Manifestazione / Meeting di Rimini al via

Il Meeting è in crisi? Eccoci al tormentone dell’estate. Sono trentasette anni che se ne discute, accalorandosi, a prescindere dal fatto che alla fine i conti tornino sempre e che quando hanno provato a trascinare in tribunale i vertici della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli sia finito tutto in una bolla di sapone. Ogni anno la kermesse riminese sfida la Storia, quella che ha visto finire i partiti e chiudere una dopo l’altra tutte le manifestazioni che scommettevano sulla partecipazione di massa. Una dimensione che al Meeting (r)esiste e che è fatta di volti e di sudore, di frasi ad effetto e di esperienze vissute, di testimoni e di masse che li ascoltano e che dialogano con loro a colpi di applausi.

Ma allora, questo Meeting è davvero in crisi? I numeri non lo dicono. Anzi, si potrebbe azzardare a parlare di ripresa. Bilancio 2014: 7,1 milioni di euro. Bilancio 2015; 5,4. Bilancio 2016: 5,7. E’ una stima, ma poiché a fornircela è il direttore generale della Fondazione, quel Sandro Ricci che la gestisce praticamente da quand’è nata, possiamo credere che alla fine la cifra sarà questa, se non lievemente superiore. «Il nostro budget – spiega infatti Ricci – contempla anche i costi sostenuti dalle organizzazioni che finanziano le proprie iniziative, come alcune mostre e convegni, che in realtà per noi sono a costo zero, perché i promotori si fanno carico di tutto».

In soldoni, il Ricci deve trovare molti meno euro, rispetto a quei 5,7 milioni, per chiudere il bilancio, ed è un bene in tempi di vacche magre: «Molte aziende hanno ridotto gli investimenti perché la crisi non è passata – ammette –, anzi ci stiamo assestando su una dinamica di basso investimento. Complessivamente, i servizi di comunicazione confermeranno gli introiti del 2015».

Tradotto: gli sponsor stringono i cordoni della borsa, ma la Fondazione è riuscita a vendere comunque stand, loghi e “visibilità” per 3,6 milioni di euro. In qualche caso, è riuscita addirittura a perdere uno sponsor “scomodo” ma pingue come Lottomatica (il business dell’azzardo ha sempre diviso i cattolici ed era un’arma micidiale nelle mani degli anti-ciellini), ma al tempo stesso a trovare altri investitori. Che dire? Bingo.
«Stiamo valorizzando con grandi soddisfazioni il fundraising, sia attraverso il web che attraverso la raccolta di donazioni durante la manifestazione», annuncia Ricci e si capisce che per i ciellini è un ritorno alle origini, quando il Meeting si teneva nella vecchia fiera di Rimini e Wind, che oggi è uno dei main sponsor, non esisteva ancora.

La raccolta fondi è un modo per ricostruire un rapporto personale con il popolo di Carron e con i simpatizzanti; si articola in numerose iniziative, soprattutto virtuali, ma «la donazione effettuata dal singolo visitatore durante la manifestazione pesa per oltre il 50% sulle offerte raccolte» avverte il manager.

La campagna di fundraising vera e propria è partita nel 2014 attraverso una raccolta di 20mila euro, che sono diventati 120mila l’anno scorso e che potrebbero avere un incremento del 20% quest’anno. In crescita anche la forma prevalente di “offerta”, quella del proprio tempo: nei giorni della kermesse lavoreranno gratis (ma vitto e alloggio sono a carico della fondazione) 2215 volontari mentre 500 si sono occupati dell’allestimento degli stand e delle sale, che ospiteranno 86 incontri, senza contare le decine di convegni promossi dagli espositori, che non rientrano nel programma ufficiale.

Una delle “prove” della crisi del Meeting – sovente citata in tal senso dai media – è il calo registrato nella partecipazione degli enti locali, Regioni in testa, un tempo roccaforte ciellina… «Ma se ci davano, quando andava bene 45mila euro! – sbotta il Ricci –. Guardate, credo che il volano della manifestazione non siano solo i politici, ma le mostre, gli spettacoli e alcuni convegni che riuniscono in sala seimila persone quando, se organizzi altrove lo stesso convegno sullo stesso argomento, ne racimoli a stento sessanta».

Effettivamente, quest’attrattività del momento culturale c’è sempre stata, anche negli anni più bui dei processi ai politici legati al movimento. E persiste: l’obiettivo 2016 è confermare le 800mila presenze a mostre e spettacoli, gli unici che vengono monitorati e che conducono a stimare tra 200 e 300mila visitatori. Consumeranno pasti per 1,2 milioni di euro, centomila più del 2015: del resto, crisi o non crisi, la piadina in Romagna è sempre un business.

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