporto di Aifo che mi ha inserito nel programma di formazione, e mi sono specializzato nella trasformazione della frutta in prodotti come succhi e marmellate. Vorrei aprire un negozio adesso». Aifo ha incoraggiato e sostenuto Omero rafforzando le sue capacità all’interno della comunità e con una formazione lavorativa che promuova autonomia e dignità. Ma c’è di più, Omero ha iniziato questo percorso formativo perché la comunità di ex malati di lebbra di Cumura in cui vive, vede in lui un punto di riferimento, un rappresentante che può tornare ricco di conoscenze e abilità.

«L’impegno di Aifo nel mondo si concentra sull’interruzione della trasmissione della lebbra, ma anche nel prevenire le disabilità ed eliminare le discriminazioni nei confronti delle persone colpite, oltre il pregiudizio e lo stigma, promuovendo l’inclusione sociale per ridare dignità di persona a coloro a cui non è riconosciuta per una malattia» dichiara il presidente di Aifo, Antonio Lissoni. «Aifo vive delle idealità che la visione assolutamente moderna e attuale di Follereau ci ha lasciato, della centralità della persona, soprattutto la più fragile e la più emarginata, e questa idealità deve rimanere il fondamento delle nostre azioni. La lebbra ci ha insegnato molto, ci ha insegnato che cooperare significa essere capaci di crescere con la comunità fragile, lavorare non per, ma con la persona più debole, soggetto protagonista della propria dignità e della propria autonomia e non oggetto di un’azione che risolve un problema». «Il cammino verso un mondo senza lebbra è lungo e presuppone diversi obiettivi da raggiungere attraverso un lavoro costante e collettivo. Sicuramente è necessario interrompere la catena di trasmissione della malattia, ma le conseguenze fisiche e sociali devono essere considerate nei programmi di controllo, che non possono avere una dimensione esclusivamente dettata da parametri sanitari, ma devono diventare espressione di un lavoro che intende rivitalizzare la dignità della persona» conclude Giovanni Gazzoli, medico Aifo specializzato in malattie tropicali.

Iniziative dell’Aifo in vista della Giornata mondiale dei malati di lebbra

Incontri di sensibilizzazione presso scuole, parrocchie e altre istituzioni in tutta Italia e una serie di iniziative per affermare i diritti dei malati e raccogliere fondi in favore delle persone affette da lebbra. A promuovere queste iniziative è l’Associazione italiana amici di Raoul Follerau (Aifo), in vista della 60.ma Giornata mondiale dei malati di lebbra che si celebrerà il prossimo 27 gennaio. In particolare, venerdì 25 gennaio si terrà il convegno scientifico incentrato sul tema: “Lebbra: flagello o malattia? Profili medico-epidemiologici. Aspetti sociali, politici ed umanitari”. All’incontro, organizzato dall’Ambasciata del Sovrano Militare Ordine di Malta presso la Repubblica di Liberia, parteciperanno tra gli altri mons. Lorenzo Leuzzi, vescovo ausiliare di Roma e delegato per la pastorale sanitaria, e il ministro italiano della Salute, Renato Balduzzi. Domenica 27 gennaio migliaia di volontari Aifo offriranno, come ogni anno, nelle piazze italiane e in circa 30 parrocchie romane “Il Miele della solidarietà”. A partire da domenica prossima sarà inoltre attivo il numero 45504: inviando un sms, si potranno donare 2 euro e chiamando da telefono fisso fino a 5 euro. Ogni giorno, nel mondo, circa 700 persone si ammalano di lebbra. Nel 2011, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), sono stati denunciati oltre 219 mila nuovi casi in 105 Paesi. Le situazioni più gravi si registrano in india e Brasile, ma il fenomeno è presente anche in Italia, dove ogni anno si contano da 6 a 9 nuovi casi. (R.C.)

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