Nell’epoca post-cristiana l’arte sa ancora parlare del sacro?

Nell’odierna cultura occidentale, i grandi temi dell’immaginario collettivo e delle visioni del mondo sono oggi forse compresi più dall’arte che dalle religioni o dai miti delle ideologie cadute in questi ultimi anni. Dopo la morte degli dei greci e l’affievolirsi del Dio cristiano, l’espressione estetica sembra porsi come una nuova mitologia, nella sua pretesa di interpretare il senso della contemporaneità. La frammentazione dell’arte diventa l’espressione della frammentazione del mondo. Tuttavia, non è il frammento che permette la riconoscibilità del tutto, la possibilità di risalire a una totalità, a un insieme organico e vitale, quanto piuttosto la frammentazione di un caos, dal quale non sappiamo se ci sarà una nuova creazione. Se nella nostra tradizione culturale, Chiesa e società avevano integrato i diversi aspetti della vita umana, nello sviluppo della tradizione umanistico-cristiana, questo orizzonte di senso non esiste più. Il mondo appare segnato da un’insanabile contraddizione e dalla dispersione.

In ambito artistico, se Jean Clair parla di inverno della cultura occidentale, per cui saremmo passati dai tempi antichi che praticavano la cultura del culto all’oggi del culto della cultura, in un progressivo passaggio dalla venerazione delle effigi sacre degli dei al culto dei rifiuti delle avanguardie, che perverse e incontrollate logiche commerciali innalzano a eventi finanziari, George Steiner deplora la “decostruzione” culturale della modernità. Un nichilismo ontologico, secondo il quale la verità della parola diventerebbe l’assenza del mondo, assunto all’origine della dissoluzione della rappresentazione figurativa, avrebbe come risultato la relativizzazione di ogni discorso e di ogni senso. Non solo. Nel prolungamento del verdetto senza appello della morte dell’arte prestato a Hegel, il critico americano Arthur Danto ha iniziato a parlare di After the end of Art. Dopo la morte dell’arte, un’opera non avrebbe più bisogno dell’estetica e nemmeno della dimensione fisica. Non domanderebbe più che un modo particolare di vedere… Incertezze, confusioni… Il de profundis dell’arte equivarrebbe alla dichiarazione della fine di una civiltà? Il soffio del vuoto si propagherebbe in tutti gli aspetti della civiltà occidentale? Se alcuni proclamano il disincanto del mondo, l’esaurimento del regno dell’invisibile, come profetizza il sociologo Marcel Gauchet, i toni verso la post-modernità sembrano farsi sempre più apocalittici, giustificando condanne senza appello verso la cultura contemporanea.

La Chiesa non può restare indifferente di fronte a questa crisi epocale, a questa mancanza di un orizzonte comune. Tuttavia, non è certo facendo crociate in nome di una verità giudicante e punitiva che è possibile contrastare lo smarrimento presente. Occorre comprendere il senso di questo spaesamento, espressione di una condizione esistenziale di naufragio e di caduta, di abbandono e di lacerazione, per trovare un terreno di incontro, in cui parlare del senso più profondo della vita, interpretare le ragioni del mondo di oggi. Da un lato, la tentazione di re-inscrivere la post-modernità nella tradizione assume il sapore nostalgico di un ritorno a un passato mitico e rassicurante. Dall’altro, la vera sfida consiste nell’ascoltare gli interrogativi e le contraddizioni del nostro tempo. La ragione per cui l’arte contemporanea è così frammentata e diversificata nelle sue espressioni – pensiamo solo alla distanza tra Pollock e Freud, tra Bacon e la Pop Art, tra Spalletti e Hirst –, è dovuta probabilmente al fatto che è abitata dall’ansia di una ricerca di senso, sempre insoddisfatta e di fronte alla quale la Chiesa si sente impreparata e confusa.

Quale arte oggi è in grado dialogare con l’assoluto? Sarà l’arte che pensa, che ha il coraggio di cercare per credere, amare, sperare. Sarà l’arte che non si accontenta dell’orizzonte di questo mondo ma che si accende nel desiderio di dare risposte al mistero ultimo dell’esistenza, in una ricerca continua di riconoscere un senso al destino della vita. Un’arte che sa riflettere, nell’ascolto delle vere domande che abitano ogni uomo.