Preti di frontiera, in trincea per conto di Dio

preti-di-frontiera-maurizio-patriciello-645

Oggi

Ci sono sacerdoti che hanno fatto la differenza. Come don Diana e don Puglisi, uccisi perché scomodi.Oggi il loro testimone è passato a don Luigi Ciotti, don Giovanni Ladiana, don Marco Ricci. Qui ce li racconta l’autore di “Gomorra”, ateo convinto. Che li ammira

di Roberto Saviano

Ci sono luoghi dei quali nessuno si cura. Luoghi nei quali davvero non c’è niente, non una biblioteca, non una macchia di verde, la chiesa diventa l’unico spazio protetto in cui coltivare il diritto. Beninteso, a scrivere è un ateo, convintamente ateo e convinto della necessità della separazione degli affari politici, pubblici, da qualsiasi confessione religiosa. Ma nella mia vita ho riconosciuto e rispettato l’impegno della chiesa che si è fatta azione umana, solidale, organizzata, antimafia. Preti che hanno fatto la differenza.

BOMBA CARTA A CAIVANO – Nella notte fra il 12 e il 13 marzo una bomba carta è esplosa fuori dalla parrocchia di don Maurizio Patriciello, a Caivano. Non bisogna lasciare soli questi individui che laddove non c’è scuola la portano, laddove non c’è conforto lo danno, laddove non c’è assistenza si mettono a disposizione per far trovare lavoro. È necessario ricordare che ci sono, questi individui, sono tanti, e che sono scomodi. E chi è scomodo per le mafie ha bisogno di protezione, la stessa protezione che loro dispensano a interi quartieri. Esiste una teoria sociologica, la teoria delle finestre rotte. Mettiamo che in una strada si rompa una finestra: si rompe in uno spazio pubblico, non è responsabilità di nessuno aggiustarla, devono essere le istituzioni a riparare il vetro. Passano i giorni, la finestra resta rotta, magari uno spazzino di buon cuore toglierà i cocci, magari no. Il buco ha bordi taglienti che nessuno ha cura di sostituire. Accanto alla finestra rotta, qualcuno butta una cartaccia. Tanto, in quel punto nessuno guarda. Alla cartaccia segue un disegno osceno e un’altra finestra rotta, quella accanto, stavolta rotta per gioco. Tanto nessuno guarda. Si inizia a stare sempre peggio e nessuno guarda. La strada, è sempre più degradata, è triste guardarla. Si fulmina il lampione e a nessuno interessa sostituirlo. Nel buio, di notte, si inizia a spacciare, a rapinare. Tanto, a nessuno importa.

BASTEREBBE RIPARARE UNA FINESTRA – Basterebbe riparare una finestra. Basterebbe che una persona inizi a raccogliere l’immondizia, dica a quel pezzo di strada: «Io ho cura di te». Non eliminerebbe spacciatori e rapinatori, ma darebbe alle persone la voglia di tenere acceso il lampione. Non è bello sentirsi abbandonati. È quando ci sentiamo abbandonati che cadiamo nelle tentazioni peggiori. Tanto, a nessuno importa. Ci sono persone di chiesa che fanno questo: si guardano intorno, aggiustano le finestre. Don Peppe Diana, ad esempio: ucciso il 19 marzo 1994, il giorno del suo onomastico, ad appena 36 anni. La sua colpa? Aver fatto capire chiaramente i suoi intenti: «Per amore del mio popolo, non tacerò». Ed essere stato vicino ai giovani e ai bisognosi di aiuto, strappandoli con ogni mezzo in suo potere alle lusinghe della camorra. Un anno prima, vittima di Cosa nostra era stato don Pino Puglisi, ucciso il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, il 15 settembre 1993. Aveva speso una vita intera nella lotta alla mafia, allontanando i bambini dalla strada, insegnando loro che esiste un tipo di rispetto diverso da quello dettato dalla paura della mafia. Poco prima di essere ucciso, don Pino Puglisi disse: «Vi aspettavo». Sapeva che sarebbe stata quella la fine per il suo impegno nel sottrarre individui alle organizzazioni criminali. Oggi la loro eredità è in tante persone di chiesa che ogni giorno scelgono di rispondere alla violenza e alle minacce creando spazi di aggregazione, di contatto umano in cui ragazzi completamente abbandonati trovano qualcuno che ancora crede nel loro futuro.

NON TACERE – È l’esempio di don Giovanni Ladiana, che incontra vite segnate dalla sofferenza, nel sud dell’Italia e del mondo, e da più di dieci anni guida il movimento “Reggio Non Tace”, nato dallo scoppio di una bomba che invece di intimidire ha raccolto intorno al suo cratere 300 persone nel giro di mezza giornata. Reggio non tace. E non tace don Giovanni Landiana davanti alle intimidazioni della ’ndrangheta; non nasconde la paura, ma continua a «stare negli incroci della storia, ove vivono i crocifissi d’oggi». Non tace nemmeno l’arcivescovo di Locri, don Francesco Oliva. Nel 2018 pronuncia una coraggiosissima omelia nel santuario di Polsi, luogo simbolo della ’ndrangheta: «L’uso indebito dell’immagine della Madonna di Polsi e la sua strumentalizzazione da parte di uomini di mafia e di ’ndrangheta, il venire qui non da pellegrini ma con intenti malvagi e sacrileghi, è stata una gravissima offesa alla fede di tutto il popolo mariano. (…) Non basta dirsi cattolici. Non basta partecipare ad atti di culto: accompagnare la statua in una processione, ricevere i Sacramenti, venire in pellegrinaggio. Ci vuole la rettitudine di cuore, la purità nei pensieri e nelle intenzioni». Non tacciono, i Comboniani, la rete di comunità istituita da padre Alex Zanotelli per incoraggiare sviluppo e promozione umana in Africa, America Latina, Asia. Presenza importante anche in Europa e in Italia nel contrasto al disagio e all’emarginazione; in particolare, a Castel Volturno il loro operato è fondamentale: portano avanti un progetto di integrazione attraverso una scuola di italiano per migranti e una di mediazione culturale, creano aggregazione attraverso lo sport e le arti, gestiscono un laboratorio di sartoria solidale. Non tace don Marco Ricci, parroco di San Vito al Vesuvio, che si batte strenuamente per la salute delle persone: da quando un chierichetto della sua parrocchia è morto di leucemia a soli 14 anni, ha iniziato a fare tutto quello che era in suo potere per investigare, capire, e una volta compresa la responsabilità enorme delle ecomafie, dei rifiuti sotterrati, degli incendi tossici, ha intrapreso una sistematica campagna di denuncia senza sconti. Non tace don Giacomo Panizza, sotto scorta da quando, nel 2002, ha occupato con la sua associazione “Progetto Sud”, autogestita insieme a persone disabili, uno degli edifici sequestrati alla ’ndrangheta. Nonostante gli attentati e continue minacce, non arretra di un passo, e la sua squadra con lui.

RETE CONTRO LE MAFIE – E non tace don Luigi Ciotti, il fondatore di “Libera-Associazioni”, nomi e numeri contro le mafie, una rete che oggi tiene unite oltre 800 associazioni, cooperative sociali, movimenti, scuole, sindacati, parrocchie, gruppi scout, impegnati non solo “contro”: contro l’ingiustizia, la corruzione, la criminalità, le mafie; ma soprattutto “per”: per la tutela dei diritti, per una politica trasparente, per la verità e il rispetto dei valori democratici, per la condivisione della memoria. La memoria, per Libera, è fondamentale, perché non cali mai l’attenzione sulle vittime innocenti delle mafie, perché non sia dimenticato il sacrificio di uomini, donne, bambini le cui vite sono state spazzate via da una violenza senza giustificazione. Vite che adesso sono affidate alla testimonianza, al ricordo.

IL 21 MARZO – È per questo che il primo giorno di primavera, ogni anno il 21 marzo, Libera ha istituito la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, durante la quale vengono ricordati tutti, i nomi di queste donne, di questi uomini, di questi bambini. Un rosario civile sgranato in tantissime città, in Italia e all’estero, per conservarne sempre una parte fra i vivi, la parte più importante, quella che ci ricorda che sperare in un mondo diverso è possibile, ma che per evitare che la lista di nomi si allunghi ancora, la consapevolezza di quello che è stato, e che può ancora succedere, è imprescindibile. Senza la presenza di questa chiesa, in tanti territori sarebbe impossibile la sopravvivenza. Nei territori in cui lo Stato è spazio di polizia, repressivo, non c’è spazio per il contatto umano, e nelle crepe, nei vuoti che quest’assenza lascia nelle persone, si insinuano le mafie, prendendosi la fedeltà che alle istituzioni non interessa cercare. Se è vero che senza speranza si sopravvive poco e male, che gli esseri umani hanno bisogno, per crescere, di essere pensati, allora si capisce l’importanza di coloro che pensano, amano, riparano le finestre. Coloro che fanno sentire amati i dimenticati, ne riempiono i cuori di speranza e le giornate di vita.

Roberto Saviano