«Non ci faremo intimidire»: la risposta della parrocchia minacciata dalla camorra

“Adista”
n. 11 , 26 marzo 2022

Attentato intimidatorio contro la parrocchia di San Paolo apostolo, al Parco Verde di Caivano (Na), guidata da don Maurizio Patriciello, prete di frontiera da anni in prima linea contro le ecomafie e l’inquinamento nella cosiddetta “Terra dei fuochi” e contro la camorra (v. Adista Notizie n. 30/13).

Nella notte fra l’11 e il 12 marzo una bomba carta è stata fatta esplodere alla base del piccolo cancello pedonale della parrocchia. Pochi danni, ma molto rumore. E un chiaro messaggio intimidatorio che segue di pochi giorni le minacce recapitate al comandante della polizia municipale della vicinissima Arzano, Biagio Chiariello, che è stato prima pedinato platealmente mentre era in servizio e che poi si è visto affiggere accanto alla sede dei vigili un manifesto funebre con il suo nome, la sua fotografia in divisa, la data di morte (10 marzo) e un avvertimento eloquente: «Qui stiamo ad Arzano e casino non ci piace». Entrambi, don Patriciello e Chiarello, insieme anche all’ex giornalista e ora senatore di Liberi e Uguali Sandro Ruotolo, qualche mese fa hanno dato vita al Comitato di liberazione dalla Camorra Napoli nord, che è stato presentato ufficialmente proprio nella parrocchia di San Paolo apostolo a Caivano. Evidente quindi il messaggio che prima le minacce al capo dei vigili e ora la bomba carta all’entrata della chiesa vogliono lanciare: «Toglietevi di mezzo, lasciateci in pace».

«Siamo tutti preoccupati – ha scritto Ruotolo sul proprio profilo Facebook –. Da quando abbiamo alzato la voce in questa area Nord di Napoli, dando vita al Comitato di liberazione dalla camorra che è nato proprio in questa chiesa, lo Stato sta dando risposte concrete nella battaglia per la legalità. Non è la prima volta che minacciano padre Maurizio. Anche il comandante della polizia municipale di Arzano, Biagio Chiariello, fa parte del nostro comitato, anche lui, ma per le indagini che conduce nel suo Comune, è stato minacciato di morte e oggi vive sotto protezione dello Stato. Sapevamo che accendendo i riflettori avremmo indebolito la camorra e la camorra cerca di reagire con le minacce. Noi siamo di più e andremo avanti in questa battaglia di liberazione dei nostri territori dalla malavita organizzata. Non ci fermeranno insulti e minacce. Siamo tutti padre Maurizio Patriciello».

Numerosi i messaggi di solidarietà inviati al parroco – anche una telefonata del presidente della Repubblica Sergio Mattarella –, e domenica 13 una piccola folla si è radunata attorno alla chiesa, convocata da Comitato di liberazione dalla camorra: «Noi siamo di più e non ci facciamo intimidire. Dobbiamo liberare i nostri territori dalla criminalità organizzata e dal malaffare», hanno gridato i manifestanti. È intervenuta anche la diocesi di Aversa, guidata dal vescovo Angelo Spinillo: la Chiesa diocesana di Aversa, si legge nella nota della curia, «esprime la sua grande preoccupazione per un fatto che, qualunque ne sia l’origine e chiunque ne sia l’esecutore, sembra appartenere a quelle vigliacche forme di minaccia proprie dell’ambiente camorristico. Nel dichiarare anzitutto la più grande e fraterna solidarietà al parroco, don Maurizio Patriciello, ed a tutta la comunità parrocchiale, il vescovo, i sacerdoti e l’intera diocesi auspicano un rapido ed efficace svolgersi delle indagini da parte della magistratura e delle forze dell’ordine perché si possa fare chiarezza sull’accaduto e si possa ristabilire un clima di fiducia superando l’incertezza e lo sgomento che fatti del genere insinuano nella vita della società civile e degli uomini abituati a coltivare pensieri onesti». È lo stesso don Maurizio, in un’ampia intervista al Sir (agenzia di informazioni della Conferenza episcopale italiana) a spiegare cosa sta accadendo a Caivano e a interpretare l’atto dinamitardo contro la parrocchia. «Ci sono i clan in lotta tra di loro che si fanno la guerra sul territorio e non guardano in faccia a nessuno – dice Patriciello –. Ci sono continue “stese”: motociclette che vanno a gruppi di 6, 7, 8, con due giovanotti a bordo, vestiti di nero che con i kalashnikov sparano in aria per intimorire il nemico e lanciare il messaggio: “Da oggi comandiamo noi”. Sono meccanismi interni che tante volte la gente non conosce. Quando tra i clan c’è la pace, la gente non si accorge di niente, appena riprende la lotta iniziano le stese e mettono le bombe, che non fanno molti danni, come è successo anche in parrocchia, ma sono molto rumorose, le mettono nel cuore della notte svegliando tutto il vicinato con l’obiettivo di impaurirlo». E l’obiettivo del Comitato di liberazione dalla Camorra Napoli nord è proprio quello lottare contro la paura: «La prima reazione – spiega il parroco – è quella di chiudere tutto e andare via, ma è quello che non bisogna fare, perché altrimenti si fa terra bruciata, questi paesi diventano un ghetto in mano alla camorra».