Palermo. 30 anni fa le stragi di mafia. «Attenti, Cosa Nostra si sta riorganizzando»

Parla il generale dei carabinieri, Castello: Cosa nostra si è inabissata e lavora sotto traccia. Sulla droga c’è una cooperazione criminale con la ’ndrangheta
Una commemorazione di Falcone e Borsellino

Una commemorazione di Falcone e Borsellino – Archivio Fotogramma

Avvenire

Trent’anni dalle stragi di mafia, da Capaci e da via D’Amelio. Trent’anni dall’esplosione della feroce violenza di Cosa nostra che uccise Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli ‘angeli custodi’ che li scortavano. Palermo si prepara a rivivere il dolore di tutti, con un ventaglio di manifestazioni che avranno il loro culmine lunedì 23 maggio, giorno della strage di Capaci, con la ‘Fondazione Falcone’ protagonista nell’organizzare il rito della memoria. Proprio lunedì 23 maggio, dalle 10 alle 11.30, sul palco speciale allestito per l’occasione al Foro Italico, parteciperanno alla giornata dedicata alle commemorazioni il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, la presidente della ‘Fondazione Falcone’, Maria Falcone, oltre a ministri ed esponenti delle istituzioni. Alle 17.58, ora della strage, all’’Albero Falcone’, davanti quella che era la casa del magistrato, sarà suonato il silenzio in onore dei caduti. Alle 19 verrà celebrata la Messa per le vittime, nella chiesa di San Domenico. (Roberto Puglisi)

«Cosa nostra non è finita, è sul territorio e tende a riorganizzarsi ma lo fa in maniera silente. C’è un fenomeno di insabbiamento. Trascorso il periodo drammatico dei corleonesi, la mafia si è inabissata e lavora sotto traccia. Silenti ma non assenti. Ne siamo pienamente coscienti e siamo molto attenti a cogliere ogni segnale di rinnovamento e di riorganizzazione». Così il generale Rosario Castello, comandante regionale della Sicilia dei Carabinieri, analizza la “salute” di Cosa nostra a trenta anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio. «Le consorterie mafiose permangono – ci spiega –, si stanno riorganizzando e cercano di incunearsi nelle attività redditizie, soprattutto quelle economiche, approfittando anche della crisi provocata dalla pandemia. Hanno capitali da poter investire nel circuito legale dell’economia, prima prestando soldi ad usura, poi entrando in società o addirittura accaparrandosi le imprese».

Come state contrastando questi tentativi?

Anche dei cittadini?
I cittadini hanno fiducia nei confronti delle istituzioni, cosa che prima non c’era, e i risultati si vedono, perché ci sono indagini tempestive, veloci, che riescono a contrastare questi fenomeni fin dal nascere. E questo spinge i cittadini, gli imprenditori, a denunciare, a rivolgersi alle istituzioni.

Falcone e Borsellino dicevano che, per sconfiggere le mafie, bisognava inseguire i soldi. Cosa nostra è ancora un potere economico?
È ancora un potere economico e vuole consolidarsi come potere economico. Quindi usa i settori tradizionali come droga e estorsioni, ma per poi investire i proventi nel circuito economico legale, contaminando l’iniziativa economica. L’Arma, attraverso i Nuclei investigativi, sta lavorando tantissimo con indagini patrimoniali, perché colpire i patrimoni mafiosi vuol dire debellare queste associazioni. Beni sottratti alla mafia e resi disponibili per le utilità sociali o pubbliche. Abbiamo delle caserme che prima erano patrimonio delle mafie e ora hanno l’insegna Carabinieri. L’ultimo covo di Riina a Uditore a Palermo ora ospita un comando stazione carabinieri.

Il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso da Cosa nostra quaranta anni fa, aveva ben chiaro che proprio questo era il fronte più importante.
Proprio così. Colpire i patrimoni mafiosi ma soprattutto acquisire la fiducia dei cittadini, in particolare dei giovani. Lui andava nelle scuole, parlava con gli studenti. È un’attività importantissima che l’Arma svolge quotidianamente, quella della cultura della legalità portata tra i giovani. Anche qui accogliamo moltissimi studenti che vengono anche dai quartieri più periferici della città come lo Zen o Brancaccio. E poi andiamo a trovarli nelle scuole e nelle parrocchie con uno scambio di esperienze e testimonianze che certamente fanno bene soprattutto ai ragazzi che vengono da zone ancora legate a famiglie mafiose.

Recentemente sono state fatte grosse operazioni sul traffico di stupefacenti gestito da gruppi di Cosa nostra? La mafia siciliana è tornata a occuparsi di questo settore da anni quasi monopolio della ’ndrangheta?
Il traffico di stupefacenti rimane uno degli affari più redditizi della criminalità organizzata. C’è una diffusione sempre crescente di queste sostanze e per questo abbiamo sempre più attenzione sulle fasce giovanili per cercare di arginare questo fenomeno. C’è una cooperazione criminale tra Cosa nostra e ’ndrangheta che non vede attori primari e secondari. Quando c’è da fare affari, in questo caso affari illeciti, si uniscono per portare avanti queste iniziative criminali. Quindi si creano forme di cooperazione, di collaborazione per concretizzare questo mercato della droga.

Anche per le scommesse online.
È un settore di interesse delle mafie per l’investimento del denaro sporco, che viene utilizzato per costituire centri di scommesse online. È una delle forme in cui si esprime l’iniziativa criminale.

E le estorsioni?
Continuano perché servono al controllo del territorio, essere presenti, imporre all’imprenditore il pizzo perché venga riconosciuto il potere della mafia. Ma noi stiamo intervenendo moltissimo con risultati importanti che beneficiano anche della collaborazione dei cittadini. I commercianti segnalano queste forme di estorsione attraverso le associazioni antiracket che sono molto collaborative in Sicilia, soprattutto a Palermo. Ma vi sono zone in cui la collaborazione dei cittadini non ha lo stesso spessore. In una recente operazione nel Nisseno, alcuni commercianti sono stati arrestati per favoreggiamento proprio perché non solo non avevano denunciato ma avevano negato di essere vittime di estorsione. C’è ancora molta paura a denunciare i propri aguzzini e noi su questo facciamo un lavoro di vicinanza, di sostegno.

In questi trent’anni la storia è cambiata?
C’è un risveglio delle coscienze per collaborare e dire che i cittadini sono una cosa diversa rispetto alle organizzazioni criminali. E questo è importante nel prosieguo delle indagini.

Cosa manca ancora? Prendere Matteo Messina Denaro?
Su questo facciamo proseguire le attività, c’è uno sforzo corale da parte di tutte le forze di polizia per queste delicate indagini.