Quel Gran Paradiso a Occidente

Ci sono posti dove non ci vai per caso, località che scegli a ragion veduta e poi ci torni perché là è rimasto il tuo cuore. Sono posti fuori mano, solo da pochi anni – in alcuni casi – hanno visto la fine dell’isolamento grazie all’arrivo di una strada, e vi abita gente solida, pratica, magari un po’ chiusa ma incapace di chiudere la porta in faccia al visitatore, quello che una volta – all’epoca dell’alpinismo eroico – veniva definito il forestiero. Gente temprata dalla montagna, abituata a fare da sé e cavarsi di impaccio con le proprie forze: «Questo popolo – scriveva nel lontano 1887 il canonico Béthaz –- grazie al suo spirito di previdenza e di economia non conta mendicanti… Questa terra è un alveare di api incessantemente in attività». Béthaz si riferiva ai paesani della sua Valgrisenche, ma formulava osservazioni che si attagliano anche oggi (previdenza, economia, lavoro) alle popolazioni delle valli a destra del corso della Dora Baltea, quella parte della Val d’Aosta tra il Rutor e il Rosa dei Banchi, comprensorio dominato dalla mole del Gran Paradiso, unico quattromila interamente italiano. Valgrisenche, valle di Rhêmes, Valsavarenche, valle di Cogne, valle di Champorcher, un universo di patois, di natura incontaminata (il Parco nazionale del Gran Paradiso ha fatto la sua parte), di testimonianze del passato, di difesa dei valori della tradizione senza rifiuto della modernità.

Cogne è ben conosciuta, celebrata, rappresentata sui media. Sia consentito allora concentrare l’attenzione sulle altre realtà di un contesto alpino che a un centinaio di chilometri – poco più o poco meno – da Torino, da Ginevra e da Milano costituisce una riserva di tesori da scoprire. Perfino i Papi di Roma hanno approfittato della serenità di quassù: Giovanni Paolo II e poi anche Benedetto XVI sono stati ospiti di Introd, l’antica Interaquas tra la Dora di Rhemes e il torrente Savara. Introd è porta d’accesso alle due valli. Chi ha fretta di proseguire oltre magari non degna di un’occchiata il duecentesco castello dei baroni Sarriod, o l’ardito ponte che supera un baratro di 80 metri. Magari trascura anche il parco faunistico di Villes-Dessus, perché poi salendo in quota la frequentazione degli animali alpini diventerà un fatto abituale.

Via allora verso Rhêmes Notre Dame, 1700 di altezza, conca di bellezza struggente, un campanile che si dice abbia i bronzi più sonori dell’intera Valle d’Aosta. Il villaggio presenta struttura architettonica di stampo rurale, e del resto prima del boom del turismo gli abitanti vivevano della campagna, dell’allevamento, del bosco. La Rhêmes d’antan era anche il paese dei ramoneurs, spazzacamini che riuniti in corporazione giravano per le province vicine, votati alla migrazione stagionale per mantenere la famiglia e assicurarle un futuro in anni in cui davvero bisognava badare alla lira. Oggi sono i villeggianti a portare benessere, e intanto alla frazione Chanavey il centro visitatori del Parco si trasforma in uno strumento didattico per promuovere la conoscenza del patrimonio naturalistico.
Il primo nucleo abitato che il turista avrà trovato in valle sarà però stato quello di Rhêmes Saint Georges, il comune più agricolo della intera Vallée, luogo d’elezione per un relax senza paragoni.
Chi invece imbocca la Valsavarenche, stretta e boscosa, approderà dopo una ventina di chilometri a Dégioz, sede comunale ma poco più che un villaggio. Da qui partono le ascensioni al Gran Paradiso e alla Grivola, qui il secondo sabato di agosto si ripete il classico appuntamento della Festa del civet, stufato di selvaggina che bisogna provarlo per raccontarne a chi è rimasto a casa.
Non siamo in stagione di sci, ma vale la pena sottolineare che la Valgrisenche, la più occidentale dell’area, è un eden per gli amanti del fondo e ha un occhio di riguardo per i principianti. È chiusa a monte dalla diga di Beaurégard, costruita nel 1954, visitabile su prenotazione. Il 15 agosto di ogni anno si ripete la processione della Madonna delle Nevi nella conca del lago di San Grato.
Meta di pellegrinaggi estivi dal 1600 è anche il santuario di Notre Dame des Neiges al lago Miserin, uno dei più suggestivi delle Alpi Graie, dominato dal Rosa dei Banchi. Siamo sopra Champorcher, paese sorto attorno ad un castello di epoca feudale del quale rimane una torre merlata. La valle, impervia, è sempre stata di intenso transito: nel passato il cognein, il valligiano di Cogne che volesse scendere verso la pianura padana, scarpinava fino alla Finestra di Champorcher, superava il villaggio e scendeva a Pont Saint Martin e poi ad Ivrea. Ci volevano buoni garretti. Anche per i grandi camminatori di oggi Champorcher è località che conta: da qui parte l’Alta Via numero 2 della Valle d’Aosta, tracciato escursionistico che di cresta in cresta, di valico in valico, raggiunge Courmayeur ai piedi del Monte Bianco, tra scenari montani che sono i più belli d’Europa.

Antonio Giorgi – avvenire.it