Narrazioni di Cristo, da Jacopone a Luzi e Parazzoli

 DI B IANCA GARAVELLI – avvenire

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 Il personaggio più popolare dell’arte sacra è anche uno dei più presenti nella lette­ratura di ogni tempo: Cristo. Dio reso uomo, e perciò visibile, tan­gibile, una presenza miracolo­sa nella vita umana, è stato nei secoli una delle più intense fon­ti di ispirazione per poeti e let­terati, e i modi di interpretarlo hanno reso viva la nostra lette­ratura delle origini, contribuen­do a connotarla in modo in­confondibile. Un modo per a­verne conferma è questa varie­gata antologia, curata dalla pre­sidente dell’Associazione Inter­nazionale dei Critici Letterari, Neria De Giovanni, che indaga il fenomeno in ambito italiano. Non solo i poeti, fin dal Me­dioevo, hanno dialogato con il Bambino nato nella stalla, con il giovane uomo che guariva i ma­lati e resuscitava i morti, che drammaticamente moriva sul­la croce, o semplicemente vive­va, dando corpo al nostro stes­so bisogno di fede.
  Cristo è un perso­naggio universale, che supera ogni chiusura. Basta vede­re in questi giorni la folla internazionale di pellegrini che ani­mano l’ostensione della Sindone, come familiari che cercano i segni di una perso­na cara, tracce del suo corpo martoriato che com­muovono.
 
Con questo linguaggio del cuo­re si esprimono i primi poeti, co­me Jacopone da Todi, che nella L auda IV lascia straripare tutta la sua passione mistica per il Sal­vatore, riempiendo i versi con metafore di luce e fuoco. Dante ne elabora l’eredità in direzione teologica, eppure sempre con sincera emozione: nell’ultimo canto del Paradiso i lettori sono trascinati nel gorgo del suo stu­pore, quando scopre incredulo in uno dei tre cerchi divini l’im­magine umana. In lui il mistero dell’incarnazione assume dav­vero un ruolo cardinale, sosti­tuendosi ai temi consueti della poesia, drammatizzandosi nel­le sue terzine. Ed è con Petrarca che il modello della lirica i­taliana si consolida an­che nel segno del divi­no, nel suo Canzoniere
  dove l’amore terreno dialoga con l’eternità, attraverso soprassalti e dubbi già moderni. Nella dolcezza sorve­gliata dei suoi versi an­cora si specchiano le nitide parole di Sereni, che in
Diario d’Algeria ritrova u­na via di fuga, uno spiraglio di luce «nell’ora oscura» della pri­gionia e della sconfitta. Un bal­zo di secoli che è in realtà riem­pito da molti esempi di autori, famosi o quasi sconosciuti, che scelgono di parlare di Cristo. Nel Cinquecento è addirittura pro­tagonista di un ciclo di sonetti di Benvenuto Cellini, in cui l’in­quieto artista trova il modo di pregare e chiedere perdono. E mentre nel Seicento i «talenti in­tellettuali femminili» trovano le loro portavoce in Suor Veronica Giuliani e Isabella Farnese, nel Settecento ci sorprendono gli accademici d’Arcadia attratti da Cristo in croce o dal Nuovo Te­stamento.
 
Nel Novecento non mancano i casi interessanti: negli anni Set­tanta un personaggio che fa da contrappunto a Gesù nella sua passione, Giuda, diventa il sim­bolo dell’inquietudine raziona­le di un secolo pieno di doman­de, e vanamente in cerca di ri­sposte.
 
Poeti come Mario Luzi, Alda Merini, Giuseppe Conte, Davide Rondoni, Maria Angela Bedini in decenni più vicini of­frono le loro domande in versi, le loro preghiere, riflessioni, o provocazioni. Narratori fanno di Gesù il protagonista di saggi che somigliano a parabole, come Er­ri De Luca, o di romanzi epici ed elegiaci, come Ferruccio Paraz­zoli. E persino un teologo come Benedetto XVI trasforma la ri­flessione in narrazione, quando in Gesù di Nazaret se ne lascia personalmente affascinare.
 Neria De Giovanni

 CRISTO NELLA LETTERATURA D’ITALIA

 Libreria Editrice Vaticana Pagine 396. Euro 31,00