Natale… L’albero riabilitato

di Roberto Beretta | 10 dicembre 2014 – vinonuovo.it

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Il Timone dedica un articolo alle radici fortemente cattoliche della tradizione dell’abete. È l’occasione per applicare anche al Natale il principio dell’ «et… et»?

Con una certa soddisfazione noto che sull’ultimo numero de «Il Timone» – mensile di apologetica molto molto ortodossa, nato dall’ambiente dei Legionari di Cristo e del quale sono stato fin dall’inizio (e fino a qualche tempo fa) un collaboratore – spicca un articolo in favore dell’albero di Natale… Suor Gloria Riva, claustrale esperta di iconografia e simbolica sacra, dedica un articolo all’«albero della luce», nel quale riepiloga le radici fortemente cattoliche della tradizione dell’abete decorato.

Mi sembra un bel segnale perché vi vedo il superamento, anche in ambienti diciamo così della «destra cattolica», della sterile e banale contrapposizione tra albero e presepe, grotta (cattolica) e abete (protestante, anzi addirittura pagano), nella quale pure ci siamo affaticati per anni ed annorum. Finalmente viene accettata – o almeno così pare – la teoria storica, ben indagata dal teologo luterano Oscar Cullmann, secondo cui il nostro domestico albero discende dalle sacre rappresentazioni medievali della vigilia di Natale, durante le quali sui sagrati delle chiese veniva eretto un grande albero decorato nel contempo da mele (il frutto del peccato) e da ostie (lo strumento della redenzione) per commemorare simbolicamente la storia della salvezza che ha il suo punto cardine proprio nell’incarnazione. Inutile dire che mele e ostie sono poi divenute le luccicanti palle da appendere ai rami del finto abete…

Sono contento anche perché mi si offre un’occasione natalizia per ribadire il solito principio dell’«et…et»: nelle cose della storia, cioè, il cattolico non deve e non può scindere manicheisticamente il bene e il male (ricordate la parabola del buon grano e del loglio?), tanto più che molto spesso la vita stessa è lì a smentire nei fatti tale divisione… Chi, per esempio, sarebbe disposto a sostenere che un presepe di quelli bamboleggianti con statuine in falsi atteggiamenti da salotto ­- la bocca circoscritta in una perpetua «o» di posticcia meraviglia – è più «ortodosso» di un albero di Natale sobrio e adorno di una stella luminosa?

E’ così infatti: un paganissimo abete può essere più evangelico di una Natività, un protestante può essere più cristiano di un cattolico, un divorziato risposato può essere più «in comunione» con la Chiesa di un praticante integerrimo… E visto al negativo: non è detto che un vescovo abbia più ragione di un laico, né che un credente veda la vita meglio di un ateo, e nemmeno che quanti ascoltano Radio Maria siano più religiosi di quelli che amano la musica rock. Relativismo? Già, tutto nella storia (e finché rimane nella storia) è «relativo»: ha accettato di esserlo persino Gesù Cristo, proprio la notte che divenne uomo a Betlemme.