SCIENZA. E Bohr inventò l’atomo (grazie a Kierkegaard)

ll famoso modello “planetario” dell’atomo compie cent’anni. Fu il fisico danese Niels Bohr, infatti, a proporlo nel 1913 riprendendo una intuizione di Ernst Rutherford che per primo aveva avuto l’idea di considerare l’atomo come un sistema solare in miniatura, con un nucleo centrale composto da protoni e neutroni attorno al quale giravano elettroni il cui numero uguagliava quello dei protoni. Proposto in questa maniera, però, il modello non reggeva all’evidenza dei fatti. Gli elettroni orbitanti, infatti, possiedono una carica elettrica (negativa) e l’elettrodinamica classica insegna che una carica elettrica in movimento emette energia. Di conseguenza un elettrone in moto dovrebbe ridurre a poco a poco il raggio della sua orbita e terminare la sua corsa sul nucleo.

L’atomo, in altre parole, si distruggerebbe e il tutto dovrebbe avvenire in un tempo piccolissimo. Gli atomi, invece, come dimostra il mondo che ci circonda, sono stabili e dunque occorreva spiegare questa loro stabilità e apportare una opportuna correzione al modello di Rutherford. Ed è a questo punto che interviene Niels Bohr il quale rendendosi conto che il modello non reggeva all’esame delle leggi della fisica classica, applicò i criteri della nuova fisica quantistica e salvò capra e cavoli introducendo nuove ipotesi. Per prima cosa Bohr stabilì che gli elettroni non potevano muoversi liberamente attorno al nucleo ma dovevano girargli intorno solamente su orbite prestabilite (dette “stati stazionari” o “orbite quantiche”) a ciascuna delle quali era assegnata una certa energia. E inoltre postulò che quando un elettrone si trovava su una di queste orbite non emetteva energia.

Lo stato stabile di un elettrone, inoltre, era quello corrispondente alla energia minima e questo corrispondeva all’orbita più vicina al nucleo. Un elettrone, infine, poteva “saltare” da un’orbita all’altra e in tal caso se il salto avveniva verso il nucleo si aveva emissione di energia mentre se il salto lo allontanava dal nucleo si assorbiva energia. Questo intervento di Bohr sembrava dunque mettere le cose a posto, ma in effetti apriva altre problematiche. Nel suo modello, infatti, Bohr considera l’elettrone come una particella mentre la nuova meccanica ondulatoria di De Broglie introduceva il dualismo “onda-corpuscolo” secondo il quale ogni particella può essere considerata a volte come un ente materiale e a volte come un’onda.

In altre parole il modello dell’atomo di Bohr pecca ancora, almeno nelle premesse, di “classicità” ma a questo punto vorrei abbandonare questo tipo di disquisizione, che ci porterebbe troppo lontano, per proporre al lettore una considerazione di tipo filosofico che per me ha dello straordinario.  Scrive Lewis S.Feuer, infatti, che «la teoria dell’atomo di idrogeno di Bohr può essere vista da un punto di vista psicologico come la proiezione della dialettica qualitativa di Kierkegaard».

Søren Kierkegaard, il padre dell’esistenzialismo, era conterraneo di Bohr (entrambi erano nativi di Copenaghen) e quest’ultimo, guarda caso, fu un suo appassionato lettore. Mentre stava preparando la tesi di laurea, Bohr scrisse a suo fratello che la lettura di Un frammento di vita di Kierkegaard «mi ha procurato molto piacere» e «credo perfino che sia una delle cose migliori che abbia mai letto». Secondo la filosofia di Kierkegaard l’evoluzione spirituale di un uomo si realizza attraverso tre “stadi” (estetico, etico e religioso) e il passaggio da uno stadio all’altro avviene attraverso un “salto”, vale a dire una transizione discontinua non spiegabile razionalmente.

Ma questa categoria del salto ci rimanda ai salti degli elettroni da un’orbita all’altra sicché è lecito pensare che Bohr, nella sua formulazione, possa essere stato influenzato dalle «transizioni brusche e inspiegabili» dell’io di Kierkegaard. Ma il pensiero di Kierkegaard avrebbe influenzato Bohr anche nella formulazione del suo famoso “principio di complementarietà” secondo il quale il duplice aspetto onda-corpuscolo non poteva essere osservato contemporaneamente durante lo stesso esperimento perché un aspetto escludeva l’altro.

Per dirla in termini kierkegaardiani ci troviamo di fronte a un vero “aut aut” e Bohr, operando una scelta fra le rappresentazioni complementari, «recitava un dramma kierkegaardiano nella teoria dei quanti». Tutte queste considerazioni potrebbero far storcere il naso a qualcuno ma resta pur sempre il fatto che si tratta di accostamenti intriganti che gettano comunque un ponte fra la fisica e la filosofia. E nel nostro caso specifico tutto questo è oltremodo interessante se pensiamo che il modello dell’atomo di Bohr fu proposto nel 1913, vale a dire nello stesso anno in cui ricorreva il primo centenario della nascita di Kierkegaard.

Oggi, dunque, il calendario ci offre l’opportunità di ricordare il centenario del modello di Bohr (1913) e il bicentenario di Kierkegaard (1813) mettendo assieme fisica e filosofia, un’opportunità straordinaria e un bellissimo esempio di interdisciplinarietà.

 

Franco Gabici – avvenire.it