Famiglia in preghiera – Web
«La famiglia che prega unita resta unita». Questo era il motto di padre Patrick Peyton (1909-1992), religioso della Congregazione della Santa Croce, dichiarato venerabile nel 2017. Irlandese emigrato negli Stati Uniti, dopo essere guarito prodigiosamente dalla tubercolosi invocando la Madonna padre Peyton decise di dedicare la vita alla diffusione del Rosario e in particolare del Rosario pregato in famiglia. Lo fece a partire dai primi anni ’40 con la sua attività di predicatore itinerante su e giù per gli Usa, poi attraverso trasmissioni radiofoniche e televisive raggiungendo anche Paesi come il Brasile, le Filippine e Papua Nuova Guinea. Il suo apostolato è oggi continuato dalla Holy Cross Family Ministries, che è stata presieduta dal 2014 al 2022 da padre Willy Raymond, sempre della Congregazione della Santa Croce. Oggi 80enne, attivo nell’area di Boston, ha dato alle stampe per la Ave Maria Press un libro che colpisce per la semplicità e la forza: una sintesi della spiritualità di padre Peyton e una guida per avvicinare le famiglie al Rosario (The Family That Prays Together Stays Together: Discover the Promise and Power of the Rosary with Fr. Patrick Peyton).
Padre Raymond, che prove ha avuto nella sua vita sacerdotale del motto del suo confratello venerabile?
Tante famiglie mi hanno testimoniato l’impatto che ha avuto su di loro la preghiera del Rosario. A Filadelfia c’era un uomo molto devoto, di cognome faceva McDermott, amava a tal punto Pio XII che aveva chiamato uno dei suoi dodici figli Eugenio Pacelli. Sul letto di morte disse a un sacerdote della nostra congregazione: “Padre Payton diceva che la famiglia che prega insieme rimane insieme, ma per noi non è stato così, i miei figli sono finiti in tutto il mondo. Però se non ha funzionato geograficamente, la preghiera ci ha tenuti spiritualmente davvero uniti”.
Perché è proprio la preghiera che unisce e perché vale la pena concentrarsi sul Rosario?
Quando preghiamo, da soli e ancor più con gli altri, apriamo i nostri cuori alla presenza di Dio e alla sua grazia, invitiamo la potenza del cielo sulla terra, nella nostra vita. Quando preghiamo il Rosario abbiamo una dimensione aggiuntiva, quella dei grandi misteri della vita di Cristo visti attraverso gli occhi di Maria, sua madre, colei che lo ha amato di più e lo ha conosciuto meglio di tutti. Il Rosario non è uno strumento sostitutivo rispetto alla fatica di affrontare i problemi della vita quotidiana, ma permette di guardare quei problemi con occhi nuovi e di affrontarli nel modo giusto. Pregandolo in famiglia i legami naturali di affetto vengono rafforzati e approfonditi dalla grazia di Dio.
Molte famiglie provano un certo imbarazzo a pregare insieme, qual è il suo consiglio per superarlo?
Questo è il motivo principale per cui ho deciso di scrivere il mio piccolo libro. Tante persone, specialmente gli uomini, sono timide se devono pregare con un altro. Accade anche in famiglia. Però quando ci rendiamo conto che ogni famiglia è una piccola Chiesa, una chiesa domestica, allora capiamo che la madre e il padre devono esserne come i sacerdoti, senza timore di pregare insieme. E penso che il Rosario sia di grande aiuto in questo, perché si basa su preghiere familiari, il Padre Nostro e l’Ave Maria. Poi ha un’attinenza con il presente mentre ci ricorda che il nostro destino è la vita eterna: sono le parole finali dell’Ave Maria “prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte, amen”. Credo anche però che per una famiglia o una coppia che non l’ha mai fatto, pregare da subito il Rosario interamente possa essere troppo impegnativo. Quello che suggerisco è di iniziare pregando insieme una decina di Ave Maria, il ché permette di tenere viva più facilmente l’attenzione dei bambini. Poi c’è anche chi va oltre facilmente. Qualche anno fa a uno dei nostri incontri – era gennaio, si iniziava il percorso del nuovo anno – due sposi che non avevano mai pregato il Rosario insieme, tantomeno con i figli, decisero di farlo per nove giorni. I due hanno poi raccontato che al quarto giorno non vedevano l’ora che quell’impegno terminasse. Ma passati i nove giorni, sono stati i figli che hanno detto: “Ci piace, possiamo continuare?”. I genitori hanno risposto che non avevano tempo per farlo tutti i giorni. Poi è nato fra di loro un alterco e mentre erano presi a litigare, in un’altra stanza i bambini si sono messi a recitare il Rosario. Papà e mamma sono rimasti senza parole. Così sono tornati a pregare con i loro figli.
Quanto è importante la preghiera in casa, in particolare il Rosario, per la trasmissione della fede ai figli?
Come Holy Cross Family Ministries riceviamo petizioni di preghiera da tutto il mondo – per il Rosario e la Messa – e credo che più della metà siano di genitori e nonni che chiedono un aiuto soprannaturale per figli e nipoti che hanno lasciato la Chiesa. Per rispondere alla sua domanda io guardo alla mia esperienza personale: a casa nostra – sono nato e cresciuto nel Maine – pregavamo il Rosario, soprattutto a ottobre, a maggio e in Quaresima, ma anche durante le altre parti dell’anno. Da bambini pregavamo con i nostri genitori, ciò era parte della nostra vita. Così non solo mia madre, mio padre e i miei nonni, ma anche Gesù, Maria, Giuseppe e i santi erano presenti nella nostra casa. E se non pregavamo, ci mancavano. Posso dire senza alcuna esitazione che la ragione per cui oggi sono un credente, un cattolico, un sacerdote e un religioso risale proprio al fatto che i nostri genitori hanno insegnato a noi figli a pregare il Rosario. E che dopo cena eravamo a nostro agio a pregarlo tutti insieme. Dove questo accade la fede è presente e reale. La preghiera insieme in famiglia è qualcosa di unificante e potente, soprattutto per i bambini. In fondo quando racconti una storia a dei bambini, se a loro piace vogliono che tu la ripeta, ancora e ancora.
Quindi le famiglie devono essere più coraggiose su questo aspetto.
Sì. In America diciamo “just do it”. Prova e ti piacerà. Penso che i genitori debbano iniziare molto presto con i figli. C’è chi inizia con i figli ancora nel grembo materno, con il bambino o la bambina che si abitua alla ripetizione della preghiera. E quando nasce la percepisce già come una cosa naturale.
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