Più della religione serve l’amore

di Carlo Di Cicco

Si capisce subito l’aria che tira quando si parla con Arturo Paoli, piccolo fratello di Charles de Foucauld. Nonostante una vita molto laboriosa per il regno di Dio ha raggiunto ormai in discreta salute i 101 anni. Nessuno – è quasi il ritornello di Paoli, che incontriamo ai margini della presentazione del suo ultimo libro, Mi formavi nel silenzio (Milano, Paoline, 2013, pagine 180, euro 14) – può amare Dio perché l’amore non nasce dall’uomo. La fonte dell’amore è Dio e Dio ci dona il suo amore nella misura in cui sappiamo distribuirlo ai nostri fratelli. Dio è infinito, incommensurabile, pienezza dell’amore e non possiamo ricambiarlo nella stessa intensità. Pertanto l’unico modo di ricambiarlo è vivere il suo amore per noi e distribuirlo. Non possiamo restituire direttamente l’amore che riceviamo, ma possiamo distribuirlo al nostro prossimo.
Fratel Arturo parla dell’amore come fonte della gioia cristiana e dei cristiani come costruttori di gioia. Contiene qualche tesi un po’ dura come quella che alla gioia si giunge specialmente attraversando il deserto del dolore e della sofferenza che non risparmia nessuno tra gli umani. Appare mite Arturo e anche fiducioso nel tempo della Chiesa che si prepara con Papa Francesco. Ma l’antica energia gli ritorna in due momenti, uno sconvolgente e l’altro pacificante, lasciando trasparire tutta la sua passione per Dio e per l’uomo. Quando, come un incubo che lo perseguita, gli tornano alla memoria le sofferenze inferte dalle dittature militari con la repressione in America Latina (“Non c’è nulla di così orribile nella storia umana della sofferenza”). E poi quando parla dell’amore unico, esclusivo di Dio per l’uomo: lui ci ha amati per primo.
Qual è stato il pensiero che l’ha accompagnata tutta la vita e ora all’età di 101 anni le dà ancora gioia e speranza? “Vedere che oggi una risurrezione della religione è possibile su questo rovesciamento: cessare di pensare che noi amiamo Dio, che noi crediamo in Lui. È Dio che è paziente e ci rivela che l’amore discende da lui e che è lui a darci l’amore. In questo rovesciamento religioso, l’essenziale credo sia quello intravisto da Papa Ratzinger che si è come trovato davanti a un compito troppo grande. Occorre maturare un concetto giusto di Eucaristia dove noi riceviamo Gesù che si dona a noi. Si pensa che egli si doni a noi per tenerlo per noi, scaldargli la sedia. Ma dimentichiamo che è Gesù che ha scelto noi e che ci manda. Mentre tutti i culti hanno l’idolo che salva dai pericoli, l’idolo che aiuta, Cristo non è un idolo, è l’amore del Padre che discende su di noi e ci sollecita ad andare a muoverci verso gli altri”.

(©L’Osservatore Romano 13 giugno 2013)