Nicole era una di quelle bambine grassottelle che in famiglia vengono definite “con le ossa grosse”. In principio non dava peso al suo aspetto, ma l’adolescenza e gli sguardi altrui la convinsero che doveva cambiare. Aveva bisogno di sentirsi accettata, il suo peso era diventato un chiodo fisso.
Inizia una dieta severa che diventa l’anticamera della bulimia. In poco tempo perde 25 chili. Poi conosce l’autolesionismo: con un pezzo di vetro incide le carni, deve fare uscire dal corpo un po’ di quel dolore, per non esplodere.
Precipita in una spirale di autodistruzione. Dopo varie crisi finisce in ospedale: diagnosi di disturbo della personalità borderline, un abisso divenuto familiare a non pochi giovani.
Vuole lottare, guarire, ma da sola non ce la fa. La ricostruzione dell’io comincia in una comunità di accoglienza dove impara a guardare le sue ferite, a perdonarsi e a lasciarsi abbracciare. Prima di stare male aveva lavorato come educatrice, decide di tornare su quella strada.
Per sé e per quelle che hanno vissuto lo stesso travaglio, perché imparino a voler bene alla loro fragilità. Finalmente ha smesso di essere una “ex-qualcosa” per ritrovarsi ad essere semplicemente Nicole. Oggi ha un lavoro, un compagno e una figlia bellissima. È rinata una vita che la morte stava inghiottendo.
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