Adozioni, il pianeta da salvare

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Sempre meno, anche a livello internazionale, spesso più complicate. «Non lasciamo sole le famiglie» L’appello dalla Conferenza mondiale. Il ministro Bonetti: il nostro sistema regge, ma va migliorato

Adozione, un percorso a ostacoli che in questi ultimi anni è diventato ancora più complesso e a cui la pandemia ha inferto colpi pesanti. Il numero delle famiglie accoglienti si è quasi dimezzato negli ultimi vent’ani ma è ancora circa dieci volt% superiore rispetto al numero di bambini adottabili, almeno per quanto riguarda l’adozione nazionale. Ma si tratta di numeri residuali (come purtroppo quelli dell’adozione internazionale) per una lunga serie di motivi sociali ed economici, ma anche per la mancanza di politiche specifiche e di investimenti coraggiosi. Una situazione che il ministro della famiglia Elena Bonetti ha però promesso di voler affrontare con un impegno finalmente adeguato al valore sociale di una scelta tanto importante. Nel saluto che ha portato ieri alla Conferenza internazionale sull’adozione, in corso fino a venerdì alla Cattolica di Milano, presenti on line oltre 200 esperti da 27 Paesi, oltre a mettere in luce gli sforzi fatti in questi anni, ha spiegato i motivi del crollo delle adozioni in tutto il mondo – anche se il nostro Paese rimane, dopo gli Stati Uniti, quello che accoglie ancora il maggior numero di bambini – ha fatto notare come una percentuale crescente dei piccoli che arrivano da noi abbiano problemi psico- fisici di varia natura ( special need). Poche adozioni internazionali (669 nel 2020, a fronte delle oltre 4mila che si registravano nei primi anni Duemila) non significa però che tutto sia negativo. Secondo la ministra è da considerare con attenzione il fatto che anche nei Paesi d’origine si tenda «a rendere più sicuri e trasparenti i procedimenti » e a privilegiare «altre forme di accoglienza, come l’affido nel proprio territorio, garantendo così un’accoglienza che non implichi uno sradicamento del minore». Il quadro rimane di grande complessità, anche secondo l’analisi tracciata – accanto agli interventi del rettore della Cattolica, Franco Anelli e del direttore del Centro di ateneo studi e ricerche sulla famiglia, Camillo Regalia – dalla presidente del Tribunale per i minorenni di Milano, Maria Carlo Gatto. Nel 2000 al Tribunale di Milano erano arrivate 1.245 domande di adozione. Nel 2020 c’è stato un crollo del 58%. I motivi? Secondo il magistrato per il peggioramento delle condizioni sociali ed economiche, ma anche per l’aumento del ricorso alla fecondazione assistita. E poi non va dimenticato il crollo delle nascite e la mancanza di politiche favorevoli delle coppie adottive. «Tutte situazioni ha messo in luce – che non incoraggiano scelte di genitorialità». Tribunali e servizi sociali fanno il possibile ma esistono carenze nel sistema di tutela dei minori fuori famiglia che vanno colmate al più presto. I tribunali minorili sono ancora esclusi dalla digitalizzazione, come anche dagli stanziamenti del recovery plan. E poi occorre investire nella formazione di operatori ed educatori. In questa situazione non deve stupire che in Italia anche la ricerca sui temi dell’adozione – il focus della conferenza in corso – rimanga argomento per addetti ai lavori e, soprattutto, si traduca raramente in buone prassi per le famiglie adottive. Una tendenza che va invertita.

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Oltre 200 esperti di 27 Paesi a confronto sul tema della ricerca psicologica.

Buone idee per rendere più agevoli i percorsi di chi intende aprire le porte di casa a un bambino da accogliere Il presidente del Tribunale dei minori di Milano, Maria Cecilia Gatto: nel crollo pesa anche il ricorso alla fecondazione assistita

Accoglienza in famiglia. Le adozioni internazionali? Piccoli numeri (oltre la crisi)

Le adozioni internazionali? Piccoli numeri (oltre la crisi)

Anno 2018, sono poco più di mille e trecento (1.364) i bambini diventati italiani grazie all’adozione internazionale. Erano stati 1.446 nel 2017. Più che dimezzati rispetto ai 3.154 del 2011, ma anche le coppie disposte ad adottare sono calate di circa 500 l’anno. Oggi, sulla base delle domande pendenti presso gli enti, le coppie in attesa risultano circa 3.700. Più o meno la metà riuscirà, nel giro di un paio d’anni, a regalare una famiglia a un bambino che non ce l’ha.

Piccoli numeri, certo rispetto agli oltre 5 milioni di coppie senza figli di cui una buona percentuale potrebbe, almeno sulla carta, essere interessata all’adozione. E, soprattutto, di fronte ai 140 milioni di bambini orfani nel mondo (dati Unicef 2016). Ma è inutile stracciarsi le vesti, pochissimi di questi minori arriveranno in futuro nel nostro Paese grazie al sistema dell’adozione internazionale. Sono tanti i motivi – da quelli culturali a quelli di politica internazionale – che sembrano congiurare contro la ripresa delle adozioni, del resto in calo in tutto il mondo, con flessioni ben più rilevanti che non nel nostro Paese. Di fronte a un crollo dell’80 per cento nel mondo occidentale dal 2004 al 2016, in Italia la decrescita si è fermata al 55%. Un calo comunque rilevante.

Così che un gesto d’amore straordinario e responsabile, capace di condensare in sé contenuti profondi di promozione umana e di responsabilità sociale, appare sempre più limitato ad ambiti ristretti, come i circuiti virtuosi dell’associazionismo familiare, dove l’arrivo di un figlio continua a rappresentare un dono e non un diritto. Tantomeno un ‘prodotto’ da acquistare. «In questi ultimi due anni – osserva Laura Laera, vicepresidente della Cai, Commissione per l’adozione internazionale – c’è stata una sostanziale tenuta. I circa 80 bambini in meno arrivati nel 2018 sono legati soprattutto alla decisione di sospendere le adozioni da parte di grandi Paesi come l’Etiopia e la Polonia. Nel frattempo abbiamo ripreso i contatti con la Bolivia. E in altri Paesi, come in Bielorussia, le attività si sono intensificate. Nel 2017 erano stati 29, nel 2018 sono diventati 112». In particolare i minori provenienti dall’Europa sono stati 640, dall’Africa 121, dall’America centrale e meridionale 330 e dall’Asia 303. La Federazione Russa rimane il Paese con il maggior numero di minori adottati (200), seguita dalla Colombia (169 piccolo aumento rispetto al 2017), dall’Ungheria (135), dalla Bielorussia, come detto, (112) e dalla Cina (84).

Piccoli spostamenti che confermano la sostanziale tenuta di una dinamica complessa, che dev’essere costruita e mantenuta efficiente grazie al sistema degli accordi bilaterali. Il prossimo 21 gennaio la Cai accoglierà una delegazione del Senegal che, dopo aver ratificato la convenzione dell’Aja qualche anno fa, ha messo in piedi anche la struttura per attuare pienamente il trattato e potrà quindi rappresentare uno sbocco interessante per i nostri enti autorizzati. Stesso discorso per il Benin. In aprile sarà la volta della Cambogia. «Il quadro delle adozioni internazionali è questo. Difficile immaginare – riprende la vicepresidente della Cai – che si possa tornare ai livelli di dieci anni fa».

MOLTI PAESI DECIDONO DI FERMARE L’ESODO DEI MINORI VERSO L’ESTERO

E non si tratta neppure di un problema politico. Il governo per ora sta tenendo fede agli impegni. Stanno arrivando i fondi per rimborsare per le spese sostenute dalle famiglie fino al 2017 e anche le strutture della Cai, dopo la stasi relativa al triennio 2014-2106, hanno ripreso a funzionare al meglio. Anche il presidente Conte, durante la sua visita in Etiopia, non ha esitato a ricordare il problema delle adozioni. Per il momento purtroppo senza esito. La Cai continua comunque a tessere la sua tela con contatti, progetti di cooperazione, scambi proficui. «Non credo sia possibile muoversi in altro modo. Siamo di fronte a un quadro internazionale in via di trasformazione – sottolinea Laura Laera – dove cresce il numero dei Paesi che ‘fanno da sé’, che cercano cioè di risolvere il problema dei minori abbandonati con l’adozione nazionale e con l’affido, come abbiamo fatto in Italia a partire dagli anni Settanta. Difficile immaginare cosa succederà in futuro, ma il calo demografico dell’Occidente lascia intravedere scenari abbastanza definiti». La vicepresidente della Commissione Cai da buon magistrato – fino al giugno 2017 era presidente del Tribunale dei minorenni di Firenze – non si abbandona a profezie, ma non è difficile immaginare quello che succederà.

Da una parte il calo delle nascite e quello dei matrimoni, dall’altra la ‘concorrenza’ della fecondazione assistita finirà per restringere sempre di più il numero delle coppie disponibili all’adozione. «Va ricordato che l’adozione non è un diritto – prosegue l’esperta – ma una disponibilità e, insieme un’avventura che può finire bene, e così succede nella maggior parte dei casi, ma può anche avere esiti problematici». Nel frattempo la Cai prosegue anche la sua opera di razionalizzazione degli enti autorizzati che sono scesi a 55 e, probabilmente entro la fine dell’anno arriveranno sotto quota cinquanta. Un ridimensionamento inevitabile e uno sforzo importante per razionalizzare l’intero sistema.

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Adozioni. Sono senza genitori 140 milioni di minori. Adozione, perché no? Tour in 9 città Contro la denatalità scelte accoglienti

Sono senza genitori 140 milioni di minori

I numeri rimangono ancora da inverno demografico, ma il clima che si respira nel mondo delle adozioni sembra incoraggiare prospettive più confortanti. Come favorevole appare la ritrovata sintonia tra Commissione per le adozioni internazionali, enti, associazioni e altre realtà istituzionali che lavorano nella grande galassia dei minori senza famiglia. Se meno di un mese fa ha suscitato commenti favorevoli la grande iniziativa “Dònàti” – dove il doppio accento segnala la diversa valenza di una scelta di solidarietà – proposta a Roma dal Forum delle associazioni familiari, con il sostegno dell’Ufficio Famiglia Cei, del Dipartimento per le politiche familiari presso la presidenza del Consiglio e dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, l’attenzione si sposta da stasera sul Tour nazionale 2018 ‘L’adozione è una cosa meravigliosa’ che parte da Milano e che, fino al 18 maggio, toccherà nove città.

Obiettivo quello di raccontare l’officina dei miracoli che si intreccia al mondo delle adozioni, bellezza e difficoltà di una scelta di accoglienza che arricchisce, insieme alla famiglia che apre le porte di casa, l’intera società. Il mese scorso, nel corso di “Dònàti”, era stato messo in luce il valore dei cuori che si aprono per donare un grembo a un bambino che ne è privo, ma anche la necessità di conoscere in modo più puntuale le varie dinamiche legate alle procedure sia per l’adozione sia per l’affido, un altro percorso di generosità su cui troppo a lungo sono stati spenti i riflettori.

La proposta che prende il via stasera, organizzata da Aibi – l’associazione insieme a Comunità Papa Giovanni XXIII, Azione per famiglie nuove, Famiglie per l’accoglienza, Progetto Famiglia era già stata protagonista dell’iniziativa romana – riprende quelle sollecitazioni e ripropone un progetto di sensibilizzazione e di promozione dell’adozione internazionale. Percorso tutto in salita anche se, come detto, non mancano motivi di nuova di fiducia. In circa un anno di lavoro, Laura Laera la nuova vicepresidente della Commissione adozioni internazionali (Cai), ha avuto il merito di riaprire sbocchi interessanti, riavviando contatti sclerotizzati con Paesi come Burkina Faso, Vietnam e Cambogia. Intensificati quelli con la Cina. Mentre con Etiopia e Polonia invece i rapporti si sono complicati per la decisione di quei Paesi di sospendere o restringere fortemente le adozioni. Anche in questi casi però le comunicazioni della Cai, a differenza del passato, sono arrivate puntualmente e le famiglie sono state informate in tempo reale delle difficoltà sopraggiunte.

Nella stessa direzione va il portale ‘Adozione trasparente‘ – entrato in funzione proprio in questi giorni – che mette in rete i vari passaggi delle pratiche adottive in modo che la famiglia possa non solo seguire passo dopo passo tutto l’iter, ma anche intervenire per chiedere chiarimenti e aiuti. Segnali positivi di un’inversione di tendenza che indicano volontà di collaborazione anche se non cancellano aspetti co- munque problematici, a cominciare dal crollo delle adozioni e del numero di coppie disponibili ad adottare. «In Italia – fa osservare Marco Griffini, presidente Aibi – ci sono 5 milioni e 430 coppie sposate senza figli. Le coppie sterili sarebbero circa 3 milioni. D’altra parte, secondo i dati Unicef del 2016, ci sono nel mondo 140 milioni di minori senza famiglia. Perché queste due realtà fanno così fatica ad incontrarsi?».

I dati 2017 confermano che le adozioni lo scorso anno sono state soltanto 1.168 – erano state 3.154 nel 2011 – ma anche che le coppie disponibili sono calate di circa 500 l’anno. Difficoltà economiche? Scelta culturale? Percorsi troppo complessi? Costi che lo Stato non rimborsa più? Probabilmente sono vere tutte queste ipotesi. Ma se in Italia circa 70mila coppie ogni anno tentato la strada della fecondazione assistita come ipotesi di soluzione dei problemi di sterilità, ignorando di fatto in prima istanza la strada delle adozioni, c’è da riflettere. Non sarà che un’eccessiva ‘processualizzazione’ delle pratiche adottive scoraggia e intimidisce un numero crescente di aspiranti genitori?

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