Se l’indicibile leopardiano è nell’amore

Il motivo della morte attraversa i Canti di Giacomo Leopardi: dal suicidio di Saffo, personaggio nel quale il poeta ha inteso simboleggiare il proprio senso di diversità, alla prematura scomparsa di Silvia, che allude alla caduta delle illusioni giovanili. Al tema della morte si lega spesso quello dell’amore:

Amore e morte si intitola uno dei cinque componimenti del ‘ciclo di Aspasia’, mettendo subito in chiaro un binomio tipicamente romantico. Su un’indagine relativa a ‘eros’ e ‘morte sacrificale’ nei Canti di Leopardi è incentrato l’ultimo saggio di Franco D’Intino, professore di Letteratura italiana contemporanea all’Università ‘La Sapienza’ di Roma, dove ha fondato e dirige il Laboratorio Leopardi: L’amore indicibile (Marsilio, pagine 230, euro 21). L’autore si addentra nei Canti leopardiani a partire da alcuni ingressi strategici: l’esordio, il centro, la fine. D’Intino mette in luce come nel pensiero e nella poesia di Leopardi l’eros sia una forza centrale, che travolge l’essere umano, che però in molti casi può essere anche in grado di salvarlo. Ma in che modo si lega il motivo dell’amore a quello della morte? Al cuore dell’immaginario leopardiano è il ‘sacrificio d’amore’, come vediamo nella canzone inaugurale, All’Italia, che celebra la morte e la gloria futura dei martiri della patria, offrendo una via d’uscita dalla miseria del presente. Quello che interessa Leopardi è l’’eros paidikòs’ degli antichi Greci, «in continua tensione», come scrive lo studioso, «tra desiderio e istanze morali, pedagogiche e politiche», un amore, insomma, «non vergognoso e lubrico ma invece celeste, divino e benefico». Con A Silvia, il «grande idillio» scritto dieci anni dopo, la tessitura tematica presenta un sottotesto correlato ai culti persefonei per esprimere il mistero della morte-rinascita della natura (con il passaggio simbolico, a cui si accennava sopra, dal piano naturale a quello esistenziale). D’Intino definisce questo testo «il canto in cui Leopardi mette tutto se stesso, la sua vita e il suo pensiero, condensati in una mirabile sintesi poetica che è, come l’autentico frutto del genio, indicibile e inesauribile». Infine, nei Frammenti che chiudono la raccolta, troviamo il motivo del rimpianto del tempo perduto e quello di un desiderio di pienezza da realizzare nel presente, nel poco tempo che il poeta intuisce rimanergli. L’idea iniziale di questo originale percorso ermeneutico – che sfrutta anche gli strumenti della narratologia per leggere un’opera di poesia (nel senso di un’attenzione agli intrecci, ai personaggi, oltre che ai temi e ai motivi) – è venuta a D’Intino dai suoi studi filologici sui testi leopardiani, a conferma di come, per dirla con Jean Starobinski, la filologia e la critica possano, anzi debbano dialogare, se si vuole giungere a significativi risultati interpretativi. Così per definire il disegno complessivo tracciato nel volume «potremmo dire che l’iniziale allegro primaverile si approfondisce nei colori più carichi di un’estiva e autunnale maturità, per disseccarsi poi in una disincantata e ironica asciuttezza invernale». Che è, per Leopardi, il percorso dell’esistenza umana.

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