Scienza / Che cosa ci porterà l’onda lunga del cosmo?

L’11 febbraio 2016 è già diventata una di quelle date fondamentali per la storia dell’umanità, una pietra miliare nella strada che la scienza ha compiuto finora. L’annuncio della scoperta delle onde gravitazionali arriva in contemporanea dagli Usa e da Pisa. È lì che hanno sede i due progetti scientifici internazionali Ligo e Virgo che dal 2007 danno la caccia in forma congiunta a queste increspature dello spazio-tempo previste esattamente un secolo fa da Albert Einstein nella sua teoria della Relatività generale.

Di fronte all’uomo si aprono inedite possibilità finora appena immaginate: oggi studiare l’universo fino al Big Bang e osservare corpi celesti prima del tutto ‘invisibili’ come i Buchi neri è tutt’altro che fantascienza. Ma tutto comincia lo scorso 14 settembre. Sono le 10, 50 minuti e 45 secondi quando Marco Drago, trentatreenne fisico padovano al lavoro nella sua postazione all’Istituto Max Planck di Hannover, riceve una mail di allerta. Gli interferometri di Ligo – impianti formati da due bracci perpendicolari lunghi quattro chilometri ciascuno attraversati da laser ad altissima precisione in condizioni di vuoto assoluto – rilevano segnali insoliti ed eloquenti al tempo stesso.

Drago non crede ai suoi occhi: «Le possibilità erano due – racconta ancora provato dall’ondata mediatica che lo ha travolto dopo l’annuncio della scoperta –: o ce l’avevamo fatta, oppure si trattava di uno dei soliti test per provare l’efficacia di strumenti e algoritmi». E infatti, la mail che manda immediatamente in Italia testimonia la prudenza di fronte ai dati: «C’è grosso evento – scrive –. È successo qualcosa all’interferometro? ».

Passa una settimana e arrivano le prime conferme: niente test, niente guasti ai rivelatori. E così il ricercatore originario di Bagnoli di Sopra, piccolo comune della Bassa Padovana, diventa «il primo uomo ad aver visto un’onda gravitazionale», come ha titolato “Science” nella sua home page. Ma il fatto che quel- l’ormai famosa mail sia arrivata proprio a Marco Drago non è un caso.

«Il contributo maggiore che noi italiani abbiamo dato a questa scoperta è l’enorme lavoro che continua da 15 anni sull’algoritmo, sviluppato tra Padova e Trento, che per primo ci ha rivelato l’onda gravitazionale. L’iniziatore è Sergej Klimenko dell’università della Florida, tra i maggiori sviluppatori Gabriele Vedovato attivo nei laboratori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare di Legnaro (Pd). Certo, se i fondi fossero arrivati prima, anche l’interferometro di Cascina sarebbe stato acceso e anche noi avremmo rilevato l’onda».

È dunque grazie all’algoritmo che una settimana dopo il segnale, smaltito il brindisi a base di whisky, sono iniziati calcoli, controlli serrati e verifiche incrociate. L’esito è straordinario: per la prima volta nella storia, l’uomo ha osservato due buchi neri rispettivamente di massa pari a 29 e 36 volte quella del sole. Due pesi massimi dell’astronomia che dopo aver roteato l’uno attorno all’altro (secondo un moto quadrupolare) per milioni di anni sono collassati l’uno sull’altro generando un unico nuovo mostro spaziale di massa leggermente inferiore alla somma dei due.

La differenza si è trasformata nell’onda gravitazionale giunta fino a noi. «Ora siamo certi – riprende Drago –, siamo in grado di rilevare questi fenomeni transitori che allungano e restringono la materia secondo direzioni perpendicolari, e questo significa poter studiare l’universo superando i limiti della nostra unica fonte fino a oggi: le onde elettromagnetiche (di cui fanno parte la luce visibile, i raggi X, Gamma e molto altro ancora). Il difetto principale di queste onde è la loro grande interazione con la materia, perciò le informazioni che trasportano sono spurie, spesso è difficile distinguere se legate alla loro origine o ai corpi attraversati prima che le intercettassimo. Le onde gravitazionali invece non interagiscono, per questo possiamo sperare di captare il sottofondo emesso dallo stesso Big Bang».

Più che un punto d’arrivo, dunque, questa scoperta rappresenta un trampolino di lancio verso una nuova fisica, che potrebbe avere applicazioni enormi. «Nessuno oggi è in grado di prevederle – smorza gli entusiasmi Drago –. Ma come 200 anni fa sperimentavamo con l’elettricità e oggi abbiamo gli smartphone, possiamo aspettarci qualcosa di simile. L’onda che abbiamo rilevato, e che ha generato uno spostamento mille volte più piccolo di un protone, ha portato sulla Terra un’energia almeno 50 volte più grande di tutta la luce che riceviamo dall’universo: immaginate se fossimo in grado di catturarla ». Occhi puntati ora su agosto 2016.

Gli interferometri di Ligo e Virgo torneranno in funzione ulteriormente potenziati: il parco giochi spaziale aprirà dunque i battenti ai fisici e Marco Drago continuerà a coniugare la ricerca con la fede, vissuta da sempre nell’Azione cattolica: «So che lo stereotipo dello scienziato è quello dell’ateo totalmente dedito ai suoi studi. In realtà sono convinto che scienza e fede rispondano a domande diverse, necessarie e complementari per la vita dell’uomo. La scienza cerca di spiegare come avvengono i fenomeni, ma non le loro motivazioni profonde: ci dice come si è formata la vita e lo sviluppo dell’uomo a partire da alcuni milioni di anni fa, ma non perché proprio l’uomo e perché prima o poi la sua vita ha fine. Credo che molto dipenda anche dalla fortuna di entrare in contatto con la fede».

Avvenire