Ora non aspettiamo altre Amina

di Zouhir Louassini

Tutto nasce da una disgrazia: il suicidio di Amina, una quindicenne marocchina obbligata a sposare il suo stupratore. La reazione dell’opinione pubblica e il clamore che ha suscitato nel seno della società civile ha trascinato il parlamento all’abolizione di uno degli articoli più assurdi del codice penale marocchino: il 475. Un giovane che abusa di una ragazza minorenne, secondo quest’articolo, può evitare il carcere e “rimediare” al suo atto, prendendo in sposa la vittima. Una vera disgrazia dunque il suicidio di Amina, che dopo due anni però acquisisce un altro significato diventando l’emblema di una lotta che ha portato il Marocco verso una scelta da tempo auspicata, insomma un passo in avanti non da poco.D’altronde, proprio questi passi che il Paese nord africano sta facendo verso le riforme lo avvicinano alla modernità e, per lenti che siano, fanno vedere un’evoluzione democratica e del rispetto dei diritti umani, al punto da diventare un modello per gli altri Paesi della zona. La strada della democrazia sembra ancora in salita. La società stessa, come in molti altri posti, resiste a cambiamenti interpretati spesso come contrari alla religione. L’esempio più eclatante è quello dei matrimoni dei minorenni. Più di quarantamila ragazze all’anno infatti vengono autorizzate dai giudici a sposarsi prima di arrivare all’età adulta. Un fenomeno questo diffuso soprattutto nelle zone rurali, dove i genitori non hanno alcun rimorso a dare in moglie le loro figlie-bambine ancor prima della pubertà. Un’altra battaglia da vincere. L’unica speranza questa volta è che non servano altre Amina per convincere il parlamento marocchino ad abolire leggi che rallentano o addirittura impediscono l’evoluzione di tutto un Paese.

(©L’Osservatore Romano 31 gennaio 2014)