Seduti sugli scalini della chiesa

di: Vittorio Pistore

giovani

C’è un grido verso Dio in centro città che risuona spesso nella notte, nelle strade, nei vicoli. Un Dio nominato, bestemmiato, offeso, urlato, invocato. Forse perché non conosciuto, non capito, non incontrato. Chissà perché, anche tra la rabbia, l’intercalare, le risate o gli schiamazzi Dio ritorna sempre!

Questo tempo ha fatto emergere un’agitazione, un’angoscia, una rabbia, una noia che le piattaforme virtuali, seppur ricche di serie tv, film e musica per tutti i gusti, non riescono più a contenere, a calmare e a dare una risposta ai tanti punti interrogativi che uno si porta dentro.

Un malessere che, nel profondo, nasconde la voglia di ripartire, di ricominciare, di voler vivere un tempo diverso, nuovo, creativo, libero di esprimere affetti, gesti, sogni o semplicemente un sorriso senza mascherina!

Un disagio che si esprime in svariati modi: chi ascolta la musica a tutto volume rimbalzante tra le vie, chi organizza una rissa in piena notte e la conclude con una pacifica stretta di mano, chi prende a calci bici o segnali stradali, oppure chi litiga insistentemente per la poca fiducia offerta e ricevuta. Il tutto per sentirsi vivi, desiderosi di relazioni di amicizia, di affetto. Perché, alla fine. l’alcol o qualche altro sballo non basta a riempiere questo disagio.

In passato, nelle situazioni critiche, forse si invocavano i santi, si facevano pellegrinaggi, si stringeva qualche voto. Invece adesso qualcuno nel bel mezzo della notte invoca qualche nome di pornostar famosa per trovare sollievo e un po’ di leggerezza.

Con un po’ di simpatia penso al tale che, guardando alle nostre parrocchie le considerava come “fontana del villaggio”. In realtà, quelle del centro città, nelle serate di festa giovanile, spesso assomigliano più a degli “orinatoi” del villaggio, dove a turno si espletano i propri bisogni lungo i suoi muri o insenature. E, pur distanziandomi da questo gesto di scempio e atto di inciviltà, mi sovviene pensare alle care mamme che, fin da piccoli o nelle situazioni più critiche, badano senza vergogna alla cura delle necessità più intime e nascoste dei loro figli.

Nasce allora una domanda: Quale provocazione sta lanciando questo tempo alla nostra Chiesa? Perché, tra i tanti muri o scalini che ci sono in città, quelli delle chiese sono sempre i più frequentati e abitati? Cosa frena dall’entrare in chiesa? Quale timore da vincere? Come accendere la curiosità per uno spazio di Vita che cerca, fin dal suo Fondatore, di essere prossimo all’umanità e alle sue domande? Quale bellezza potrebbe affascinare per superare la soglia?

Forse, questa è una chance per i credenti di trovare il coraggio per sperimentare uno stile creativo andando sulla porta, accettando di abitare gli scalini e la strada, lasciando la sicurezza di uno stile di fede abitudinario dentro le “mura” per aiutare a riscoprire il fascino “di” e “per” Gesù da cui loro stessi sono stati attratti.

Possono venire in aiuto le parole provocatorie di Madeleine Delbrêl quando scrive di «rivivere il Cristo in mezzo ad un mondo scristianizzato» e così comprendere come Gesù ci abbia «scelti per stare in uno strano equilibrio, un equilibrio che può stabilirsi e mantenersi solo in movimento, solo in uno slancio. Un po’ come una bicicletta che non si regge senza girare, una bicicletta che resta appoggiata contro un muro finché qualcuno non l’inforca per farla correre veloce sulla strada».

Appoggiati a quel muro o seduti su quegli scalini, potrebbero esserci donne e uomini che, da soli, non sono in grado di reggersi e che attendono qualcuno che li faccia alzare e li incoraggi a varcare la soglia per sperimentare la bellezza della Parola di Vita?

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