Papa Francesco: Papa: Chiesa porti speranza al mondo, ne è assetato

“Dimentichi di noi stessi, come servi gioiosi della speranza, siamo chiamati ad annunciare il Risorto con la vita e mediante l’amore; altrimenti saremmo una struttura internazionale con un grande numero di adepti e delle buone regole, ma incapace di donare la speranza di cui il mondo è assetato”. Così papa Francesco nella Veglia Pasquale in San Pietro. – La speranza, ha detto Francesco nell’omelia, “non è semplice ottimismo, e nemmeno un atteggiamento psicologico o un buon invito a farsi coraggio. La speranza cristiana è un dono che Dio ci fa, se usciamo da noi stessi e ci apriamo a Lui. Questa speranza non delude perché lo Spirito Santo è stato effuso nei nostri cuori”. “Il Consolatore – ha spiegato – non fa apparire tutto bello, non elimina il male con la bacchetta magica, ma infonde la vera forza della vita, che non è l’assenza di problemi, ma la certezza di essere amati e perdonati sempre da Cristo, che per noi ha vinto il peccato, la morte e la paura”. “Oggi è la festa della nostra speranza – ha aggiunto il Pontefice a proposito della Pasqua -, la celebrazione di questa certezza: niente e nessuno potranno mai separarci dal suo amore”. Per il Papa, “il Signore è vivo e vuole essere cercato tra i vivi. Dopo averlo incontrato, ciascuno viene inviato da Lui a portare l’annuncio di Pasqua, a suscitare e risuscitare la speranza nei cuori appesantiti dalla tristezza, in chi fatica a trovare la luce della vita”. “Ce n’è tanto bisogno oggi”, ha concluso.

Nelle vittime del terrorismo, che “profana il nome di Dio”, nei profughi che fuggono dalle guerre e magari concludono il loro cammino nell'”insaziabile cimitero” del Mediterraneo e dell’Egeo, nell’azione dei venditori di armi, che “danno ai loro figli da mangiare il pane insanguinato”, dei corrotti, così come di chi distrugge la “casa comune” del creato. E’ qui che per papa Francesco vediamo ancora oggi la Croce di Cristo, simbolo allo stesso tempo “dell’amore divino e dell’ingiustizia umana”, “segno dell’obbedienza ed emblema del tradimento”, “patibolo della persecuzione e vessillo della vittoria”. E’ quasi un grido l’accorata, e a tratti durissima, preghiera che papa Francesco ha composto di suo pugno per recitarla questa sera al termine della tradizionale Via Crucis del Venerdì Santo, in mondovisione dal Colosseo. Un evento cui non sono volute mancare migliaia e migliaia di persone, tra imponenti misure di sicurezza, e a cui hanno partecipato anche gli ex reali del Belgio, Alberto II e Paola, che hanno salutato il Papa a pochissimi giorni dai tragici attentati di Bruxelles. A portare la croce, nelle 14 stazioni accompagnate dalle meditazioni del cardinale di Perugia Gualtiero Bassetti sul tema “Dio è misericordia”, oltre al cardinale vicario Agostino Vallini, anche persone di varie nazionalità, tra cui cinesi, russi, siriani, centrafricani. Ma è stata l’incalzante preghiera di Francesco, dal titolo “O Croce di Cristo!”, a segnare anche a futura memoria questa Via Crucis del 2016, la quarta del suo pontificato. Ancora oggi la Croce la “vediamo eretta nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli uccisi, bruciati vivi, sgozzati e decapitati con le spade barbariche e con il silenzio vigliacco”, ha detto il Papa.