Papa a squadra olimpica di rifugiati: siate grido di fratellanza e di pace

Papa Francesco ha scritto una breve ma intensa lettera alla squadra di rifugiati che partecipa alle Olimpiadi grazie ad una iniziativa dell’Onu. Ieri, in un tweet aveva fatto gli auguri a tutti gli atleti presenti a Rio de Janeiro. Ce ne parla Sergio Centofanti da radio Vaticana

“Siate sempre messaggeri di fraternità e di genuino spirito sportivo”: questo l’augurio del Papa agli atleti di Rio in un tweet ieri alle 14.00. Ma Francesco ha voluto rivolgersi in modo particolare alla prima squadra di rifugiati dei Giochi olimpici inviando una lettera commossa. “Cari fratelli” – scrive citando tutti i nomi – voglio farvi pervenire il mio saluto e il mio desiderio di successo in queste Olimpiadi. Che il coraggio e la forza che portate dentro possano esprimere attraverso i Giochi Olimpici, un grido di fratellanza e di pace. Che, tramite voi tutti, l’umanità comprenda che la pace è possibile, che con la pace tutto si può guadagnare; invece con la guerra tutto si può perdere.  Desidero – conclude il Papa – che la vostra testimonianza faccia bene a noi tutti. Prego per voi e per favore vi chiedo di pregare per me. Che Dio vi Benedica”. Firmato: “Fraternamente, Francesco”.

Della squadra fanno parte 10 atleti, 6 uomini e 4 donne: ci sono due nuotatori siriani, due judoka della Repubblica Democratica del Congo e sei corridori provenienti da Etiopia e Sud Sudan. Sono tutti fuggiti da violenze e persecuzioni e hanno cercato rifugio in altri Paesi. La 18enne Yusra Mardini, siriana, profuga a Lesbo, ha salvato decine di persone spingendo a nuoto fino a riva il gommone che aveva rotto il motore. Ascoltiamo una sua breve testimonianza proposta dal sito dell’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati:

R. – I want to represent all the refugees …
Intendo rappresentare tutti i profughi per dimostrare a tutti che dopo il dolore e la tempesta vengono i giorni di calma. Desidero che nessuno rinunci ai propri sogni, che tutti facciano quello che sentono di fare nel loro cuore, anche se sembra impossibile …

I 10 atleti hanno sfilato al Maracanà sotto la stessa bandiera, quella delle Olimpiadi: parlano lingue diverse ma rappresentano un unico popolo di oltre 60 milioni di persone in fuga che hanno lo stesso linguaggio del dolore e della speranza.

L’iniziativa di inviare una squadra di rifugiati ai Giochi di Rio è senza precedenti e manda un forte messaggio di sostegno ai rifugiati in tutto il mondo in un momento in cui guerre e povertà stanno facendo aumentare ogni giorno di più il numero di persone costrette ad abbandonare i propri Paesi.

“La loro partecipazione alle Olimpiadi – ha detto l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi – è un omaggio al coraggio e la perseveranza di tutti i rifugiati nel superare le avversità e costruire un futuro migliore per se stessi e le loro famiglie”.

Aspetto chiave dell’iniziativa congiunta Onu-Comitato Olimpico è una petizione per chiedere ai governi di garantire che ogni bambino rifugiato riceva un’istruzione, che ogni famiglia di rifugiati abbia un posto sicuro in cui vivere e che ogni rifugiato possa lavorare o imparare nuove competenze per dare un contributo positivo alla propria comunità. La petizione sarà consegnata prima dell’incontro ad alto livello delle Nazioni Unite su rifugiati e migranti, in programma il 19 settembre a New York.