Quando la famiglia attraverso un periodo nero, in cui ognuno si rinchiude a riccio

Nella pagina di oggi del calendario diocesano d’Avvento, scritta a più mani da alcuni genitori vicini al Centro Famiglia, si commenta Isaia con una preghiera al Signore affinché  “ci doni di vedere la via che ci stai indicando e di percorrerla sicuri della tua presenza”.

Eppure nella storia di ogni famiglia è possibile riconoscere dei momenti, più o meno lunghi, in cui questa via sembra momentaneamente smarrita: tante cose vanno storte, e tutte insieme, il clima si fa pesante, e lo si percepisce – a guardarsi dall’esterno – dal venir meno di quell’ironia che, prima, stemperava anche le inevitabili avversità. Altro che quell’atmosfera felice con cui la pubblicità sembra dipingere le famigliole a tavola per la colazione coi biscotti buoni o anche semplicemente quella linearità inviolabile in cui certa predicazione un po’ disincarnata colloca le famiglie “come Dio comanda”.

Quando la malattia o il disagio bussa alla porta, ognuno tende a rinchiudersi a riccio,  riesce difficile esprimere  i propri sentimenti – di preoccupazione o di delusione – nel timore di contagiare anche gli altri.   Si fa fatica anche a pregare.

Alla “botta” iniziale, subentra la “risposta” in cui le energie positive dei vari componenti della famiglia cercano di sommarsi: e qui possono manifestarsi forze nascoste (o anche qualche debolezza imprevista) che avevamo coltivato negli anni. Per scendere nel concreto, andiamo a pensare ad una fase molto difficile del lavoro dei genitori, ad uno stato di sovraccarico o di disorientamento  di uno dei figli che diventa impermeabile a qualsiasi aiuto esterno, ad un fatto traumatico che ha colpito un giovane amico o conoscente, alla diagnosi angosciante   che  è stata comunicata ad una famiglia di amici.

Sono “momenti di verità” che mettono a dura prova le relazioni familiari, la loro reale tenuta, la loro precedente manutenzione.

La pagina dell’Avvento forse sta lì a indicare la prospettiva di fondo, almeno personale se non subito familiare, che è quella di coltivare la fiducia e soprattutto di lasciarsi accompagnare “sicuri della Tua presenza”.  Sapendo accogliere soprattutto la medicina della pazienza, che accetta i tempi lunghi, spesso peraltro così diversi dal “tutto e subito” in cui i nostri ragazzi vivono.

Alla luce delle settimane trascorse  si arriva poi a rendersi conto che quel periodo “nero”, pur nella sua devastazione, ha fatto sorgere anche qualche fiore colorato, ha rafforzato i legami, ha portato a ritrovare la Sua via. E’ forse era quello che uno psicoterapeuta intendeva parlando di periodi o situazioni di  sofferenza “buona”  (più che un ossimoro, sembra proprio una bestemmia!)  ovvero di una fatica, una caduta, un peso dal quale si è riusciti a rialzarsi, dandosi lentamente la mano, piccoli e grandi. Riconoscerli, prenderne coscienza, può essere la prima condizione per ripartire, trasformandola in riconoscenza verso Colui che non ci “manda” le prove, ma ci assicura nella sua  Parola di saperle accompagnare.

vinonuovo.it

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