Nel nome di Z

di Marina Corradi Avvenire

Z. Fino ad oggi un’ innocente lettera dell’alfabeto. Una volta era la firma di Zorro.

Roba da bambini. Ma d’improvviso la Z ha iniziato una nuova vita. Era comparsa sui carri armati che invadevano l’Ucraina, venti giorni fa. C’era una Z dipinta con la vernice bianca sul grigioverde. E il mondo a domandarsi: Z? Che vuol dire? Ieri allo stadio Luzhniki di Mosca quella Z si è rivelata. Putin in gran forma, duecentomila esultanti, canti, bandiere russe al vento e di nuovo, in grande, la Z.

«Za pobedu’», “Per la vittoria”, ecco cosa significa oggi la vecchia firma di Zorro. È sembrato a molti di essere tornati nel Novecento più tragico, mentre guardavamo attoniti la folla che osannava la sfrontatezza di Putin: «Nel Donbass siamo andati per evitare un genocidio», «i nostri soldati mai così uniti», e «non esiste un amore più grande che dare la vita per i propri amici» – il Vangelo, come una beffa. Lo stadio applaudiva, assordante. È solo un incubo, ora mi sveglierò, ho pensato. Ma non mi sveglio. Clicco nervosamente sul pc, dalla Bbc alla Rai, da “Le Monde” al “New York Times”: macché, sempre quella Z. Unico conforto, Xi Jinping a Biden: «Un conflitto non è nell’interesse di nessuno». Realistico: i morti non comprano. Z contro $, dollaro e renminbi, questi i contendenti: e quanti bottoni si possono schiacciare. Le otto di sera, e ancora non riesco a svegliarmi.

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