SERVIZIO CIVILE PER LA « SPRITZ GENERATION»?

SABINO ACQUAVIVA – avvenire.it
Qualcuno parla di «spritz generation», sostenendo che in Europa troppi giovani sono soprattutto capaci di continuare a vivere con i genitori, di ordinare al bar uno spritz (aperitivo molto diffuso in Alta Italia) e chiacchierare parlando del nulla. Mi sembra un’esagerazione, anche se è vero che un complesso di fattori travolge le giovani generazioni d’Europa. Mentre valori laici o religiosi motivano l’espansione demografica ed economica (come è stato ampiamente dimostrato, strettamente connesse) in Paesi come l’India, la Cina e il Brasile, l’Europa tende a restare quasi immobile, a diventare a poco a poco la cenerentola del pianeta. Forse è più grave la situazione dell’Italia, dove sono più di due milioni i giovani sotto i 29 anni inattivi o disoccupati. Si tratta di una realtà che sembra meno pericolosa di quanto accadeva ai tempi del fascismo e del marxismo. Allora i giovani venivano catturati ideologicamente e spesso tutto questo si traduceva in una lotta, anche violenta, contro le religioni organizzate che facevano ombra alle filosofie politiche dominanti. Tutto questo sembra finito. Ma quanti milioni di giovani, che un tempo si formavano negli oratori o abbracciavano altre filosofie della vita, praticano la filosofia dello spritz? A milioni seguono una filosofia del vivere giorno per giorno. Forse anche per questa ragione la depressione sta diventando una presenza dominante fra i giovani e, come sappiamo, i soggetti più a rischio sono maschi spesso senza lavoro. La situazione è cosi grave da essere considerata la maggiore malattia, almeno nei Paesi sviluppati. In Italia, a quanto sembra, c’è un milione e mezzo di persone adulte che soffrono di patologie collegate alla depressione. Come ha osservato Enzo Bianchi, «la depressione è l’indesiderato ospite che ricorda in modo drammatico alla persona la sua fragilità e povertà». Tutto questo accade anche perché molti giovani, nell’età in cui si progetta il futuro, galleggiano nel vuoto e quindi finiscono per non avere più voglia di niente, a non avere alcun interesse per gli altri, a perdere la capacità di dare un significato all’esistenza, talora a progettare il suicidio. Di fronte a questi problemi dobbiamo imparare a guardarci intorno in maniera diversa.
  Esiste una realtà politica, che forse non è tale in senso tradizionale, perché è espressione di una filosofia della vita che insegna a non averne nessuna; una filosofia della violenza che non è organizzata come un tempo, quando movimenti politici facevano stragi partendo da progetti che era difficile combattere. Oggi la violenza non ha queste connotazioni ed è necessario porsi diversamente di fronte al problema dei milioni di giovani che sono il prodotto della società dei consumi. Dobbiamo combattere contro una realtà sociale di giovani che già a 11­12 anni affogano nel sesso e nella birra, che si aggirano a migliaia nelle nostre città, soprattutto nelle periferie, armati di coltelli per rubare o seviziare. Chiaramente, di fronte a una filosofia della vita contro la quale siamo quasi impotenti, può essere utile l’idea di Cameron (il premier inglese) di creare una sorta di servizio civile capace di insegnare ai giovanissimi a capire e vivere in maniera socialmente dignitosa in queste società così diversamente organizzate rispetto a quelle tradizionali.