“Manifesta” a Pristina: l’arte insegna dialogo

Si è aperta a Pristina, capitale del Kosovo, la quattordicesima edizione di Manifesta, una kermesse di arte, installazioni, performance e interventi sul patrimonio monumentale che durerà cento giorni. Manifesta è una iniziativa creata da una istituzione olandese che ha come obiettivo l’idea di un’arte nomade che movimenti il panorama europeo e sia occasione di animazione e attenzione per le città in cui si svolge. L’ultima, quattro anni fa, era stata organizzata a Palermo e aveva coinvolto artisti locali, istituzioni e fatto conoscere a un vasto pubblico parecchi palazzi e monumenti fino ad allora chiusi al pubblico. Per quanto leggermente coloniale e pervasa da un senso molto ingenuo e un po’ provinciale – di un provincialismo tutto olandese – Manifesta ha avuto il merito di attirare un vastissimo pubblico internazionale e di essere spesso un volano turistico e di promozione molto forte.

Mentre nel caso di Palermo si trattava di una città molto connotata e conosciuta, per Pristina l’operazione ha un particolare valore sperimentale. Il Kosovo, una giovanissima repubblica ha proclamato la sua indipendenza nel 2008 e a tutt’oggi è riconosciuta solo da una parte dei paesi che convergono nelle Nazioni Unite. La guerra del Kosovo, che ha provocato 13mila vittime, enormi distruzioni di città, chiese, moschee, monumenti è stata scatenata dai processi di pulizia etnica seguiti alla dissoluzione della Jugoslavia. A una prima resistenza kosovara nonviolenta in vista di una indipendenza dalla Serbia è seguita nel 1998-99 una feroce repressione e una resistenza armata da parte kosovara. La guerra ha provocato un intervento della Nato volto ad arrestare la pulizia etnica. La Serbia ha dovuto accettare l’indipendenza del Kosovo anche se alcuni paesi delle Nazioni Unite, come Spagna, Russia e Cina continuano a rifiutarla. Oggi il paese è difeso da una presenza stabile delle forze della Nato e faticosamente sta ricostruendo infrastrutture e istituzioni. Ha adottato l’euro ma ai suoi abitanti viene ancora negata una mobilità verso l’Europa. Questo il contesto complesso che rende altamente simbolica l’edizione del 2022 di Manifesta.

Il paese è abitato da una popolazione per buona parte di origine e lingua albanese e da una minoranza slava e serba. Ci si stupisce andando in giro per questa giovane repubblica della compresenza di moschee, chiese ortodosse e cattoliche. Le ferite dell’odio etnico e religioso sono però tutte presenti a rammentare quanto oggi nazionalismo, religione ed etnia producano una miscela pericolosa. Manifesta sta contribuendo a restaurare alcuni luoghi simbolici, tra cui una scuola clandestina in montagna dove i bambini potevano continuare a parlare e studiare l’albanese, mentre il governo serbo ne proibiva l’insegnamento. Durante la guerra venne bombardata. Nelle aule distrutte video degli insegnanti e degli ex studenti raccontano la difficile storia. Tutto ciò è terribilmente attuale, la pretesa serba di cancellare ogni altra lingua ed etnia ricorda la follia putiniana nei confronti dell’Ucraina e ci ricorda l’origine dei mali che affliggono l’Europa. Il 60% degli artisti invitati a Manifesta sono kosovari, giovani e giovanissimi. La sera Pristina ha una movida che fa invidia a quella di Barcellona e una scena musicale straordinaria.

L’impossibilità di andare in Europa viene compensata dalla attenzione con cui i giovani seguono quello che accade altrove, dalla pratica delle lingue, inglese e italiano soprattutto. Un’opera dell’artista albanese Adrian Paci, esposta nell’affascinante e diruto Grand Hotel che ospita nei suoi 13 piani buona parte dei lavori degli artisti locali e internazionali, rappresenta in maniera efficace e profonda la situazione di questo paese. Adrian Paci ha filmato nella sua Albania la gente che cammina a piedi per le strade, in montagna, in pianura, sulla costa, in autostrada accompagnata spesso da animali. E’ un fenomeno visibile anche qui in Kosovo, dappertutto c’è gente che cammina lungo le strade, spesso nel mezzo del nulla, lontano dai centri abitati. Ieri due donne camminavano addossate al guardrail centrale dell’autostrada Pristina Tirana. Lo sguardo di Adrian Paci racconta un paese in movimento, ma soprattutto un abitare il territorio, un legame stretto tra paesaggio e popolazione, la pratica secolare di percorrerne i sentieri. Sui due schermi dell’istallazione gente di ogni tipo misura con il proprio passo un mondo che riporta il senso di un paese alla sua dimensione uno a uno. Manifesta 14 porta in primo piano l’importanza e l’effetto che l’arte può avere nel lanciare legami tra mondi distanti, tra paesi divisi da conflitti. In un mondo sempre più complicato da presunte identità contrapposte questa è una lezione che dobbiamo sempre di più imparare.

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