«Strage evitata grazie ai vaccini, senza avremmo i morti per strada»

Marco Massari, direttore di Malattie infettive dell’ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, racconta la vita in trincea «Non si sa quando arriverà il picco di contagi, il sistema è a rischio. Fa grande rabbia stare qui a curare tanti che non hanno voluto vaccinarsi»

REGGIO EMILIA. «Se non avessimo avuto il vaccino, ora avremmo i morti per le strade. Ma la pressione sugli ospedali resta altissima: se si dovesse ammalare il 10% di chi ancora a Reggio non si è vaccinato, circa 15-18mila persone, e una parte di questi dovesse avere bisogno di essere ricoverato, il sistema potrebbe non reggere». Marco Massari, direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale Santa Maria Nuova di Reggio, è preoccupato. E i dati dei contagi e dei ricoveri di questi ultimi giorni gli danno, tristemente, ragione.

Dottore, nonostante tutto quello che abbiamo fatto e a cui abbiamo rinunciato ancora non si vede la luce in fondo al tunnel. Usciremo mai dall’emergenza?

«Quella da Covid è una pandemia epocale, e come sappiamo basandoci sulle esperienze passate, ad esempio quella della Spagnola, queste pandemie durano qualche anno. La speranza è che il 2022 sia l’anno in cui cambierà il rapporto tra il virus e l’essere umano. Ciò detto il senso di delusione e scoramento che sono molto diffusi oggi tra le persone sono stati probabilmente causati da un equivoco: quando la campagna vaccinale è iniziata, è stata presentata come l’arma definitiva per sconfiggere il virus, ma l’efficacia di copertura al 100% dall’infezione e dalla malattia non c’è mai stata. Bisogna però ricordare, e sottolineare, che se non avessimo avuto i vaccini ci sogneremmo la situazione attuale: i vaccini garantiscono infatti una buona prevenzione per le forme gravi di malattia, le ospedalizzazioni e la morte. La priorità, adesso, è spingere tanto sulle prime dosi (ieri ne sono state somministrate 1.600) che sulle terze dosi perché si è visto che le due dosi perdono di efficacia dopo un certo periodo. Ma attenzione: la terza dose riporta la protezione dall’infezione al 75%, quindi il virus continuerà a circolare anche quando la gran parte delle persone avrà fatto la dose booster, e a questi vanno aggiunti i non vaccinati. Ci sono segnali dal Sudafrica e dall’Inghilterra che suggeriscono che questa fase pandemica, provocata da Omicron, sia una fiammata, e che dopo questa esplosione di nuovi casi ci sarà una riduzione, ma il problema è che nessuno sa quando arriverà il picco di contagi e inizierà la discesa».

In questo momento i no vax quasi gioiscono, pensando di avere la conferma che i vaccini non siano serviti a nulla.

«È proprio il contrario: già in epoca pre-Omicron i dati europei avevano mostrato che i vaccini hanno salvato mezzo milione di vite, 30mila in Italia. E non sappiamo ancora come si comporterà Omicron con i non vaccinati: le previsioni parlano di alte probabilità di sviluppare forme gravi di malattia. Bisogna vaccinarsi».

Qual è la situazione in ospedale?

«Ieri le persone ricoverate al Santa Maria Nuova erano 155, di cui 10 in terapia intensiva. I posti letto dedicati ai Covid sono 176 in totale. Il 28 dicembre del 2020 avevamo 195 ricoverati, di cui 15 in terapia intensiva, e 325 posti letto dedicati. Questi dati dimostrano che il carico sull’ospedale è ancora elevato. E c’è una criticità nuova: non abbiamo la possibilità di riconvertire posti letto, perché con la ripresa della vita normale anche l’attività ospedaliera è tornata a una quasi normalità e non possiamo togliere risorse alla cura delle altre patologie. Già adesso i pazienti non Covid devono sopportare ritardi, rinvii della presa in carico… tutti sacrifici che non sarebbero stati necessari se le persone si fossero vaccinate».

Quanti sono i non vaccinati tra i ricoverati?

«Non è vaccinato l’80% dei pazienti in rianimazione, il 77% di quelli ricoverati nei reparti semintensivi (pneumologia e medicina d’urgenza), il 67% nei reparti di infezione acuta come il nostro, cioè Malattie infettive. Questa percentuale, soprattutto nel reparto di pneumologia e nel nostro, negli ultimi dieci giorni ha registrato un costante incremento: prima i non vaccinati erano circa il 50%. La preoccupazione è che con Omicron ormai dilagante ed estremamente contagioso, potrebbe esserci un importante aumento delle ospedalizzazioni soprattutto tra i non vaccinati».

Qual è l’umore tra chi lavora in ospedale?

«C’è molta stanchezza, ma anche frustrazione e rabbia perché la gran parte di risorse ed energie viene spesa per i non vaccinati, e noi sappiamo che se queste persone si fossero sottoposte al vaccino una buona parte di loro non sarebbe in ospedale e noi avremmo più risorse ed energie per le altre patologie, che con il Covid non sono scomparse».

Come si comportano i no vax in ospedale?

«Ci sono persone distratte che si accorgono solo ora dell’emergenza in corso, altre che si giustificano pacatamente dicendo che avevano paura del vaccino, alcune che si pentono e altre che invece continuano a sostenere la scelta fatta. Ci sono poi pazienti che sfociano nella maleducazione, mettono in dubbio le terapie, si oppongono. Si tratta di una minoranza, ma è comunque molto spiacevole».

Anche perché siete chiamati a grandi sforzi per curare tutti, nessuno escluso.

«Siamo sotto pressione ma quest’anno abbiamo cercato di preservare le ferie natalizie, chiedendo però in alcuni casi di accorciare il periodo. Viene anche chiesta la possibilità di fare rientri aggiuntivi, cioè rinunciare al proprio giorno di riposo per coprire dei turni scoperti. Questa richiesta è su base volontaria, ma devo dire che molti accettano con grande senso di responsabilità. Nel nostro reparto abbiamo dovuto raddoppiare la presenza di medici durante le feste, ci hanno dato una grande mano gli specializzandi dell’Università di Modena che si affiancano al medico strutturato. Non posso fare altro che ringraziarli, hanno molta spinta e molta dedizione».

Quali sono le raccomandazioni per questo periodo?

«Non c’è nulla che dia la sicurezza al 100% di non essere infetti e non contagiare, quindi bisogna cercare di ridurre i contatti nel limite del possibile, e fare passare questa ondata. Serve senso di responsabilità, da parte di tutti, e senza che questo ci venga imposto da qualcuno: con l’arrivo di Omicron ci aspettiamo un grosso numero di contagi e un modesto numero di ricoveri, ma non sappiamo quanto sarà grande il grande e quanto piccolo il piccolo, il rischio è che il sistema sanitario non regga l’urto».

Fare un tampone antigenico prima del cenone può evitare altri contagi?

«I test rapidi riconoscono la carica virale ma solo se è presente in grandi quantità. Un antigenico negativo fatto al mattino, dopo qualche ora potrebbe dare esito positivo. Se proprio non si può rinunciare al cenone, si facciano almeno due tamponi: uno al mattino e uno mezz’ora prima della cena, ad esempio. Ma mi raccomando: evitiamo tavolate con i non vaccinati e con le persone fragili, ovvero gli anziani, chi è affetto da patologie severe, chi ha deficit immunologici… perché anche se hanno ricevuto la terza dose, per loro costituzione sono meno protette. In questa fase pandemica queste due categorie sono quelle più a rischio di ammalarsi e sviluppare forme gravi che richiedano anche il ricovero, e vanno tutelate».

Vale anche per i bambini piccoli, non vaccinabili?

«Stiamo assistendo a un incremento di casi tra i bambini, che quasi sempre hanno forme lievi, ma stanno aumentando anche i ricoveri. I dati inglesi ci parlano di un aumento del 50% di ospedalizzazione pediatrica per febbre, disidratazione, dolori… I bambini che hanno avuto la malattia, anche in forma lieve, sono poi esposti al Long Covid, che per mesi può dare stanchezza, difficoltà a concentrarsi, dolore diffuso. Anche i piccoli dunque andrebbero protetti, in questa fase soprattutto».

Gazzetta di Reggio