Papa Francesco e la «gioventù in fuga»

Avremo tutto l’anno scolastico per spiegare che dottrina e dogmi non sono essenzialmente cambiati. E sarà un’occasione preziosa per riallacciare un dialogo

giovani

Settembre. Riaprono le scuole. Qualche collega aveva già cominciato a lamentarsi (o crogiolarsi) di una certa staticità del pontificato, quando Francesco, in una sorta di esame di riparazione, ha assestato in otto giorni “tre colpi rilevanti” al rapporto tra Chiesa e realtà: la lettera relativa al Giubileo della Misericordia (1/9), l’appello ad accogliere i profughi rivolto ai cristiani europei (6/9), i due motu proprio che riformano il processo canonico di nullità matrimoniale (8/9).

Ovviamente, il discorso letto ai vescovi portoghesi in visita ad limina (7/9) non poteva che rimanere schiacciato sotto il peso editoriale di questi tre giganti. Eppure in tale contesto, inusuale perché caratterizzato solitamente da discorsi generali sulla situazione ecclesiale del paese in visita, il pontefice ha voluto approfondire rispetto ai suoi interventi passati un tema specifico: la “fuga della gioventù” dalla pratica cristiana dopo il sacramento della cresima.

Di fronte a questa problematica – emersa dal “realismo interpellante” dell’indagine commissionata dalla chiesa portoghese sulla fede del popolo affidatole – Francesco si è domandato con preoccupazione perché la gioventù decida in tal senso. Disinteresse? Assenza di offerta parrocchiale? Incapacità dell’offerta di rispondere ai dubbi giovanili? No! Piuttosto, l’estrema difficoltà di convincere la gioventù attraverso la testimonianza del catechista e, soprattutto, della comunità ecclesiale che lo invia e lo sostiene. Testimonianza che non è un presentare, un mostrare Cristo secondo i comunque benfatti testi catechetici del “modello scolastico”, ma una mediazione esistenziale che permette, secondo un modello “catecumenale”, di incontrarLo personalmente.

L’immersione nella realtà giovanile, dunque, ha condotto il vescovo di Roma a tre convinzioni ormai consolidate. L’ineludibilità dell’esempio, poiché è questo – più che le parole – ciò che comprendono meglio quegli adolescenti che vivono sin dalla culla nel mondo delle immagini (omelia, 14.11.14). L’importanza della coerenza, poiché se l’incoerenza scandalizza soprattutto i giovani allontanandoli spesso dalla chiesa (discorso, 16.6.14), la coerenza può inquietare santamente gli adulti atei riavvicinandoli ad essa (omelia, 27.2.14 ). La centralità della speranza e della fiducia in Cristo, poiché è lui il compagno fedele che ci sostiene nei nostri fallimenti (discorso, 22.9.13).

Quale Cristo, però? Qui Francesco aggiunge alla riflessione passata un tassello interessante, invitandoci a non dimenticare che “semplicemente” alla gioventù odierna “il vestito della Prima Comunione ha da tempo smesso di servirle”, per cui non è possibile che “la comunità cristiana insista a farglielo indossare”, in quanto anche “il suo Amico di allora, Gesù, è a sua volta cresciuto”. In caso contrario, si finirebbe per nasconderLo dietro mere conoscenze cristiane “cerebrali”, senza così riuscire a farle maturare – per usare un tecnicismo didattico – in competenze ed abilitàcristiche.

Mi piace allora pensare che vi sia un legame tra i tre discorsi-golia a tutti noti e il piccolo frammento-davidico qui riportato alla luce. Infatti, proprio attraverso quegli atti che secondo Francesco corrispondono ad un approfondimento di ciò che dovrebbe fare il corpo di Cristo per essere sempre più rappresentativo del suo capo, il mondo liquido dei giovani sarà più facilmente raggiungibile. Perché essi restano sempre colpiti da questo Gesù maturo – non adulto… – che chiede alla sua Chiesa di dare l’esempio (ospitando gli stranieri innanzitutto a casa propria), di essere radicalmente coerente (in tema di accertamento della veridicità di ogni promessa di amore totale) e di praticare ovunque l’essenza misericordiosa del cristianesimo (soprattutto nella questione etica – l’aborto – più tragica che vi sia).

Certo, dati i prerequisiti culturali-teologici dei giovani d’oggi, mi immagino sin d’ora le domande dei prossimi giorni: “Professore, ma è vero che il Papa ha permesso di abortire? … che ha approvato il divorzio breve? … che vuole accogliere a San Pietro i profughi siriani?”… L’equivoco, però, che ci sarà, non dovrà destare eccessiva preoccupazione. Avremo tutto l’anno scolastico per spiegare che dottrina e dogmi non sono essenzialmente cambiati, anzi, che sono stati meglio chiariti e approfonditi come già altre volte è avvenuto nella storia della Chiesa, e che tutto questo non è, come a volte ripetono acriticamente i social, una “foglia di fico” per coprire i soliti “imbrogli da preti”, bensì un miglioramento interpretativo a cui seguirà quello pratico-esistenziale…

Nel frattempo – ed è il punto decisivo! – sotto gli alberi sui quali si sono rintanati e sulle strade delle loro Emmaus (Discorso ai nuovi vescovi, 10/9) il rapporto interrotto con molti giovani sarà stato riallacciato ed un nuovo dialogo si sarà instaurato. Presupposto fondamentale, quest’ultimo, affinché si possa poi tentare di far risalire mediante un lungo ragionamento questa meglio gioventù dal caos (calmo?) delle acque in cui per ora galleggia verso una qualche (rara) terra ferma…

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