Quaresima: come scalare una cima

di ERNESTO OLIVERO – Vita Pastorale n. 3 marzo 2010   

Per arrivare alla cima di una montagna, bisogna saper soffrire. Prepararsi e poi faticare. Ma questa è solo la prima parte dell’impresa. La seconda è arrivare a dire: «Ho abolito dalla mia vita la parola sacrificio». È questo il mio desiderio per la Quaresima che sta per iniziare. Ciò che ho appena scritto – soffrire e poi abolire la parola sacrificio – può sembrare un paradosso. Ma mi spiego. Sono convinto che la realtà in cui viviamo attenda da noi cristiani un esame di coscienza. Chiediamoci con schiettezza: «Fra dieci, vent’anni il cristianesimo in Italia come sarà?». Se abbiamo il coraggio di guardarci in faccia e analizzare quanta gente frequenta ancora le nostre chiese, non potremo non capire che il domani si prospetta terribile. Possiamo anche continuare a ignorare questa evidenza, ma chi non la ammette è come un bambino che nel buio fischia per tenersi compagnia. Può fischiare quanto vuole, il buio resta buio!

Alcuni anni fa, Famiglia Cristiana ha pubblicato gli esiti di un’inchiesta. Leggendoli, il dato che più mi fece pensare fu che quasi il 30% degli intervistati non sapeva che i Vangeli sono quattro! Avrei potuto capire che gli intervistati facessero fatica a definire lo Spirito Santo. Anche se, grossomodo, tutti coloro che si dicono credenti dovrebbero poterlo definire almeno come un soffio, una forza. Le parole possono variare, ma mi stupirei se dei credenti pensassero che lo Spirito Santo è "roba da maghi". Potete immaginare quanto maggiormente mi turbi la non conoscenza del numero dei Vangeli!

Quindi, se ci interroghiamo sul domani e la nostra risposta ha il coraggio della verità, dovremmo capire che qualcosa in mezzo a noi cristiani non ha funzionato. Ma cosa? Non possiamo certo dire che è Gesù a non funzionare. Gesù ha parole di vita eterna. Tutto può passare, ma Gesù non passerà. Questa è l’unica certezza che non può venir meno. Dobbiamo allora scavare nel nostro modo di essere cristiani. E questo tempo di Quaresima può aiutarci a farlo. Penso la Quaresima come la preparazione per salire la cima di una montagna. È l’attesa della vetta: la risurrezione. Come per salire su una montagna, bisogna allenarsi, fare sacrifici. Ma chi li affronta, lo fa talmente volentieri che non gli verrebbe mai in mente di dire: «Sto facendo un sacrificio». Dentro di lui un altro è il pensiero guida: «Sto vivendo un’avventura per arrivare a una vetta apparentemente irraggiungibile».

La Quaresima, vissuta con questo spirito, è il momento propizio per vedere il mondo con occhi finalmente "umani". E non accettarlo così com’è. Perché il mondo "così com’è" non è piovuto dal cielo ma è uscito dalla mente egoista e perversa di tanti uomini e donne. Ed è un mondo, se posso dire, bastardo. Lo guardo e cosa vedo? 30.000 persone che ogni giorno muoiono di fame, la solitudine sempre più dilagante, l’indifferenza pane quotidiano per tante persone, bambini e bambine usati per il vizio. Vedo un fotografo che scatta immagini e poi ricatta le persone ritratte, dovrebbe stare in prigione e invece diventa una star. Vedo un uomo che si droga e si giustifica sostenendo di essere stato spinto dalla solitudine, viene espulso da Sanremo e diventa un mito, ricercato dai giornali, con trasmissioni televisive a lui dedicate. Una follia! Come è una follia il carcere di oggi: pensato per rieducare le persone, in realtà coloro che ci finiscono ne escono – quasi tutti – peggio di come sono entrati. Mandiamo in carcere un ladruncolo e ne esce specializzato in rapine a mano armata. Se quando è entrato il suo voto era 4, alla fine è 2! Mi chiedo: che razza di società è quella in cui le scuole, anziché educare, danneggiano maggiormente la comunità?

Di fronte a una realtà così, io credo che noi cristiani dobbiamo avere il desiderio di cambiare il mondo. Questa Quaresima può essere decisiva. Cristo può entrare veramente in noi e ricordarci che il cristianesimo non è un’ideologia, non è una "religione" ma l’incontro con Lui, il Figlio di Dio che vuole tessere un rapporto personale con ciascuno di noi. Lui non si è stancato di noi e continua a puntare su di noi. Ecco la più bella notizia che possiamo ricevere: Gesù, in questa Quaresima, vuol tessere un rapporto con ognuno di noi. Se accettiamo, la nostra Quaresima non sarà un momento di sacrificio. Sarà il momento per conoscere meglio questo Gesù. Lui, tra poco, risorgerà. Io posso risorgere con Lui. E la gente in me vedrà Lui. Senza retorica.

Ernesto Olivero
fondatore del Sermig, Torino