Quelle umili donne nel cuore di Bergoglio

Un tweet postato da Papa Francesco questa mattina, martedì 29 luglio, invita a rivolgere un pensiero pieno di gratitudine alle badanti, una categoria di persone che si dedica al servizio degli altri, degli anziani, soprattutto quando sono soli: «Apprezziamo di più il lavoro dei collaboratori domestici e dei badanti: è un servizio prezioso».

Un’attenzione, quella del Papa per le badanti, che si rinnova dopo il pensiero che aveva dedicato loro durante la riflessione proposta all’Angelus del 15 giugno scorso, quando, dopo aver pregato, disse: «Un pensiero speciale va oggi alle collaboratrici domestiche e badanti, che provengono da tante parti del mondo e svolgono un servizio prezioso nelle famiglie, specialmente a sostegno degli anziani e delle persone non autosufficienti. Tante volte noi non valorizziamo con giustizia il grande e bel lavoro che loro fanno nelle famiglie. Grazie tante a voi!».

Quello di oggi è un tweet che si lega in modo particolare alla vicenda umana di Jorge Mario Bergoglio, «l’uomo divenuto Papa», i cui ricordi della gioventù trascorsa continuano ad incastonarsi, giorno dopo giorno, come piccole gemme in un mosaico che si va disegnando.

Sin dai primi momenti del suo ministero come vescovo di Roma il Pontefice ha aiutato a conoscerlo proprio grazie alle sue citazioni di episodi chiave nella sua vita. Sono così divenute familiari a moltissime persone le figure dell’amatissima nonna Rosa, senza dubbio la più citata; quella dolce e comprensiva di mamma Regina, sempre attenta alla educazione dei suoi cinque figli; quella di papà Mario infaticabile lavoratore. E poi quelle di una lunga schiera di amici, tra i quali figurano certamente tanti sacerdoti, ma anche tanti cartoneros — alcuni di loro furono ospiti d’onore alla messa di inizio pontificato — e poi poveri, malati, anziani e anche detenuti con i quali, lo ha rivelato lui stesso, continua a tenere frequenti contatti.

A sorprendere in questi giorni, e ancor prima di quello delle badanti, è il ricordo della lavandaia, una vedova di origine siciliana, che aiutava mamma Regina nelle fatiche domestiche. Lo ha consegnato al giornalista Pablo Calvo del quotidiano argentino «El Clarín» che lo ha intervistato per il settimanale «Viva» a cinquecento giorni dall’inizio del pontificato. Un ricordo che è una testimonianza di affetto per una persona umile, conosciuta da bambino, incontrata di nuovo da adulto e sacerdote, e poi accompagnata sino alla morte «serena, col sorriso sulle labbra».

Di quell’incontro resta una traccia profonda nel cuore di Papa Bergoglio ancora oggi. Tanto che, ha raccontato nell’intervista, non c’è mattino che si svegli senza baciare la medaglietta donatagli dalla lavandaia nei suoi ultimi giorni terreni, e non c’è sera che non la baci prima di addormentarsi.

Ora la “notizia” di quella medaglietta va ad aggiungersi al crocifisso, sottratto, per sua stessa confessione, dal rosario che padre José Aristi, un sacerdote sacramentino che per tutta la vita aveva fatto il confessore a Buenos Aires e morto in solitudine, stringeva tra le mani incrociate sul corpo disteso nella bara. «Quella croce — confidò ai parroci romani durante l’incontro del 6 marzo scorso — l’ho messa qui, in tasca. Le camicie del Papa non hanno tasche, ma io sempre porto qui una busta di stoffa piccola, e da quel giorno fino ad oggi, quella croce è con me. E quando mi viene un cattivo pensiero contro qualche persona, la mano mi viene qui, sempre. E sento la grazia! Sento che mi fa bene. Quanto bene fa l’esempio di un prete misericordioso, di un prete che si avvicina alle ferite…».

Mario Ponzi – osservatore romano