Papa a L’Aquila. Apre la porta della Perdonanza. “Pace per il mondo intero”

E nell’omelia di Collemaggio “corregge” Dante: “Celestino V fu l’uomo del sì, non del no”. La misericordia rende gioiosa la nostra vita. Ai parenti delle vittime: “Avete fatto tesoro della sofferenza”
Il Papa al momento dell'apertura della Porta Santa della Basilica di Collemaggio

Il Papa al momento dell’apertura della Porta Santa della Basilica di Collemaggio – Reuters

Da Avvenire

Con un gesto senza precedenti nella storia del papato, Francesco ha aperto subito dopo la Messa e l’Angelus a Collemaggio la porta santa della Perdonanza celestiniana. Una cerimonia suggestiva nella sua semplicità, che ha visto il Pontefice, seduto in carrozzella sostare in profondo raccoglimento davanti al portale inizialmente chiuso, mentre venivano recitate le litanie dei santi. Quindi al suono delle trombe ha recitato una breve monizione: “Concedi alla Chiesa questo tempo di penitenza e di perdono perché abbia la gioia di rinnovarsi. Aprici completamente la porta della tua misericordia per schiuderci un giorno le porte della tua dimora in cielo. Concedi a quanti varcheranno questa soglia di ottenere la salvezza”. Poi rimessosi in piedi, ha ricevuto dal sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi, un ramo d’ulivo con il quale ha percosso tre volte la porta, che così si è spalancata. E il Papa è entrato seguito dai cardinali e vescovi presenti alla celebrazione.

Poco prima, l’arcivescovo dell’Aquila, cardinale Giuseppe Petrocchi, alla fine della Messa, aveva detto: “Lei raccoglie la tradizione della perdonanza celestiniana, la arricchisce con il suo magistero e la proietta a livello planetario. La Porta Santa della Perdonanza verrà aperta non solo ai pellegrini che visiteranno questi luoghi, ma sarà spalancata sul mondo intero. Speriamo che tutti i popoli, specie quelli lacerati da conflitti e da divisioni interne, possano varcarla, idealmente, e ritrovare le vie della solidarietà e della pace”.

E di pace appunto il Papa ha parlato all’Angelus. “Inviochiamo Maria affinché ottenga per il mondo intero il perdono e la pace”. “Preghiamo per il popolo ucraino – ha detto – e per tutti i popoli che soffrono a causa delle guerre. Il Dio della pace ravvivi nel cuore dei responsabili delle nazioni il senso umano e cristiano di pietà, di misericordia”. Ha espresso poi la sua vicinanza alle popolazioni del Pakistan 2colpite da alluvioni di proporzioni disastrose2 e da un luogo “ha patito una dura calamità” come appunto L’Aquila, ha pregato per i feriti e gli sfollati, auspicando, che “sia pronta e generosa la solidarietà internazionale”. Tutte intenzioni, che probabilmente papa Francesco avrà deposto ai piedi della tomba di Celestino V davanti alla quale, una volta entrato in Basilica, si è soffermato diversi minuti in preghiera.

​L’omelia della Messa

Poco prima, nell’omelia della Messa Il Papa aveva “corretto” Dante. “Celestino V non è stato l’uomo del “no”, è stato l’uomo del sì”. E a L’aquila ha augurato: “Sia davvero capitale di perdoio, di pace e di riconciliazione”. Davanti alla Basilica di Collemaggio, Francesco parla dell’umiltà e della mitezza del suo predecessore. E lo indica come “testimone coraggioso del Vangelo, perché nessuna logica di potere lo ha potuto imprigionare e gestire. In lui – sottolinea – noi ammiriamo una Chiesa libera dalle logiche mondane e pienamente testimone di quel nome di Dio che è la misericordia”. E la “misericordia è il cuore stesso del Vangelo, è sentirci amati nella nostra miseria” ed “essere credenti non significa accostarsi a un Dio oscuro e che fa paura”. Un concetto sul quale il Pontefice insiste molto anche con ampie aggiunte a braccio al testo dell’omelia. Rivelando tra l’altro un retroscena, che gli serve da similitudine. “Mericordia di Dio e nostra miseria vanno insieme. Se qualcuno vuole arrivare alla misericordia di Dio, senza passare per la propria miseria, ha sbagliato strada”. Rivela di averlo pensato quando era in elicottero e il pilota non riusciva ad atterrare per la nebbia. “Girava, girava, ma poi ha visto un piccolo buco nelle nuvole e si è buttato – ha raccontato Francesco – Bravo. Un maestro. Ecco la misericordia di Dio è così. Gira, gira finché non triova un buco nella nostra miseria”. Solo con la misericordia, infatti, “la vita di ogni uomo e ogni donna può essere vissuta con gioia”.

La messa del Papa sul sagrato della Basilica di Collemaggio

La messa del Papa sul sagrato della Basilica di Collemaggio – ANSA

E attraverso la misericordia, attraverso “il perdono ricevuto e donato”, si costruisce la pace. Ecco perché il Papa ricorda a tutti che le logiche mondane non sono compatibili con il Vangelo. “Troppe volte si pensa di valere in base al posto che si occupa in questo mondo. Ma l’uomo non è il posto che detiene, ma è la libertà di cui è capace e che manifesta pienamente quando occupa l’ultimo posto, o quando gli è riservato un posto sulla croce”. “Il cristiano sa – aggiunge Francesco – che la sua vita non è una carriera alla maniera di questo, ma una carriera alla maniera di Cristo, che dirà di se stesso di essere venuto per servire e non per essere servito”. Diventa così importante, proprio sull’esempio di Celestino V, la libertà interiore. Guerre violenze e ingiustizie nascono dove non c’è. Così come “l’individualismo, l’egoismo, l’interesse la sopraffazione”.

Il pensiero del Papa va poi alle sofferenze degli Aquilani. Così come aveva fatto all’arrivo in piazza Duomo. “Avete sofferto molto a causa del terremoto, e come popolo state provando a rialzarvi e a rimettervi in piedi. Ma chi ha sofferto deve poter fare tesoro – dice Francesco – della propria sofferenza, deve comprendere che nel buio sperimentato gli è stato fatto anche il dono di capire il dolore degli altri. Voi potete custodire il dono della misericordia perché conoscete cosa significa perdere tutto, veder crollare ciò che si è costruito, lasciare ciò che vi era più caro, sentire lo strappo dell’assenza di chi si è amato. Voi potete custodire la misericordia perché avete fatto l’esperienza della miseria”. E anche chi ha subito un “terremoto dell’anima” può imparare la vera umiltà. “Umiltà e mitezza sono le caratteristiche di chi ha il compito di custodire e testimoniare la misericordia”.

​L’arrivo in piazza Duomo

L'attesa del Papa in piazza Duomo a L'Aquila

L’attesa del Papa in piazza Duomo a L’Aquila – Reuters

Una parola accorata ai parenti delle vittime del terremoto del 2009: “Pur nel dolore e nello smarrimento, avete fissato lo sguardo in Cristo, crocifisso e risorto, che con il suo amore ha riscattato dal non-senso il dolore e la morte”. Una di incoraggiamento a tutti gli aquilani: “Voi, gente aquilana, avete dimostrato un carattere resiliente. Vi ha consentito di reggere l’urto del sisma e di avviare subito il lavoro coraggioso e paziente di ricostruzione”. E un saluto carico di speranza anche alla delegazione di 20, tra detenuti ed ex detenuti abruzzesi presenti in piazza Duomo: “Oggi qui siete segno di speranza nella ricostruzione umana e sociale”. Ma “nelle carceri ci sono tante, troppe vittime” (un accenno all’ondata di suicidi che si è verificata di recente nelle carceri italiane).

Eccolo il primo saluto di papa Francesco a L’Aquila. In piazza Duomo, davanti ai segni inequivocabili delle ferite del sisma di 13 anni fa. La Cattedrale infatti è ancora da ricostruire e il Pontefice visita il cantiere, in sedia a rotelle e calzando un eletto da vigile del fuoco, insieme con l’arcivescovo della diocesi aquilana, cardinale Giuseppe Petrocchi. Ma i primi che incontra sono proprio i parenti delle vittime e i detenuti delle carceri di Avezzano, Sulmona, Chieti e Pescara, accompagnati dal garante per i carcerati della regione Abruzzo, Gianmarco Cifaldi e dalla presidente delt tribunale di sorveglianza, Maria Rosaria Parruti. Due diversi modi di vivere la sofferenze umana, ai quali il Papa si fa prossimo, non solo con le parole. Diverse migliaia di persone che lo accolgono con affetto ed entusiasmo. E lui saluta sorridente e visibilmente contento di questa visita.

Francesco è giunto in elicottero da Roma alle 8,45. Dopo l’atterraggio in Piazza D’Armi (e non sul prato dello Stadio Gran Sasso, come era inizialmente previsto, per ragioni metereologiche), dove ad attenderlo c’erano, oltre al cardinale, il presidente della Regione, Marco Marsilio, il prefetto di L’Aquila Cinzia Teresa Torraco e il sindaco Pierluigi Biondi, il trasferimento in auto in piazza Duomo, con il benvenuto ufficiale e il “grazie per la visita “più alto delle nostre montagne”, come ha sottolineato Petrocchi. “Arde nel nostro cuore – ha detto l’arcivescovo – la speranza che, attraverso il suo magistero e gli interventi pastorali che lei promuove, la grazia della Perdonanza diventi fermento di riconciliazione e di unità in tutto il mondo. Le assicuriamo – ha aggiunto il porporato – la volontà di pensare e di agire in piena sintonia con lei, per contribuire allo sviluppo della Chiesa-comunione e alla edificazione di una società più degna dell’uomo”.

Il Papa ritorna sulla ricostruzione. “C’era tutto da ricostruire – sottolinea – le case, le scuole, le chiese. Ma voi lo sapete bene , questo si fa insieme alla ricostruzione spirituale, culturale e sociale della comunità civica e di quella ecclesiale”. Quindi mette l’accento sulla “collaborazione organica, in sinergia, delle istituzioni e degli organismi associativi: una concordia laboriosa, un impegno lungimirante”, rimarca. “Serve l’imepgno di ciascuno e di tutti”. E nella ricostruzione “le chiese meritano un’attenzione particolare. Sono patrimonio della comunità – dice il Papa – non solo in senso storico e culturale, anche in senso identitario. Queste pietre sono impregnate della fede e dei valori del popolo; e i templi sono anche luoghi propulsivi della sua vita, della sua speranza”.

Infine con una aggiunta a braccio, sempre ai parenti delle vittime, dice che capisce che le parole non bastano, ci vuole la vicinanza, essere una comunità, perché il dolore rimane. E si congratula per la realizzazione della Cappella della memoria. “La memoria è la forza di un popolo, e quando questa memoria è illuminata dalla fede, quel popolo non rimane prigioniero del passato, ma cammina nel presente e nel futuro, sempre rimanendo attaccato alle radici e facendo tesoro delle esperienze passate, buone e cattive”.

“Jemonnanzi”, saluta in fine in dialetto aquilano. Cioè “Andiamo avanti”. E l’espressione vernacolare suscita un lungo e affettuoso applauso dei presenti, prima di trasferirsi a Collemaggio per celebrare la Messa, recitare l’Angelus e aprire la Porta Santa della Perdonanza.