M’immagino un Giubileo che allarghi il cuore e anche il portafoglio, che ci spinga a osare un po’ in parrocchia, senza limitarci ai calcoli ragionieristici

L’anno della misericordia potrebbe coinvolgere anche la questione uso del denaro? Secondo me sì e spiego perché. Non perché si tratti (solo) di scucire di tasca propria qualche moneta per le opere di misericordia corporale: necessario ma non sufficiente. Sarebbe meglio inserire una voce di spesa organica nei nostri bilanci famigliari: molti già lo fanno in maniera sistematica con la Caritas, facendo la spesa per qualcuno, con contributi ai missionari, con i sostegni a distanza, o semplicemente con i conti “in sospeso” al bar per un caffè, in pizzeria per un pasto e qualcuno anche in libreria per un libro (le Paoline hanno riproposto il Banco editoriale, ma più come idea anti-crisi che legata al giubileo).

Né mi pare immediatamente spendibile nel nostro quotidiano (economisti creativi, smentitemi!) l’idea di declinare la “remissione dei debiti” – e ne avremmo davvero molti, almeno qui in Europa – di biblica memoria. Anche se il tema è stato più volte riproposto quanto agli enormi debiti dei Paesi meno sviluppati rispetto ai famigerati piani di aggiustamento strutturale, per consentire loro, dopo aver ripagato interessi altissimi, di far partire l’economia.

Per il nostro più immediato orizzonte di vita, mi piacerebbe interpretarla così: l’anno giubilare ci ricorda che il buon uso del denaro a volte chiede qualche piccolo “spreco”, che – fatta salva una sostanziale correttezza dei bilanci, ad esempio, parrocchiali – occorre non perdere di vista il fine per il quale si agisce che potrebbe chiedere un guizzo, un azzardo, una scommessa.

L’esempio che ho negli occhi è quello arcinoto de Il pranzo di Babette: lo “spreco” di una cospicua somma di denaro per un pranzo sontuoso offerto a una comunità legata sì anche da sentimento religioso, ma rinsecchito e invecchiato assieme a lei.

A volte, invece, nelle nostre commissioni economiche – gli unici organismi “obbligatori” a norma delle previsioni canoniche – proprio noi laici abbiamo una certa propensione alla micragnosità per un denaro che – è vero – non è nostro, ma chiede comunque di essere utilizzato per accrescere e far vivere la comunità.

Può parere uno spreco stampare un bollettino di carta – ora che c’è la panacea chiamata “lonline” – ma la nonnina dell’ultimo piano che esce poco di casa, forse solo così sa che cosa succede in parrocchia; così come scaldare le stanza dell’oratorio il sabato pomeriggio per due ragazzi appena; preparare un certo numero di fotocopie o le sedie per una serata scommettendo in una vasta affluenza di pubblico…

Insomma m’immagino un giubileo che allarghi il cuore e anche il portafoglio, che ci spinga a osare un po’, a esercitare l’accoglienza che costa, è vero ma che ci ripaga almeno come prospettiva. Non possiamo limitarci ai calcoli ragionieristici: il pareggio di bilancio, per carità, è ok. È che rischia di diventare il fine e non il mezzo. Anche in parrocchia.

vinonuovo.it